Smemoratezza, acquisti compulsivi , mal di schiena: questi ed altri sintomi possono indicare un problema più profondo.
sintomi
Coma: cosa fare?
Il coma è la condizione morbosa caratterizzata da perdita di coscienza con ridotta o assente reattività agli stimoli sensoriali e conservazione delle funzioni vegetative. Si distinguono 4 livelli di coma: coma vigile, coma lieve, coma medio e coma profondo. I sintomi sono variabili a seconda della causa e del livello del coma.
È necessario intervenire con procedure immediate: controllare la risposta motoria, le pupille e la risposta verbale. Per quanto riguarda l’anamnesi bisogna valutare i tempi e le modalità di insorgenza, i traumi pregressi o coincidenti, malattie pregresse o in atto l’assunzione di farmaci o di tossici. È necessario eseguire esami di laboratorio quali emocromo, glicemia, azotemia, elettroliti, transaminasi, amilasemia, creatininemia e l’esame delle urine.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Sapete riconoscere i sintomi della depressione?
In autunno, si sa, si è un po’ tutti meno allegri. Le ore di luce diminuiscono, le condizioni meteorologiche peggiorano e tolgono la voglia di uscire per incontrare amici e praticare attività fisica o semplicemente passeggiare, il lavoro è a pieno ritmo e tutto sembra un po’ più pesante del dovuto. Questi e altri fattori fanno sì che chi soffre di depressione, in autunno, possa andare incontro a un peggioramento dei sintomi tipici della malattia: profonda tristezza per gran parte del tempo, desiderio di piangere immotivato, senso di solitudine e abbandono, calo di energia, perdita di interesse e incapacità di trarre piacere da attività e situazioni, stanchezza costante e aumento del bisogno di dormire, alterazioni dell’appetito. Ma la depressione può avere anche sintomi atipici, che in pochi conoscono, ma che non vanno trascurati. Questi, per esempio.
Sei segni e sintomi da non sottovalutare
Non è certo il caso di allarmarsi troppo alla prima macchiolina sulla pelle, per un po’ di fastidio in gola o a ogni minimo formicolio dall’origine poco chiara. Tuttavia, ci sono alcuni segni e sintomi, anche modesti, che è bene non sottovalutare e che, se non passano in un ragionevole periodo di tempo o peggiorano, devono indurre a consultare il medico di famiglia per avere un giudizio competente e avviare, se necessario, opportuni approfondimenti. Sapete quali sono i segnali del nostro corpo da non trascurare? Eccone sei particolarmente importanti cui prestare attenzione.
Mixedema: sintomi e monitoraggio
Il mixedema è lo scompenso metabolico dovuto ad una ridotta increzione di ormoni tirodei. Questa patologia è molto rara in età pediatrica.
I sintomi principali sono sonnolenza, letargia, ipoventilazione, ipotermia e coma. Le procedure immediate da svolgere sono supporto calore, mantenimento della respirazione e mantenimento del circolo.
Esami e monitoraggio
Gli esami da eseguire immediatamente sono: PH arterioso, emocromo, azotemia, glicemia, elettroliti, transaminasi, TSH, FT3, FT4, T3, T4.
È necessario monitoraggio clinico con controlli cardiologici, valutazione psicologica, e regressione dei sintomi. Per quanto riguarda il monitoraggio strumentale e di laboratorio eseguire esami per funzionalità tiroidea, ecografia, scintigrafia della ghiandola tiroidea, RMN encefalo.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
I sintomi mestruali riducono la produttività delle donne in età fertile
Iperventilazione: cosa fare?
Si tratta di iperventilazione quando la respirazione è più veloce e profonda del solito, in seguito ad uno stress emotivo o ansia. I sintomi dell’iperventilazione sono: il respiro veloce e profondo, le vertigini, il dolore toracico, la sudorazione e i formicolii alle mani e intorno alla bocca.
Cosa fare?
- È necessario far sdraiare il paziente in un posto tranquillo per 15-30 minuti.
- Far respirare il paziente più lentamente e evitare che respiri in una busta di carta, in quanto potrebbero insorgere gravi problemi.
- Rassicurare il paziente e se sviene prendere le misure appropriate.
Fonte: Guida Tascabile di Pronto Soccorso di Mediserve
Laringo-tracheo-bronchite batterica: cosa fare?
Si tratta di un’infezione del tessuto sottoglottico caratterizzata dalla presenza di secrezioni purulente. L’agente patogeno più frequente è lo stafilococco, seguito da streptococco e pneumococco. È una malattia rara che si presenta nei bambini al di sotto dei sei anni. I sintomi che si presentano sono: stato settico, febbre, stridore e tosse, dispnea rapidamente ingravescente.
