Quando il medico o lo specialista cardiologo si avvicina alla persona che sta avendo un’ischemia acuta del miocardio si assiste a comportamenti di tipo frenetico miranti alla sollecita soluzione dell’ischemia tramite i noti trattamenti farmacologici e difficilmente c’è il tempo per considerare la persona con la sua storia di vita e le sue difficoltà.
Questo atteggiamento dei sanitari non solo è comprensibile ma anche necessario al momento dell’urgenza.
Man mano sfuma nei giorni che seguono senza lasciare però il posto all’incontro umano medico-paziente, il malato si trova, nell’unità coronarica attaccato ai suoi monitor che diventano i suoi compagni di stanza e di malattia, tanto che, quando arriva il momento di staccarsi da quei fili, sembra quasi un nuovo taglio dei tubi ombelicali.
Il paziente si trova così a vivere momenti di panico. Si sente perso non avendo più il controllo costante della propria funzione cardiaca.
L’angoscia del malato è tutta concentrata lì nella fragilità del suo cuore e in ogni momento egli cerca di sostituirsi alla macchina tentando di percepire i messaggi o meglio ancora i sintomi mandati dal suo cuore. È frequente trovare dei posti-infartuati che credono che la loro vita sia finita che non potranno più svolgere nessun tipo di attività che richiede a qualche tipo di sforzo che dovranno solo stare in poltrona per la maggior parte del giorno che la sua sessualità sia pericolosa e che dovranno controllare le proprie emozioni fino all’appiattirle del tutto.
Nella fase post acut, quella che solitamente coincide con la riabilitazion, il cardiopatico è nella condizione psicologica adatta a ripensare a quanto gli è capitato con il giusto distacco. È importante per rendersi conto che la riabilitazione non consiste in una serie di restrizioni o in un elenco di regole rigide ma al contrario si tratta di rinnovare quello spirito vitale messo a dura prova dall’insulto cardiaco.
Non sono infrequenti nella storia di questi pazienti trascorsi psichiatrici minori o comunque sensazioni di tristezza legati a eventi della vita. La possibilità che il paziente ha di realizzare insieme allo psicoterapeuta una sorta di revisione di vita appare pertanto di estrema importanza sia per risolvere gli eventuali stress ancora presenti, sia per ridurre i sintomi psicopatologici, ma anche per un’opportunità di guarigione riducendo al minimo complicanze o recidive della malattia.
Autore: Paolo Catanzaro, psichiatra.
Tratto da: La crisi emotiva del cardiopatico.