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Avete mai pensato a quanto sarebbe difficile sfuggire ad un nemico se non fossimo in grado di scappare? Come può un organismo evitare la predazione se vive ancorato a terra? Le piante hanno risolto questo problema in maniera molto astuta, in alcuni casi addirittura subdola

Nel corso dell’evoluzione sono state elaborate nel mondo vegetale strategie diversificate per far fronte ai pericoli naturali. Alcune piante si difendono ricoprendosi di spine o aculei, altre si rendono invisibili mimetizzandosi nel loro ambiente naturale; quelle di cui parleremo in questa sede nascondono un segreto: le loro armi di difesa non sono immediatamente visibili, e quando le si scopre potrebbe essere troppo tardi! Queste specie accumulano sostanze tossiche nei loro organi per scoraggiare potenziali erbivori, compreso l’uomo!

Da tempo la scienza si interroga sulla potenzialità di questi composti di origine vegetale per la cura dell’organismo umano, analizzandone i principi attivi per utilizzarli a scopo terapeutico. Ma dov’è il confine tra pericolo di morte e salvezza della vita? Quand’è che una specie botanica guarisce e quando invece uccide? Il genio dei greci battezzò le droghe con la parola “pharmakon”, che significa al tempo stesso medicina e veleno: dipende dalla consapevolezza, dall’occasione e dal singolo individuo se l’una cosa travalica nell’altra!

Per le piante la produzione di sostanze chimiche ha un significato ecologico molto importante, poiché consente loro di comunicare in maniera differenziata con altri organismi: con quelli utili invitandoli ad avvicinarsi, pensiamo ad esempio all’odore che emanano certi fiori attirando a sé gli impollinatori; in altri casi la pianta intende comunicare “stai alla larga”, rivolgendosi ad animali potenzialmente dannosi. Questi messaggi vengono formulati attraverso la produzione dei metaboliti secondari, ossia composti che non sono essenziali per la crescita e lo sviluppo ma che hanno un’importante funzione ecologica.

Gli studi sulla fitochimica delle piante hanno evidenziato una notevole diversità biochimica. Circa il 40% dei farmaci monomolecolari (cioè costituiti da un unico principio attivo), derivano direttamente o indirettamente dalle piante. Mentre nei paesi in via di sviluppo l’impiego delle piante medicinali è diminuito in seguito alla comparsa di “potenti farmaci” sintetici, nei paesi poveri ancora oggi si ricorre all’etnobotanica come unica risorsa per trovare rimedio a certe malattie. Va comunque precisato che i farmaci di sintesi sono il prodotto ultimo della lavorazione dei principi attivi isolati dalle piante e riprodotti mediante sintesi chimica.

Non dobbiamo pensare che le piante velenose siano molto lontane da noi: alcune le incontriamo facilmente durante una passeggiata, pensiamo alla comunissima edera, Hedera helix; tale specie dall’elegante portamento rampicante contiene diversi composti tossici i quali possono creare qualche problema per ingestione accidentale.

Alcune droghe le usiamo abitualmente senza saperlo: il caffè ad esempio non è altro che il prodotto della lavorazione dei semi di Coffea arabica, specie che contiene uno stimolante naturale del sistema nervoso centrale: la caffeina! 

Molto spesso si rinvengono più sostanze tossiche in una stessa specie e, a volte, queste si accumulano in certi organi della pianta piuttosto che in altri. Tra i composti chimici più velenosi di origine vegetale ricordiamo gli alcaloidi, sostanze azotate responsabili di gravi effetti tossici e i glucosidi, sostanze composte da uno o più zuccheri e da una parte non zuccherina di varia natura. Entrambe queste categorie di composti chimici si caratterizzano sia per i loro effetti tossici sull’uomo e su altri animali sia per le loro applicazioni nel campo farmaceutico; vediamone alcuni esempi.
Datura stramonium è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Solanacee, diffusa in varie parti del mondo. La pianta è conosciuta come “erba del diavolo” poiché presenta proprietà narcotiche ed allucinogene che inducono ad uno stato di trance; per questo motivo, in alcuni paesi, lo stramonio viene utilizzato nello sciamanesimo.