È molto importante tranquillizzare da subito il bambino e sottoporlo a Rx torace e/o Rx laterale del collo, rinofaringoscopia con fibre ottiche. Solitamente viene consigliata una terapia antibiotica endovena con Teicoplanina 10 mg/kg, Ceftriaxone 50 mg/Kg/die e Cloramfenicolo 100 mg/kg/die.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Laringite ipoglottica
Si tratta di un’infezione del tessuto sottoglottico con edema causato dal un virus. La laringite ipoglottica si presenta soprattutto nei bambini al di sotto dei tre anni, ad esordio improvviso, dopo una precedente flogosi delle vie aeree.
I sintomi più frequenti sono tosse e stridore inspiratorio. È molto importante tranquillizzare il bambino e procedere con aerosol di Beclometasone e Salbutamolo ogni 4 ore.
Gli esami da effettuare sono Rx laterale del collo ed eventuale emogasanalisi. Necessario è il monitoraggio clinico con valutazione dello stato generale e della dispnea e strumentale con valutazione FC, FR, saturazione O2.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Sindrome e malattia di Kawasaki
La sindrome di Kawasaki è una malattia nota anche come sindrome mucocutanea linfonodale. Si tratta di una vasculite, che a volte interessa le arterie coronariche, che tende a presentarsi in neonati e bambini tra 1 anno e 8 anni. I sintomi più diffusi sono anoressia, iperemia, eritema orofaringeo, lingua a fragola, eruzioni eritematose, indurimento delle mani e dei piedi, desquamazione della punta delle dita, artrite, meningismo.
Quali sono le procedure immediate?
In caso di interessamento cardiaco è necessario mantenere la respirazione e idratare mediante infusione di liquidi. Gli esami di laboratorio da effettuare sono emocromo + formula + PLT, VES, urine, glicemia, azotemia, elettroliti, Ca, Mg, cratininemia, ECG.
Inoltre, è necessario monitorare il paziente con una serie di analisi, quali ecocardiografia, scintigrafia ed altri esami di laboratorio.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Cos’è l’epiglottite?
L’epiglottite è un’infezione acuta, più frequente dai 3 ai 6 anni. I sintomi mostrati durante l’insorgenza dell’epiglottite sono febbre, stato settico, postura obbligata, disfagia, voce afona, dispnea e scialorrea. È importante evitare ogni manovra che possa agitare il bambino, non coricarlo sul letto, non allontanarlo dai genitori, non eseguire prelievi di sangue e non ispezionare il capo orale.
Gli esami da eseguire sono la radiografia laterale del collo, rinofaringoscopia con fibre ottiche ed emocoltura prima della terapia.
Fonte: Emergenze Mediche in Pediatria di Mediserve a cura di Maurizio Vanelli
Cos’è l’ematemesi?
L’ematemesi è l’emissione orale di sangue con vomito. La sintomatologia ed i segni obiettivi dipendono dalle eziologia. Nel caso si tratti di emorragie massive saranno presenti una sintomatologia ed obiettività in caso di shock ipovolemico. È necessario eseguire delle procedure immediate come l’incannulamento della vena, la sospensione dell’alimentazione solida e liquida e l’inserimento di un sondino naso-gastrico.
Gli esami di laboratorio da eseguire sono: emocromo, azotemia, glicemia, ionogramma, endoscopia, angiografia, indagini radiologiche con isotopi radioattivo, ECG, PA. Nel caso di varici esofagee è indispensabile effettuare una scleroterapia perendoscopica in urgenza, emostasi endoscopica ed un eventuale infusione di Samotostatina. Per ematemesi di altra natura talvolta è necessario un intervento chirurgico mirato o terapia casuale.
Fonte: Emergenze Mediche in Pediatria di Mediserve a cura di Maurizio Vanelli
Convulsioni febbrili nei bambini
Le convulsioni febbrili sono crisi in corso di febbre in un soggetto tra i 6 mesi e i 5 anni, che non presenta nessun segno di affezione cerebrale acuta o cronica concomitante. I sintomi presentano crisi generalizzate di tipo tonico, clonico o tonico-clonico. La durata è di pochi minuti e raramente si protrae per più di 30 minuti. Solitamente il bambino giunge in ospedale quando la crisi convulsiva è conclusa, per cui non è necessario nessun provvedimento urgente a meno di una recidiva.
