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Il cervello dei minori abbandonati

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Alterazioni di circuiti nervosi fondamentali, ma con l’affidamento familiare il recupero è possibile

Un gruppo di ricerca dell’Ospedale dei bambini di Boston della Harvard Medical School ha documentato, su JAMA Pediatrics, le alterazioni che si producono nei circuiti cerebrali di bambini vissuti negli orfanotrofi di Bucarest. Lo studio, iniziato nel 2001, fa parte di un progetto, denominato Bucharest Early Intervention Project, che coinvolge i 6 orfanotrofi della capitale romena, tre Università statunitensi con capofila Harvard, tre Fondazioni, con capofila Mac Arthur Foundation di Chicago, il cui obiettivo è esaminare gli effetti della istituzionalizzazione infantile sullo sviluppo del cervello e del comportamento e, al tempo stesso, verificare se l’affidamento familiare abbia la capacità di recuperare i danni cerebrali.

Le caratteristiche dello studio sono davvero uniche. 136 bambini attorno ai due anni di età, che stavano in orfanotrofio dalla nascita o comunque da pochi mesi dopo la nascita, sono stati divisi in modo casuale (random) in due gruppi, uno inviato in affidamento e l’altro che è rimasto in orfanotrofio. Una scelta che all’istante lascia perplessi, ma occorre sapere che, prima di questo progetto, a Bucarest non c’era un programma di adozioni, che quindi inizia con l’attività del gruppo statunitense, che copre le spese di affidamento e l’addestramento di assistenti sociali che avranno il compito di fornire un costante supporto alle famiglie affidatarie. Infine, lo studio ha previsto un gruppo di controllo formato da bambini di Bucarest della stessa età che vivono in famiglia. Tutti i bambini sono stati osservati per circa 8 anni ad intervalli regolari, monitorando il loro sviluppo intellettivo e comportamentale fino quindi a un’età compresa tra i 9 e gli 11 anni. Infine, un campione per ognuno dei tre gruppi è stato selezionato per essere sottoposto a una minuziosa ed estesa indagine cerebrale realizzata con la tecnica della Diffusione del tensore. Questa tecnica, in sigla DTI (immagini di diffusione del tensore), consente di visualizzare i fasci di fibre di materia bianca che connettono le aree cerebrali tra di loro.

I bambini in orfanotrofio hanno mostrato alterazioni nella microstruttura della materia bianca in una serie di circuiti e segnatamente: la parte centrale (cosiddetto body) del corpo calloso, il cingolo, la corona radiata, il fornice, la capsula esterna, l’area retro-lenticolare della capsula interna e il lemnisco mediale. Le immagini cerebrali di tutti questi circuiti cerebrali dei bambini istituzionalizzati, con l’unica eccezione dell’area retro-lenticolare della capsula interna, mostrano deficit di collegamento, che spiegano anche i disturbi comportamentali, cognitivi e nella gestione delle emozioni che, con maggiore frequenza, sono presenti in questi bambini abbandonati. Intrigante è l’eccezione dell’area retro-lenticolare della capsula interna che, invece d’ indebolirsi, si mostra ispessita e quindi più funzionale. Quest’area fa parte del sistema visivo ed è l’area sensoriale studiata assieme al lemnisco mediale, che è una via nervosa che trasporta la sensibilità dal corpo al cervello, che invece è deficitaria come tutti gli altri circuiti. Verrebbe da pensare che negli orfani istituzionalizzati ci sia una maggiore acutezza visiva, come necessità di stare sempre in allerta, e una scarsa sensibilità tattile, un ottundimento dei sensi dalla mancanza di carezze e più in generale da scarso contatto umano .

I bambini in affidamento invece mostrano immagini cerebrali del tutto simili ai bambini che vivono in famiglia, anche se alcune alterazioni nella materia bianca sono ancora visibili nel corpo calloso e nella corona radiata. Questo studio è di grande importanza non perché sia il primo. Da ultimo un lavoro del gruppo di RJ Davidson dell’Università del Wisconsin-Madison, su Biological Psychiatry del 15 febbraio, documenta, in bambini abbandonati o sottoposti ad abusi fisici o a miseria economica, alterazioni strutturali su aree di materia grigia fondamentali come l’amigdala e l’ippocampo. L’ importanza dello studio di Harvard sta nel fatto che è un disegno randomizzato controllato, di tipo prospettico con all’interno la dimostrazione che l’affidamento familiare non è solo un obbligo etico verso questi “innocenti” (da cui prese il nome il famoso orfanotrofio di Firenze), ma è anche un intervento sanitario efficace, che anche nel nostro Paese, che pur ha abolito a partire dal 2006 gli orfanotrofi, sarebbe il caso di estendere senza indugi. Sono circa 15.000 i minorenni affidati a case famiglia, che certamente non sono orfanotrofi ma che ovviamente non sono neanche una famiglia, con un costo economico stimato di oltre 40.000 euro l’anno a bambino. Questi soldi potrebbero essere spesi meglio.

di Francesco Bottaccioli

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