Noi viviamo in una società che viene ormai considerata da molti come “postmoderna” e in cui un approccio esclusivamente tecnico alle cure mediche viene considerato non più sufficiente. I pazienti del ventunesimo secolo cercano, per i loro problemi di salute, un approccio differente rispetto al passato e in particolare chiedono di avere un dialogo più profondo col proprio medico (Shapiro, 2011; Greaves, 2004).
La medicina non può più limitarsi alla raccolta di una storia medica (anamnesi), all’ esecuzione di un esame obiettivo, all’attuazione di un iter diagnostico con una discussione finale sulle strategie di intervento terapeutico (Johna et Dehal, 2013). La medicina ha bisogno soprattutto di medici capaci di stabilire connessioni narrative e un contatto più intenso con la persona che chiede aiuto (Charon , 2001). La medicina narrativa mira a occuparsi dei pazienti in modo completo e a riconoscere e interpretare le loro storie di malattia, integrando formazione, medicina e scienze umanistiche (Frank A, 1995). L’obiettivo è quello di rafforzare il rapporto medico-paziente, fornendo delle cure più umane e più etiche.
La narrazione
Con la medicina narrativa si cerca di capire il rapporto paziente-medico attraverso la raccolta e l’analisi delle narrazioni, raccontate dal punto di vista delle diverse parti interessate, paziente, società civile, strutture sanitarie, medici e familiari (Charon, 2012). Questa pratica utilizza metodi volti ad ottenere informazioni su come una persona vive la sua malattia, nel tentativo di considerare le molteplici sfaccettature del percorso di cura: le narrazioni permettono ai professionisti della salute di raccogliere informazioni sui bisogni percepiti dal paziente su come affrontare i problemi legati alla sua salute.
L’empatia
Anche se l’obiettività e le cure mediche conservano sempre la loro importanza, viene chiesto al medico una buona dose di empatia che sarà ripagata da una maggiore soddisfazione del paziente e da risultati clinici migliori. Che cos’è l’empatia? E’ stata definita come un processo psicologico che permette a un individuo di avere sentimenti più congruenti con gli altri oltre che con se stesso: è in pratica la capacità di comprendere e condividere gli altrui sentimenti. L’empatia può essere distinta in cognitiva, che è la capacità di comprendere come un’altra persona si senta, ed affettiva, che è sperimentare le stesse emozioni che l’altra persona avverte (Hoffman, 2000; McDonald et al. 2015).
Gli aspetti negativi dell’approccio tradizionale
Allo stato attuale, il rapporto medico-paziente si basa in misura prevalente sugli aspetti scientifici, posizione corroborata dalla innovazioni biomediche che si sono succedute nel tempo, dagli antibiotici ai trapianti d’organo, e che hanno permesso di risolvere molti problemi sanitari. Le visite mediche tendono ad essere sempre e solo “scientifiche”: la diagnosi è basata su parametri oggettivi, il trattamento incentrato su protocolli clinici strettamente correlati alla ricerca scientifica e di conseguenza il “benessere” del paziente sarà collegato solo al raggiungimento di determinati obiettivi standard.
Tutto ciò non considera che la pratica medica è soprattutto un impegno umano e che ogni paziente è un caso a sè. La storia del paziente, la cosiddetta anamnesi, è ridotta a frasi ripetitive, di routine, mentre il caso umano dovrebbe essere al centro della pratica clinica. (Montgomery, 2006). La medicina narrativa permette di considerare i singoli soggetti come persone e non come casi clinici, di comprendere il mondo in cui vivono e di adattare il trattamento farmacologico alle loro esigenze. Si terrà conto sia del paziente, sia di tutti coloro che si occupano di lui, compresi i caregivers.
L’obiettivo: migliorare la cura del paziente, valorizzando sia la scienza medica, sia gli aspetti umani. Solo in questo modo la persona potrà essere assistita nel suo complesso e in maniera più significativa (Franke RJ, 2016). La medicina narrativa favorisce l’empatia e la fiducia tra pazienti e pazienti e fra pazienti e medici migliorando la comunicazione con effetto un terapeutico sui pazienti. E’ utilizzata in soggetti con cancro, AIDS, ictus, e in genere con malattie croniche, ma anche in patologie apparentemente più banali, come l’orticaria cronica spontanea (Cappuccio et al, 2017). Un altro campo di applicazione sono le cure palliative, trattamento riservato alle persone alla fine della loro vita.