Tutte le parti della pianta contengono alcaloidi quali la iosciamina, la atropina e la scopolamina. L’avvelenamento da stramonio può comportare tachicardia, ipertensione, eccitazione psicomotoria, delirio e in rari casi la morte. Lo stramonio viene utilizzato a scopo terapeutico in particolare come rimedio contro l’asma. Altre proprietà associate a questa pianta sono di tipo antimicrobico e antinfiammatorio.

Il tasso, Taxus baccata, una pianta arborea appartenente alla famiglia delle Taxacee, è una gimnosperma distribuita anche in Europa dove viene utilizzata soprattutto nei parchi a scopo ornamentale. Il tasso è talmente velenoso che viene chiamato “albero della morte”! Tutte le parti dell’albero sono velenose, ad eccezione dell’arillo (falso tegumento che avvolge i semi di alcune gimnosperme) e non è un caso: l’albero ha bisogno di un aiuto per disperdere i propri semi e non può avvelenare anche chi si rende indispensabile a questo scopo: gli uccelli! Questi digeriscono la polpa ma non il seme il quale ne esce intatto e viene rilasciato attraverso le feci dell’animale che, volando, lo trasporta a distanze notevoli consentendo alla pianta di allargare i propri orizzonti!

L’alcaloide presente in maggior quantità nel tasso è la taxina, ma sono presenti anche altri alcaloidi tra cui il taxolo: gli studi sulle proprietà antitumorali hanno evidenziato il ruolo di quest’ultimo nella cura del cancro, per questo tale sostanza è entrata nei protocolli internazionali per la chemioterapia di alcune forme di carcinoma. Tuttavia questa pianta può rivelarsi fatale: in caso di ingestione, infatti, la taxina viene assorbita molto velocemente dall’apparato digerente provocando effetti tossici soprattutto a livello cardiovascolare.

L’oleandro, Nerium oleander, pianta cespugliosa o arborescente facente parte della famiglia delle Apocynacee, è una specie sempreverde con bei fiori profumati,  per questo molto utilizzata per decorare giardini, parchi ed anche strade. Essa è diffusa nelle regioni mediterranee ed è velenosa in ogni sua parte; le foglie però contengono una maggiore concentrazione di sostanze tossiche: si tratta di glicosidi ad azione cardiotossica che, se ingeriti, danneggiano il muscolo cardiaco. I sintomi da avvelenamento vanno dal vomito all’arresto cardiaco. L’oleandrina, glicoside cardiotonico, viene utilizzata nelle preparazioni per la cura di problemi cardiaci.

Il rischio di venire a contatto con piante velenose è elevato a causa delle numerose specie vegetali tossiche utilizzate a scopo ornamentale. L’ingestione di parti di queste piante è un evento accidentale ma, purtroppo, sono frequenti i casi di avvelenamento di bambini e anche di animali domestici. Tuttavia anche allontanandoci dall’ambiente urbano i rischi non mancano: andando alla ricerca di piante selvatiche potremmo facilmente confonderci. La cicuta, Conium maculatum, famosa per aver ucciso il filosofo Socrate, è una pianta estremamente velenosa in ogni sua parte; appartiene alla famiglia delle Apiacee la quale si caratterizza per le infiorescenze ad ombrelle che sono molto simili tra loro in diverse specie.

La cicuta può essere facilmente confusa con il finocchio per la somiglianza dei frutti, con il prezzemolo per la struttura fogliare simile e con la pastinaca per la presenza di una radice somigliante, con la differenza che pochi grammi di radice di C. maculatum sono in grado di uccidere un uomo! La cicuta emana un cattivo odore ma, purtroppo, non tutti hanno un olfatto ben sviluppato.

  • maculatum contiene vari alcaloidi che presentano attività tossica molto elevata nei confronti di molti altri animali tra cui ovini, bovini, uccelli e insetti. Insomma la pianta si difende bene! gli alcaloidi presenti nella cicuta agiscono sul sistema nervoso provocando la morte per arresto respiratorio tuttavia, gli stessi composti, sembrerebbero essere indicati per curare vari disturbi tra cui anche quelli di natura neurologica.

Abbiamo riportato solo alcuni esempi significativi di piante pericolose e allo stesso tempo utili, ma vogliamo precisare che il numero di specie potenzialmente velenose è molto elevato, per cui suggeriamo di avvicinarci alle piante sempre con rispetto e consapevolezza, come faremmo di fronte ad animali che non conosciamo.

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