Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è un disturbo mentale solitamente basato su sintomi derivati dalla presenza di ossessioni e compulsioni.
Sia le ossessioni che le compulsioni possono essere le più varie, strane e talvolta esagerate, ma ciononostante il paziente, pur sapendolo, ne soffre egualmente per la loro continua intrusività e per gli stati d’animo (ansia, agitazione) che producono.
La malattia è stata oggetto di numerosi studi clinici ma anche di alcune considerazioni sugli aspetti dell’identità culturale e dell’influenza di questi aspetti sulla malattia.
Le opinioni sono varie, alcune correnti di pensiero non ritengono che la cultura abbia potuto avere un’influenza su questa patologia, mentre altre ritengono che le società nelle quali è presente un consistente livello di morale religiosa possano essere terreno fertile per l’instaurarsi del disturbo.
In pratica sono due gli orientamenti concettuali: un fronte che ritiene il disturbo ossessivo una conseguenza di una cultura che ha perso il controllo sui meccanismi educazionali della società e sul controllo delle idee, un altro fronte tendente a considerare la malattia in un contesto di sistemi più articolati e complessi, basati sulla neurobiologia, e sui tanti processi mente-corpo.
Qualche studio in tal senso è stato più che altro indirizzato a valutare a livello geofisico i diversi schemi culturali con cui veniva visto il disturbo ed anche le persone che ne erano interessate.
Mentre in oriente il DOC veniva visto con un atteggiamento di condanna nei riguardi della persona colpita, ritenuta negativa e di fragile personalità, nel mondo occidentale prevaleva un orientamento più incline a considerare la persona colpita dal disturbo come un paziente interessato da una patologia psichiatrica più complessa con forte componente psicosociale.
Fin tanto che nuovi studi, sia clinici che socio-culturali, potranno meglio inquadrare il disturbo ossessivo compulsivo, sarà importante, sia a livello medico che culturale e sociale, prendere in esame i tanti meccanismi che possano contribuire alla formazione di una personalità potenzialmente incline alla malattia,
partendo dall’età pediatrica, dalle diverse impostazioni dell’educazione del bambino, della sua sfera familiare e sociale.
Questo potrà consentire un’analisi più attenta dei fatti clinici, ma anche di capire di più quali fattori possano predisporre o influenzare i soggetti verso la malattia.