Gli esami di laboratorio da effettuare sono glicemia, calcemia ed elettroliti. Il trattamento eseguito solo di recidiva di crisi prevede Diazepam per via rettale.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Sindrome dell’intestino irritabile, efficace l’approccio psicologico
La terapia cognitivo comportamentale è l’ultimo trattamento consigliato nella lotta contro la sindrome dell’intestino irritabile: secondo uno studio pubblicato sulla rivista medica Gut, è più efficace nell’alleviare il disagio dei pazienti rispetto all’attuale terapia standard.
La sindrome dell’intestino irritabile interessa circa il 10% della popolazione ed è responsabile di sintomi persistenti come mal di stomaco o crampi, gonfiore addominale, stitichezza o diarrea; altri segni frequenti sono anche la flatulenza, l’affaticamento, la nausea e l’incontinenza. Nella sua forma più grave, la condizione può avere un impatto notevole sulla routine quotidiana e sulla qualità della vita di chi ne soffre, tuttavia si tratta di un cosiddetto “disturbo funzionale”, uno modo per dire che nessuno ne conosce davvero la causa, infatti non si associa a cambiamenti patologici oggi rilevabili con specifici test: la diagnosi avviene sulla base dei sintomi.
Gli attuali approcci terapeutici comprendono farmaci e consigli sullo stile di vita e sull’alimentazione, ma la terapia psicologica potrebbe costituire un metodo alternativo per gestire i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile.
Lo studio ha coinvolto 558 pazienti che presentavano sintomi da lungo tempo e che avevano provato altri trattamenti per almeno un anno: mentre alcuni hanno continuato a ricevere i trattamenti tradizionali, ad altri sono state offerte otto sessioni di terapia cognitivo comportamentale specificamente progettate per il trattamento della sindrome dell’intestino irritabile. Dodici mesi dopo, è stato il secondo gruppo a riportare i miglioramenti più significativi nella sintomatologia: sulla base di un sistema di misurazione su una scala da 0 a 500 (Irritable bowel syndrome severity scoring system – IBS-SSS), i loro sintomi sono risultati inferiori di 61 punti. Sorprendentemente, la terapia cognitivo comportamentale si è rivelata efficace anche quando non è stata impartita attraverso colloqui faccia a faccia con il terapeuta: «il fatto che sia le sessioni di terapia effettuate via telefono che quelle basate sul web si siano dimostrate efficaci è una scoperta davvero importante ed entusiasmante, – ha affermato Hazel Everitt, professore associato di medicina generale presso l’Università di Southampton, in Inghilterra, e primo autore dello studio – i pazienti possono seguire questi trattamenti al proprio domicilio, negli orari più comodi».
Everitt HA, Landau S et al. Assessing telephone-delivered cognitive-behavioural therapy (CBT) and web-delivered CBT versus treatment as usual in irritable bowel syndrome (ACTIB): a multicentre randomised trial. Gut. 2019 Apr 10. pii: gutjnl-2018-317805.
E’ possibile arrestare il progressivo peggioramento della malattia di Parkinson?
La malattia di Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale, descritta per la prima volta nel 1817 da un medico inglese, James Parkinson. E’ caratterizzata da tre sintomi principali: lentezza nei movimenti, rigidità e tremore. Le cause sono legate alla degenerazione di alcune strutture del sistema nervoso centrale, dove viene prodotta la dopamina, il principale neurotrasmettitore fondamentale per il controllo dei movimenti corporei. Il trattamento della malattia si avvale tuttora di farmaci in grado di fornire la dopamina carente, attraverso il suo precursore, la L-DOPA, oppure di stimolare le cellule su cui tale trasmettitore agisce, le cellule dopaminergiche. Purtroppo, a causa dei processi di neuro-degenerazione, insiti nella malattia di Parkinson, tali farmaci col tempo perdono progressivamente la loro efficacia.
Sull’ultimo numero del Journal of Parkinson’s Disease, del febbraio 2019, è stato pubblicato un pioneristico programma che prevede un trattamento farmacologico sperimentale e innovativo da applicare direttamente sul cervello delle persone colpite dalla malattia.
La speranza: ripristinare le cellule danneggiate nel corso della malattia.
Lo studio si basa sulla possibilità di fornire ai cervelli compromessi dalla malattia di Parkinson una maggiore quantità dei livelli di un fattore di crescita presente in natura, il fattore neurotrofico derivato dalla linea cellulare gliale (GDNF), che ha dimostrato di essere in grado di rigenerare le cellule cerebrali dopaminergiche danneggiate nei soggetti con questa patologia.
