Tra le tante conquiste tecnologiche che hanno segnato il XX secolo la corsa allo spazio è tra le più affascinanti: siamo riusciti a vincere l’attrazione gravitazionale del nostro pianeta per portare uomini e macchine in orbita terrestre e sulla Luna; per il futuro, si punta dritto alla prima missione con equipaggio diretta verso Marte. Anche in questa avventura, le piante ci accompagneranno!
La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) opera ininterrottamente da oltre venti anni in orbita intorno alla Terra, ospitando squadre di astronauti e scienziati che si avvicendano in missioni di ricerca della durata anche di vari mesi; tra gli scopi di queste ricerche vi è lo sviluppo di tecnologie in grado di mantenere in vita un equipaggio in missioni oltre l’orbita terrestre.
Da anni le agenzie spaziali, NASA ed ESA su tutte, stanno conducendo esperimenti per capire se e come le piante crescano in ambiente di micro-gravità, coltivando vegetali sulla ISS per una serie di motivi, tra i quali:
- testare le migliori specie in grado di sopportare condizioni di illuminazione e nutrimento artificiali, così da essere pronti a gestire serre di durata pluriennale sul pianeta Marte;
- selezionare varietà vegetali che supportino l’azione dei filtri meccanici nella pulizia dell’aria all’interno della Stazione Spaziale, nelle future navicelle per viaggi di lunga durata e negli insediamenti permanenti, siano essi sulla Luna o su Marte;
- variare la dieta dell’equipaggio in orbita attorno alla Terra inserendo, tra le buste di arrosti e lasagne liofilizzati, anche una buona insalata fresca;
- migliorare la condizione psicologica: il contatto con i fiori e le foglie sembra avere un impatto molto positivo sull’umore degli astronauti che per mesi conservano solo un vago ricordo della flora terrestre.
I primi passi della botanica orbitale risalgono agli inizi degli anni Ottanta dello scorso secolo: il record per la prima pianta coltivata nello spazio spetta all’equipaggio della stazione spaziale russa Salyut-7; i cosmonauti sovietici riuscirono a completare l’intero ciclo vitale di una Arabidopsis thaliana: furono piantati dei semi che germinarono e portarono a termine il processo di crescita formando organi riproduttivi e, infine, completarono la fase di fecondazione, embriogenesi e maturazione. Un successo pieno, il tutto in soli quaranta giorni!
Nel corso dell’ultimo decennio sono stati invece gli americani della NASA a portare avanti il “giardinaggio spaziale”: in particolare, l’astronauta Donald Pettit ha coltivato un piccolo orto durante il suo soggiorno di cinque mesi a bordo dell’ISS: usando delle normali buste di plastica con chiusura a pressione, Pettit è riuscito a far germogliare piantine di broccoli, girasole e zucchine, che però non sono cresciute abbastanza per dare frutti, ma solo per fornire un rasserenante “passatempo”.
Ma la Nasa non si è arresa, e dopo poco ha lanciato un programma di agricoltura spaziale, di nome VEGGIE, basato sull’aeroponica, cioè un processo di sviluppo in serra di piante senza l’utilizzo di terreno, ma sostenute artificialmente e con l’alimentazione garantita da sistemi di nebulizzazione di acqua arricchita da fertilizzanti minerali, che investe direttamente l’apparato radicale.
La serra del progetto VEGGIE è ancora piccola, ha le dimensioni di un forno da cucina, ma ha il vantaggio di essere sia pieghevole che espandibile; la luce viene fornita da un pannello con LED rossi, verdi e blu.
I primi semi ad essere piantati sulla ISS furono quelli di lattuga romana e di zinnia: quest’ultima, produce un fiore molto sensibile ai parametri ambientali e alle variazioni della luce con un ciclo di vita di 60-80 giorni; una pianta molto difficile da far crescere con successo, ma ottimo precursore delle piante di pomodoro e di peperoni che verranno piantate prossimamente sulla Stazione. La lattuga romana è stata esaminata fornendo risultati positivi ai vari test biochimici, e viene attualmente consumata dagli astronauti insieme a ravanelli, lenticchie, lattuga verde e cavolo cinese, tutti prodotti nello spazio!
Le piante possono risolvere anche un altro problema tipico non solo della ISS, ma anche delle nostre case e degli uffici: la cubatura limitata ed una manufattura quasi completamente plastica producono un’elevata concentrazione di VOC (acronimo inglese per “composti organici volatili”), ovvero benzene, formaldeide, tricloetilene ed altre sostanze nocive emesse da colle, vernici, tubi e giunzioni.
Per rendere più respirabile l’aria delle navicelle, alla Nasa hanno avviato il programma “Clean Air Study” (“studio sull’aria pulita”), per misurare quanti e quali solventi volatili possono essere assorbiti da piante ornamentali; sono state testate una ventina di comuni piante da interno, tra le quali l’edera, il pothos, l’aloe, la dracena, lo spatifillo e la sanseveria.
I risultati suggeriscono che, oltre ad assorbire anidride carbonica e rilasciare ossigeno attraverso la fotosintesi, queste specie si comportano come un “bio-filtro”, rimuovendo gli inquinanti sopra elencati in quantità fino a dieci volte superiori ai limiti di legge vigenti in alcuni paesi e consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità!
Fonti di nutrienti fondamentali e di principi attivi da sempre utilizzati nella medicina, dispensatrici di rasserenante benessere ed anche depuratrici dell’aria delle nostre case: sono tanti i vantaggi che possiamo ottenere circondandoci delle nostre verdi amiche del mondo vegetale.