Il termine rinite indica una generica irritazione e infiammazione della mucosa nasale.
Esistono tre tipologie principali di rinite: la rinite infettiva, la rinite allergica e la rinite non-allergica (o rinite vasomotoria).
La rinite infettiva insorge a seguito di una malattia virale o batterica; la forma allergica compare invece per effetto di un’allergia a sostanze come la polvere, il polline, il pelo degli animali o il cosiddetto Balsamo del Perù; infine, la rinite non-allergica è la conseguenza di una dilatazione anomala dei vasi sanguigni della mucosa nasale.
allergia
Allergia alle proteine del latte vaccino
Si tratta di una reazione avversa alle proteine del latte in soggetti ipersensibili. Se non è riconosciuto un meccanismo imunologico si parlerà di intolleranza.
È necessario sospendere immediatamente la somministrazione del latte e rilevare l’esame obiettivo, lo stato di coscienza, lo stato di idratazione e il peso corporeo. Sostituire il latte vaccino con latte di donna, formule a base di proteine della soia, pappe a base di carne. In caso di reazione grave è necessaria l’osservazione dei parametri vitali per almeno 12 ore. Se è necessario sottoporre il bambino ad elettrolitemia, azotemia, HT, glicemia ed emogasanalisi.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Allergia al veleno di imenotteri
L’allergia dovuta ai componenti del veleno contenuto nel pungiglione degli imenotteri può provocare reazioni locali estese o reazioni sistemiche. Per quanto riguarda le reazioni locali estese compare un edema nel punto di iniezione del diametro superiore a 10 cm, che può persistere per 24 ore. Per quanto riguarda le reazioni sistemiche ci sono 4 gradi:
- Grado 1°: orticaria, prurito, malessere e ansia.
- Grado 2°: 1° grado + angioedema, nausea, vomito, senso di costrizione toracica, diarrea, dolore addominali e vertigini.
- Grado 3°: 1° e 2° grado + due dei seguenti sintomi: dispnea, stridore, sibili, disartria, confusione, disfagia e sensazione di angoscia.
- Grado 4°: 1°+2°+3°+ due di questi sintomi: collasso, incontinenza, perdita di coscienza, cianosi e calopressorio.
E’ necessario rimuovere in modo rapido il pungiglione mediante una pinzetta. Successivamente valutare se occorre ECG e gas ematici, ma anche test cutanei per imenotteri. Per quanto riguarda il trattamento assumere antistaminici, corticosteroidi, impacchi freddi, immobilizzazione ed elevazione dell’arto affetto. Nel caso si tratti di forme lievi si consiglia l’osservazione di parametri vitali fino al miglioramento dei sintomi per almeno 12 ore. Se si tratta di forme gravi osservazione per almeno 24 ore.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Shock anafilattico
Lo shock anafilattico è la reazione allergica acuta per esposizione ad allergeni cui il paziente si era sensibilizzato, che determinano la liberazione rapida di mediatori dai mastociti e dai basofili. La reazione anafilattoide, a cui è soggetto il bambino provoca gli stessi sintomi di un’allergia e si cura attraverso la stessa terapia.
I sintomi si presentano subito dopo l’esposizione all’allergene. I sintomi più comuni sono sensazione di formicolio, prurito e senso di calore al cuoio capelluto, ai palmi delle mani e alle piante dei piedi, prurito orale, sensazione di costrizione alla gola, raucedine, sensazione di gonfiore alle labbra e alla lingua.
È necessario allontanare immediatamente il bambino dalla causa che ha provocato lo shock e procedere con alcuni esami. Inoltre è importante somministrare ossigeno, innalzare gli arti del piccolo paziente e iniettare adrenalina.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
L’allergia agli acari peggiora in autunno: come difendersi
Edera, funghi e altri vegetali velenosi
Le piante di edera, quercia e sommacco causano una reazione allergica, e spesso con conseguente eruzione cutanea, nella metà degli adulti. Una parte di questi soggetti ha una reazione cutanea e solo nel 15-25% dei casi si osserva un edema e l’eruzione di vesciche. Le persone allergiche possono entrare in contatto con questa pianta attraverso vestiti, scarpe, per il contatto con il pelo di animali o attraverso il fumo delle piante che bruciano. Non ci sono rischi nel toccare il liquido contenuto nelle vescicole. I sintomi sono: prurito, eritema, edema, e vesciche, a seconda delle forme attraverso cui si viene contagiati. La gravità è sicuramente importante, ma lo è anche l’estensione della cute colpita, infatti più grande è, maggiore è la necessità di cure mediche.
Cosa fare?
