La malattia di Alzheimer è la più comune e severa patologia degenerativa del cervello, caratterizzata da un progressivo decadimento delle funzioni cognitive (in particolare, della memoria e del linguaggio), associato all’invecchiamento.
Deve il suo nome ad Alois Alzheimer, il medico che per primo la descrisse nel 1907, individuando gli elementi neuropatologici che, ancora oggi, sono distintivi per la patologia, ancorché privi di una soddisfacente spiegazione eziopatogenetica: le placche senili e gli agglomerati neurofibrillari.
Fino alla metà del ‘900, la malattia di Alzheimer è stata considerata una forma di demenza rara.
Attualmente, il suo impatto sociosanitario è estremamente rilevante, soprattutto a causa dell’allungamento della vita media e forse, in parte, come conseguenza del cambiamento di stile di vita e di fattori ambientali, che restano tuttavia da precisare.
La malattia di Alzheimer può manifestarsi in ogni periodo della vita adulta, ma la sua incidenza aumenta con l’avanzare dell’età: la maggior parte dei pazienti ha più di 60 anni, mentre sono pochi quelli che ne hanno meno di 50. In Italia, colpisce circa il 5% della popolazione con più di 65 anni, prevalentemente donne (anche in relazione alla maggiore sopravvivenza della popolazione femminile).