Considerata una malattia “rara” fino a una decina di anni fa, la celiachia oggi sembra essere sempre più diffusa in tutti i Paesi del mondo. Un fenomeno senz’altro legato, almeno in parte, alla maggiore attenzione nei confronti dei sintomi e alla più frequente diagnosi, che permettono di individuare e caratterizzare molte più persone celiache rispetto al passato, ma non solo. Anche le abitudini dietetiche potrebbero avere un ruolo tutt’altro che secondario nel promuovere l’insorgenza della malattia. E tra i fattori di rischio non ci sono necessariamente i cereali.
Una recente revisione della letteratura pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Pediatrics suggerisce, infatti, che tra le molte possibili cause della celiachia (che, va sottolineato, sono ancora tutte da verificare con precisione) potrebbe esserci anche la transglutaminasi microbica: un enzima batterico in grado di legare e trasformare il glutine dei cereali, che spesso viene aggiunto ai cibi di produzione industriale per migliorarne le proprietà organolettiche e prolungarne la conservazione.
Gli studi condotti finora inducono a ritenere che, legandosi alla gliadina (una delle principali proteine del glutine), la transglutaminasi batterica inserita come additivo in molti alimenti confezionati possa formare complessi caratterizzati da proprietà immunogeniche, ossia in grado di sollecitare il sistema immunitario umano a reagire contro di essi, proprio come farebbe contro un virus o un batterio pericoloso per l’organismo.
Questa attivazione immunitaria iniziale sarebbe, poi, mantenuta in modo persistente non soltanto contro il complesso “tranglutaminasi batterica-gliadina”, ma anche contro il glutine naturalmente presente nei cereali, causando i classici sintomi della celiachia (crampi addominali, disturbi gastrointestinali, malassorbimento ecc.) ogni volta che la persona interessata assume pane, pasta, pizza, biscotti, brioches ecc. non gluten-free, anche se preparati artigianalmente e privi di additivi.
I prodotti industriali che possono contenere transglutaminasi batterica sono innumerevoli e, spesso, insospettabili perché non si tratta soltanto di alimenti contenenti farine o semi di cereali e perché, in genere, la presenza dell’enzima come additivo non è esplicitata nella lista degli ingredienti. Si va dalla carne conservata ai sughi, dai latticini alle preparazioni a base pesce (compreso il surimi), dalle zuppe alle gelatine.
Come fare per non correre rischi? Innanzitutto, va chiarito che non ci si deve preoccupare eccessivamente perché, anche se l’implicazione della tranglutaminasi batterica nell’insorgenza della celiachia fosse confermata, il rischio riguarderebbe soltanto le persone che presentano una particolare predisposizione genetica e/o uno o più fattori di rischio aggiuntivi per lo sviluppo della malattia.
Per chi volesse tutelarsi in attesa di nuove evidenze in merito, la scelta migliore è cercare di mangiare prevalentemente cibi freschi, di buona qualità, cucinati con le proprie mani o preparati da persone/esercizi commerciali (panettieri, gastronomie, rosticcerie, gelaterie, pasticcerie, ristoranti ecc.) che usano soltanto materie prime fresche, gestite in modo naturale, senza aggiunta di aromi, coloranti, addensanti o conservanti, e nel pieno rispetto delle norme igieniche.
Fonte: Torsten M, Aaron L. Microbial Transglutaminase Is Immunogenic and Potentially Pathogenic in Pediatric Celiac Disease. Front Pediatr 2018; https://doi.org/10.3389/fped.2018.00389)