- Chi sa di essere allergico ed è entrato in contatto con una pianta velenosa deve agire immediatamente. Molte vittime non si accorgono del contatto fino a molte ore o addirittura giorni dopo. Nel momento in cui compare il prurito e l’eruzione cutanea usare acqua e sapone per pulire la cute o applicare dell’alcool. Sciacquare per rimuovere il materiale solubilizzato.
- Per le forme lievi è possibile ricorrere a 4 metodi diversi: compresse imbevute con soluzione di Burow, lozione di calamina o ossido di zinco, acqua tiepida mescolata con due tazze di farina da vena colloidale, pasta di bicarbonato di sodio.
- Per le forme lievi-moderate, invece, trattare la cute come per la forma lieve. Applicare una pomata cortisonica e per il prurito immergere l’area interessata in acqua calda.
- Per le forme gravi, usare un cortisonico per via orale oppure applicare una pomata o una crema cortisonica e coprire con un foglio di plastica trasparente.
Funghi
In Italia tra le sostanze più velenose ci sono i funghi. Essi provocano sindromi a lunga incubazione e sindromi a breve incubazione.
Cosa fare?
- In caso di sindrome falloidea, dopo un periodo che va dalle 6 alle 20 ore compare nausea, vomito, diarrea, e dolori addominali. Il trattamento consiste nella gastrolusi con carbone vegetale. Si tratta di una terapia antibiotica con diuresi forzata.
- In caso di sindrome anticolinergica i sintomi sono vertigini, nausea e vomito. In seguito compaiono delirio, allucinazioni, coma e depressione respiratoria. La terapia consiste in un trattamento di gastrolusi con carbone attivato, sedazione e fluidoterapia.
- In caso di sindrome colinergica dopo 2 ore dall’ingestione compaiono lacrimazione, miosi, rinorrea, bronco-spasmo, vomito, ipotensione, tremori e parestesie. Trattare la sindrome con gastrolusi.
Fonte: Guida Tascabile di Pronto Soccorso di Mediserve
Allergie e disturbi dell’umore, un curioso legame
Chi soffre di allergie respiratorie abbastanza intense difficilmente può essere di buon umore quando si trova in ambienti o periodi in cui gli allergeni critici sono abbondanti e i sintomi diventano così fastidiosi da impedire di svolgere serenamente le attività quotidiane, concentrarsi o dormire bene. Occhi infiammati e lacrimanti, naso che cola, pruriti e arrossamenti localizzati o diffusi, difficoltà respiratorie, fino a episodi di asma allergica, possono mettere a dura prova anche le persone con l’attitudine più positiva nei confronti della vita.
Uno studio tedesco coordinato dall‘University Center for Health Sciences – University Hospital Augsburg (UNIKA-T) segnala che la correlazione tra allergie respiratorie e disturbi dell’umore potrebbe essere anche più profonda e complessa, ma soprattutto biunivoca. Partendo da evidenze recenti che hanno indicato l’esistenza di un legame tra profilo psicologico e dermatite o asma allergiche, i ricercatori hanno cercato di capire se depressione, ansia e stress mentale possono aumentare la predisposizione a sviluppare allergie respiratorie stagionali ai pollini o nei confronti di allergeni perenni (ossia sempre presenti nell’ambiente, come muffe, acari e peli di animali), allergie alimentari o ai farmaci.
Ebbene, dall’analisi dei diversi tipi di allergie presenti nella popolazione dell’area di Augusta (Germania) incrociata con la valutazione dello stato psicologico delle quasi 1.800 persone coinvolte, è emerso che chi soffre di depressione presenta più spesso anche allergie respiratorie ad allergeni perenni mentre chi tra soffre di disturbi d’ansia sono più diffuse le allergie stagionali ai pollini.
Viceversa, chi soffre di allergie respiratorie perenni sembrerebbe essere protetto dallo sviluppo di ansia: un risultato che, secondo i ricercatori, potrebbe essere legato al fatto che chi deve confrontarsi costantemente con l’allergia respiratoria sviluppa strategie psicologiche protettive, che lo rendono meno sensibile nei confronti di ulteriori fattori di stress esterno, alla base dell’ansia. Come se, per riuscire a convivere con i sintomi allergici e le limitazioni che impongono, si diventasse globalmente un po’ “zen”, adottando un atteggiamento più rilassato in tutti gli ambiti della vita.
Riguardo alla depressione, invece, le ragioni alla base della correlazione con le allergie perenni è decisamente poco chiara, nel senso che non si sa se sia il disturbo dell’umore a predisporre allo sviluppo dell’allergia o la presenza dell’allergia a deprimere. La seconda ipotesi non va sicuramente banalizzata, ma anche la prima potrebbe avere un razionale, poste le note interferenze dei disturbi dell’umore con la funzionalità del sistema immunitario (dimostrate in vari studi, ma ancora da precisare nel dettaglio).
