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Con la nascita e rapida evoluzione del World Wide Web si è aperta una nuova era di comunicazione di massa. Miliardi di utenti in tutto il mondo utilizzano Internet come principale mezzo di comunicazione e informazione.
Per quanto riguarda il contesto italiano, il 92% degli italiani dichiara di utilizzare Internet. La rapida diffusione e costante crescita del mondo online ha permesso la nascita di chat di messaggistica e rete sociale online quali Myspace, Netlog e Windows Live Messenger.

Questo tipo di piattaforme internet consentiva, nel primo decennio degli anni 2000, di connettersi con amici e sconosciuti, creare un proprio blog personale e interagire con utenti da tutto il mondo in tempo reale. Attualmente solo Myspace è ancora attivo, ma di gran lunga in disuso dopo l’arrivo di social network e applicazioni per smartphone.
Oggi il social network più utilizzato al mondo è Facebook: nato nel 2004, attualmente conta più di 2.2 miliardi di utenti attivi mensilmente a livello globale e 31 milioni in Italia, seguito immediatamente dopo da YouTube, WhatsApp e Instagram, rispettivamente con 1.9, 1.5 e 1 miliardo di utenti attivi mensilmente in tutto il mondo.

I principali fruitori di questi social media sono persone dai 18 ai 34 anni che corrispondono al 59% degli utenti totali a livello mondiale e al 38% in Italia. Mediamente, sempre in Italia, le persone trascorrono ogni giorno 6 ore online, di cui quasi due solo sui social media.

Data l’estensione di Internet e la diffusione del fenomeno dei social media, la letteratura sociologica e psicologica si interroga sui possibili effetti e le ripercussioni che questo tipo di comunicazione online possono avere sulle persone, soprattutto, anche in questo caso, su adolescenti e giovani adulti.
Una delle ricerche più citate è quella di Valkenburg & Peter (2009) che riassume un decennio di studi sulle conseguenze sociali dell’uso di Internet nei confronti degli adolescenti, focalizzandosi sulle relazioni tra comunicazione online, self-disclosure (o autorivelazione) online, qualità delle relazioni e benessere generale.
Dai risultati emerge che la comunicazione online per gli adolescenti è più intima e permette maggiore apertura rispetto a quella faccia a faccia.

Per quanto riguarda invece il benessere generale, altre ricerche sottolineano le correlazioni tra uso di Internet e social media e la salute mentale degli utenti online: numerosi studi evidenziano la pericolosità degli episodi di cyberbullismo, maggiore rispetto agli episodi di bullismo tradizionali (Uhls, 2012), che possono portare a depressione e ideazione suicidaria.
La ricerca del 2013, svolta con un campione di più di mille soggetti dai 13 ai 17 anni, evidenzia come la vittimizzazione provocata da episodi di cyberbullismo aumenta la presenza di sintomi depressivi e questi a loro volta aumentano la possibilità di incorrere a episodi di bullismo online.
La vittimizzazione online comporta inoltre un uso problematico di Internet, identificato come l’insieme di comportamenti compulsivi indotti dall’attività online, tra i quali incapacità di controllare il proprio tempo online, uso continuo e costante nonostante le conseguenze negative, ansia sociale e fear of missing out. Quest’ultima in particolare è definita come preoccupazione pervasiva da parte del soggetto che altre persone possano avere delle esperienze gratificanti in sua assenza, che porta quindi il soggetto stesso ad avere bisogno di essere continuamente connesso e aggiornato su quello che fanno gli altri utenti online.

Altro rischio riscontrato in letteratura è l’esposizione indesiderata a materiale che rappresenta la sessualità. Oltre ai già citati SEM e SEIM, gli studi degli ultimi decenni si focalizzano anche su quelli che vengono definiti Sexual Media, ovvero contenuti sessuali non necessariamente espliciti all’interno di programmi televisivi, film, musica, videogiochi e giornali.

Per quanto riguarda invece gli altri media, è stato stimato che il 68% dei programmi televisivi americani contiene dialoghi con riferimenti sessuali e il 35% contiene immagini di comportamenti sessuali di qualche tipo. Riferimenti sessuali sono contenuti anche nel 55% dei libri di narrativa per adolescenti e nell’84% delle pellicole cinematografiche uscite dal 1950 al 2006.

In Italia sono numerosi i riferimenti alla sessualità, soprattutto femminile, rappresentati nei palinsesti delle principali emittenti televisive.
Già negli anni Ottanta infatti, con trasmissioni televisive quali “Drive In” (1983-1988), “Colpo Grosso” (1987-1992) e “Striscia la Notizia” (1988 – in corso), un considerevole numero di ragazze affianca i presentatori di game show e varietà, in veste di vallette e showgirl, prevalentemente in abbigliamento e atteggiamenti provocatori.
Lungo il corso dei decenni sono presenti diversi esempi di come la figura femminile venga utilizzata nella televisione italiana per intrattenere lo spettatore con il suo corpo, mettendo in rilievo la componente erotica e sessuale della propria figura.
Non sono invece presenti al momento ricerche qualitative o quantitative in merito alla prevalenza di riferimenti più o meno espliciti a rapporti e atti sessuali nella televisione e nel cinema italiano ed europeo.

Considerato che la maggior parte delle persone possiede almeno un dispositivo per accedere a contenuti online o utilizza i media classici, è importante verificare l’impatto che questo tipo di contenuti sessuali può avere sugli utenti.

Non è scontato che in tutti i media sopra citati i riferimenti sessuali includano qualche tipo di educazione alla sessualità e si soffermino sugli aspetti emotivi o sulle possibili conseguenze di rapporti sessuali non sicuri.
Si può presupporre infatti, che molti media rappresentino e promuovano il sesso solo come qualcosa di facile, divertente e relativamente senza rischi. È possibile quindi comprendere come non solo studiosi e ricercatori, ma anche genitori, educatori ed insegnanti ritengano necessario informarsi sulle ripercussioni dell’uso sconsiderato di mass media.

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