Sei pazienti hanno preso parte allo studio pilota iniziale che ha valutato soprattutto la sicurezza dell’approccio terapeutico. Altre 35 persone hanno poi partecipato allo studio vero e proprio che è stato svolto in doppio cieco per la durata di nove mesi: metà dei soggetti, selezionati a caso, ricevevano infusioni mensili di GDNF, mentre l’altra metà era trattata con infusioni di placebo.
Per effettuare le infusioni mensili è stato impiantato in ogni soggetto un sistema di erogazione appositamente progettato, utilizzando la neurochirurgia assistita da robot. Questo sistema di erogazione ha consentito di somministrare ogni quattro settimane infusioni di GDNF, a dosaggio elevato ogni quattro settimane, direttamente sulle aree cerebrali colpite dalla malattia con precisione millimetrica, attraverso una porta transcutanea montata sul cranio dietro l’orecchio. L’alto tasso di compliance (99,1%) nei partecipanti reclutati in tutto il Regno Unito ha dimostrato che il sistema di somministrazione del farmaco, per infusione cerebrale ripetuta, è fattibile e tollerabile.
Dopo 18 mesi di terapia, tutti i pazienti che avevano ricevuto GDNF hanno mostrato un miglioramento delle aree cerebrali colpite dalla malattia e dei sintomi collegati con una valutazione, da parte dei ricercatori, da moderata a importante, rispetto alle condizioni iniziali. Questo miglioramento si è osservato anche in quei soggetti che inizialmente erano stati inseriti nel gruppo placebo ed erano poi passati al trattamento con GDNF. La somministrazione di GDNF si è dimostrata sicura per tutto il periodo dello studio.
L’investigatore principale dello studio, il dott. Alan L. Whone della Bristol Medical School dell’Università di Bristol, Regno Unito, ha dichiarato che: “ Nei soggetti trattati con GDNF Il miglioramento delle aree colpite dalla malattia è andato al di là di quanto mai visto in precedenza” ed ha poi aggiunto che: “alte dosi di GDNF sono in grado di risvegliare e ripristinare le cellule cerebrali dopaminergiche, progressivamente compromesse nel corso di malattia di Parkinson”.
Anche alla luce del processo neurodegenerativo alla base della malattia di Parkinson, i farmaci attualmente in uso sono destinati a perdere progressivamente la loro efficacia. Non vi è dubbio pertanto che questo studio, se confermato da valutazioni successive, rappresenti una svolta decisiva nel trattamento della malattia di Parkinson.
Fonte: Alan L. Whone et al: “Extended Treatment with Glial Cell Line-Derived Neurotrophic Factor in Parkinson’s Disease” published online in the Journal of Parkinson’s Disease, in advance of Volume 9, Issue 2 (April 2019) by IOS Press
Attacco cardiaco (o infarto)
Un attacco cardiaco avviene quando l’apporto ematico si riduce gravemente o si interrompe.
I sintomi sono: oppressione e dolore al centro del torace, dolore che si irradia alle spalle, al collo e alle braccia, pallore, sudorazione, nausea e brevità del respiro.
Cosa fare?
- Chiamare un’ambulanza o recarsi al pronto soccorso.
- Controllare i parametri vitali.
- Aiutare la vittima a mettersi nella posizione meno dolorosa (solitamente seduti con le gambe sollevate e le ginocchia piegate).
- Verificare se il paziente ha delle medicine prescrittegli dal medico e se il paziente è cosciente aiutarlo a prenderle.
Fonte: Guida Tascabile di Pronto Soccorso di Mediserve
Addome acuto: cosa fare?
Nel momento in cui si presenta l’addome acuto è necessario intervenire chirurgicamente. Il dolore addominale è di diverso tipo a seconda dell’eziologia. I sintomi generali sono: dolore viscerale, dolore dal peritoneo-parietale e dolore riferito.
Procedure immediate:
- Incannulare una vena
- Idratazione
- Sondino naso-gastrico
- Ossigeno
È necessario eseguire alcuni esami di laboratorio, come l’emocromo +F +PLT, VES, bilirubinemia, transaminasi, amilasemia, glicemia, ionogramma; esplorazione rettale; RX torace; addome diretto; ecografia addominale.
Nel caso in cui si sospetti una peritonite o perforazione rivolgersi al chirurgo. In assenza di segni di peritonite o perforazione è necessario prendere antipiretici ed iniziare un eventuale terapia antibiotica. Non somministrare antidolorifici maggiori o vagolitici per il pericolo di coprire il quadro clinico prima della diagnosi.
Fonte: Emergenze mediche in pediatria di Mediserve