La ricerca tedesca non ha, invece, rilevato alcuna associazione tra allergie alimentari o a farmaci e riduzione del benessere psicologico. Un risultato che, almeno nel primo caso, un po’ sorprende, dal momento che dover eliminare alcuni o molti cibi dalla dieta può creare una certa frustrazione e non pochi problemi pratici nella vita quotidiana, specie se si mangia fuori casa o si viaggia per lavoro o per piacere.
Ulteriori studi, già pianificati, permetteranno di capire meglio come dialogano psiche e sistema immunitario, portando – si spera – a nuove strategie per proteggere sia dalle allergie sia dai disturbi psicoemotivi che possono accompagnarle: due problemi di salute sempre più diffusi, che riguardano ormai circa un quarto della popolazione occidentale.
Fonte
Harter K et al. Different Psychosocial Factors Are Associated with Seasonal and Perennial Allergies in Adults: Cross-Sectional Results of the KORA FF4 Study, International Archives of Allergy and Immunology 2019; doi:10.1159/000499042 (https://www.karger.com/Article/Abstract/499042)
Allergia alle arachidi: come sconfiggerla
Tostate, salate o ricoperte di zucchero, le arachidi piacciono a tutti, ma sono anche uno dei cibi a maggior rischio di scatenare allergia. Un problema non da poco, dal momento che, spesso “nascoste” o in tracce, sono contenute in numerosi alimenti di produzione industriale. Un gruppo di allergologi americani ha individuato un modo semplice per renderle tollerabili dal sistema immunitario ed evitare episodi spiacevoli.
Allergia al Nichel: gli intolleranti in Italia sono il 32%
Il nichel è un metallo pesante presente in molti oggetti di uso quotidiano. Lo si può trovare infatti nei gioielli (soprattutto orecchini ed orologi) nelle cerniere lampo, nei bottoni dei jeans ma anche in braccialetti, chiavi, monete e molti altri oggetti. Solitamente il nichel è innocuo per gran parte della popolazione, ma ci sono individui però che hanno sviluppato una certa intolleranza a questo metallo, che provoca loro problemi alla pelle. L’allergia al nichel infatti è la causa più comune di dermatite allergica da contatto, ovvero una patologia che genera lesioni cutanee simili a quelle dell’eczema: bolle, prurito, vescicole e rossore.
Le statistiche
Secondo le più recenti rilevazioni, il numero degli individui che hanno sviluppato una forma di allergia a questo metallo è aumentato sensibilmente. In Europa infatti circa il 20% della popolazione è allergica al nichel, in Italia il numero cresce addirittura fino a raggiungere il 32,1% con una maggioranza a favore delle donne ( il rapporto con gli uomini è di 3 a 1 ). Nonostante si tratti di un’intolleranza che si presenta più frequentemente nella terza età, anche i bambini ed i neonati non sono esclusi da questo fenomeno, e rappresentano circa il 16% della popolazione di intolleranti.
I sintomi
L’allergia al nichel si manifesta, come specificato, con un eczema locale che interessa essenzialmente la porzione di cute che entra a contatto diretto con il metallo, ad esempio i lobi delle orecchie nel caso degli orecchini, il polso per gli orologi, il collo per le collane e la zona sottostante l’ombelico, che spesso entra a contatto con i bottoni dei jeans. Possono presentare sintomi anche il volto ed il cuoio capelluto. In questo caso i possibili “colpevoli” sono rappresentati da cellulari, occhiali, piercing e persino ferma capelli.
Il nichel è però presente anche in natura, precisamente nel suolo e nell’acqua, venendo quindi assorbito dagli esseri viventi che a loro volta finiscono, il più delle volte, sulle nostre tavole. Il nichel quindi è presente in molti degli alimenti che entrano a far parte della nostra dieta, in special modo per i prodotti ortofrutticoli, in cui i livelli di nichel sono circa 4 volte superiori a quelli presenti in prodotti di origine animale (carne, latte, uova…).
Il test
Come accade per qualsiasi forma di allergia o intolleranza, risulta fondamentale scoprirne le cause il prima possibile ricorrendo all’aiuto di test ed esami. Nel caso del nichel si tratta di un test assolutamente non invasivo. Riguarda principalmente l’applicazione di alcuni cerotti con gli allergeni sulla pelle del dorso. Dato che le allergie da contatto non presentano sintomi immediati, i cerotti vengono tenuti per circa 2 giorni e la lettura da parte dello specialista può avvenire anche 3-4 giorni dopo l’applicazione.