L’epatite D è causata da un virus a RNA difettivo (agente delta) che si può replicare solamente in presenza del virus dell’epatite B. L’infezione da epatite B raramente si configura come coinfezione in corso di epatite B acuta o come superinfezione in corso di epatite cronica sempre di tipo B.
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Gli alimenti amici del fegato
Alcolici, fritti, insaccati, carni e formaggi grassi, creme, salse e intingoli vari possono essere molto attraenti e gradevoli per il palato, ma lo sono molto meno per il fegato, che deve faticare parecchio per digerirli. Questo è risaputo. Meno noto è che esistono anche cibi che possono aiutare il lavoro del fegato, favorendo una buona digestione e il benessere generale senza rinunciare al gusto. Conoscerli, assumerli ogni giorno nella giusta quantità e mantenere orari dei pasti e ritmi di vita regolari permette di sentirsi più in forma ed evitare disturbi addominali, mal di testa, stanchezza e accumulo di tossine dannose.
Un elevato consumo di carne aumenta la probabilità di steatosi epatica
Le persone che mangiano molte proteine animali hanno maggiori probabilità di avere un eccesso di grasso nel loro fegato e un rischio più elevato di steatosi epatica non alcolica (NAFLD, non alcoholic fatty liver disease) rispetto alle persone la cui principale fonte di proteine sono i vegetali. Lo suggerisce uno studio olandese dell’Erasmus MC University Medical Center pubblicato sulla rivista Gut.
I ricercatori, coordinati dall’epatologo Sarwa Darwish Murad, hanno esaminato i dati ottenuti da scansioni del grasso del fegato e da questionari relativi alle abitudini alimentari di 3.882 persone, dall’età media di 70 anni: il 34% (1.337) risultavano affetti da NAFLD e, tra questi, 1.205 erano in sovrappeso.
Le persone in sovrappeso che assumevano la maggior parte delle proteine da alimenti di origine animale hanno evidenziato il 54% in più di probabilità di avere il fegato grasso rispetto alle persone che consumavano meno carne.
«L’associazione – ha spiegato Murad – si è mantenuta indipendentemente da altri elementi di rischio riconosciuti per la steatosi, come fattori metabolici e sociodemografici, lo stile di vita e, fatto particolarmente rilevante, anche dall’assunzione calorica totale».
I partecipanti allo studio senza fegato grasso hanno consumato in media 2.052 calorie al giorno, rispetto alle 1.996 calorie al giorno per le persone con fegato grasso; queste ultime hanno anche ottenuto una quota maggiore delle loro calorie totali dalle proteine. Il consumo di verdure è risultato simile in entrambi i gruppi, mentre le carni hanno rappresentato la differenza più evidente nel consumo di proteine.
Lo studio presenta dei limiti metodologici, riconosciuti dagli stessi autori, che hanno anche fatto riferimento a questionari, che possono essere poco affidabili, per valutare le diete dei partecipanti e l’apporto calorico, e non hanno raccolto altri dati relativi a possibili cause non dietetiche di accumulo di grasso nel fegato, come infezioni virali o l’assunzione di alcuni farmaci.
Ma questi risultati si aggiungono ad altre evidenze che confermano la potenzialità di abitudini alimentari sane di minimizzare il rischio di steatosi, anche quando le persone hanno un rischio genetico per questa condizione. Gli esperti suggeriscono che le persone dovrebbero limitare la carne rossa e lavorata e seguire una dieta mediterranea, ricca di cereali integrali, verdure e olio d’oliva.
Cereali integrali, secondo uno studio Usa aiutano a prevenire il tumore al fegato
Un maggiore apporto di cereali integrali e fibra si associa a un ridotto rischio di carcinoma epatocellulare, la forma più comune di tumore del fegato, secondo un ampio studio osservazionale con un lungo follow-up, pubblicato su Jama Oncology e coordinato da Xuehong Zhang del Brigham and Women’s Hospital, affiliato alla Harvard Medical School di Boston.
Da tempo, gli esperti sospettano che la dieta possa rappresentare un importante fattore di rischio per il carcinoma epatocellulare, ma finora si erano prodotte evidenze scientifiche solo riguardo al consumo di alcuni alimenti contaminati da funghi e di forti quantità di alcol. In questo caso i ricercatori si sono concentrati invece su cereali integrali e fibre alimentari, che erano già stati associati un minor rischio di obesità, diabete di tipo 2 e steatosi epatica non alcolica – tutti fattori predisponenti noti per il carcinoma epatocellulare.
Il team ha condotto uno studio di coorte su 125.455 persone e ne ha esaminato l’assunzione di cereali integrali, dei loro componenti (crusca e germe) e delle fibre alimentari che sono presenti, oltre che nei cereali non raffinati, anche nella frutta e nella verdura. Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di compilare questionari relativi alle loro abitudini alimentari ogni due anni e, per analizzare i dati, i ricercatori hanno poi suddiviso i soggetti dello studio in terzili in base ai loro livelli di consumo degli alimenti considerati.
Durante un follow-up medio durato ben 24 anni, 141 partecipanti sono stati colpiti da carcinoma epatocellulare.
L’analisi statistica dei dati ha evidenziato che un maggiore apporto di cereali integrali si è associato in modo significativo a un minor rischio di questo tumore.
«Se i nostri risultati verranno confermati, l’aumento del consumo di fibre di cereali integrali potrebbe servire come una possibile strategia per la prevenzione primaria del carcinoma epatocellulare», ha detto Zhang in una e-mail a Medscape Medical News.
E Nicola McKeown, esperta in epidemiologia della nutrizione della Tufts University di Boston, ha commentato che i benefici di questi alimenti vanno oltre la prevenzione di un tumore specifico: «Per accertare l’impatto sul cancro del fegato dei cereali integrali serviranno altri studi, ma introdurne una maggiore quantità nella propria dieta è una buona strategia per migliorare la salute nel suo complesso».