Il rachitismo è una malattia tipica dell’età pediatrica ed è causato da un difetto di ossificazione del tessuto osseo di nuova formazione, soprattutto a livello delle cartilagini di coniugazione e delle zone di calcificazione provvisoria. Il rachitismo colpisce sia gli esseri umani sia gli animali nei primi mesi di vita. Il termine viene usato anche in botanica per descrivere le piante sviluppatesi irregolarmente a causa di parassiti o di carenza di elementi nutritivi.
bambini
I disturbi del corpo – Dolore in età pediatrica
Il dolore, purtroppo, può interessare anche i più piccoli. In questo caso i primi elementi da considerare sono la misurazione del dolore, che si avvale di opportune scale di valutazione, e la stima del suo impatto sul benessere del bambino, in termini di riduzione della vivacità e rinuncia alle attività da lui ritenute più piacevoli.
Nuove condizioni collegabili al Coronavirus
I Medici sono in allarme per il fatto che un numero crescente di bambini si stanno ammalando con una condizione clinica denominata sindrome infiammatoria sistemica pediatrica, riconducibile al coronavirus. Gli ultimi aggiornamenti sul COVID.
Se i genitori fumano i figli potranno avere più facilmente scarse funzioni cognitive nella mezza età
Il Centro Studi di Medicina Cardiovascolare Applicata e Preventiva dell’Università Finlandese di Torku ha condotto uno studio, da cui si evince che in soggetti maturi (tra i 34 e i 49 anni) le capacità di apprendimento e di memoria risentono dell’esposizione al fumo passivo dei genitori avvenuta durante l’infanzia e l’adolescenza.
Eravamo già a conoscenza dell’effetto dannoso del fumo attivo e del fumo passivo sulle capacità cognitive. Questo studio, in un periodo tra l’altro in cui l’invecchiamento della popolazione, con le conseguenti problematiche relative ai deficit cognitivi e di memoria, acquista una dimensione sempre più centrale, fornisce interessanti correlazioni tra i deficit dell’età adulta e l’esposizione al fumo passivo nell’infanzia.
Le prestazioni cognitive, infatti, degli oltre 2000 partecipanti alla ricerca hanno evidenziato che i soggetti i cui genitori non avevano fumato in loro presenza, davano risultati migliori rispetto a quelli dei soggetti esposti in fase evolutiva al fumo passivo. E questo indipendentemente dal fumo attivo dei soggetti durante l’adolescenza o l’età adulta. La differenza delle prestazioni è risultata equivalente alla differenza data da un invecchiamento di cinque anni.
La prevenzione dal fumo passivo dunque oltre ad avere come finalità la protezione di bambini ed adolescenti dai danni del fumo stesso e funzionare come elemento di dissuasione rispetto a futuri stili di vita che possano contemplare il fumo, serve anche a promuovere e salvaguardare la salute del cervello in età adulta.
Maggior rischio di incidenti per i figli di genitori con problematiche psichiche
Secondo uno studio, condotto da ricercatori del Karolinska Institut in Svezia (aprile 2020) in collaborazione con ricercatori dell’Università di Manchester nel Regno Unito, i figli di genitori con problematiche psichiche hanno maggiori probabilità di subire lesioni e di incorrere in incidenti domestici.
Il maggior rischio, riscontrato fino al diciassettesimo anno di età, ha il suo picco nel primo anno di vita
In Svezia il 7% 11% dei bambini ha genitori a cui è stato diagnosticato un disturbo mentale. L’intervento che è stato fin qui approntato per questa popolazione era rivolto prevalentemente alla prevenzione dell’abbandono e del maltrattamento, dando invece poca attenzione alla prevenzione di infortuni ed incidenti.
I bambini che hanno un genitore con qualche problematica psichica hanno il 30% di probabilità in più di farsi male. Il rischio diminuisce con l’aumentare dell’età ma resta leggermente più elevato per i bambini tra i 13 e i 17 anni.
Il rischio inoltre sembra essere correlato più che con gravi disturbi psichiatrici (quali schizofrenia o altri quadri psicotici) con forme meno gravi (quali depressione, ansia stress) e con la figura materna piuttosto che con quella paterna.
Lo studio però non evidenzia delle precise cause. Si ipotizza che i genitori con disturbi mentali possano fare più fatica a sorvegliare adeguatamente i loro figli e a rendere sicure le loro case. Un’altra ipotesi fa riferimento alle condizioni socio-economiche che, frequentemente, nei casi di disturbo mentale, possono essere meno favorevoli. Infine andrebbe valutato anche l’impatto di alcuni farmaci che, avendo un effetto sui livelli di attenzione e vigilanza, potrebbero abbassare nei genitori la capacità di controllo e di tutela.
Fonte: Stampa Internazionale
L’alimentazione in età evolutiva
Durante i primi anni di vita è il pediatra a seguire l’alimentazione del bambini. Per i ragazzi dai 6 ai 12 anni una corretta alimentazione è molto importante, per garantire una normale crescita. È necessario, quindi, educare i bambini sin da piccoli a mangiare correttamente, assicurandosi che assumino le giuste quantità di proteine, vitamine e sali minerali. Purtroppo oggigiorno le abitudini alimentari dei ragazzi sono quasi sempre scorrette, recando non poche preoccupazioni sul piano salute. Genitori ed educatori hanno il compito di impegnarsi affinchè i propri figli evitino di commettere errori alimentari e si abituino a mangiare in maniera corretta. Inoltre è necessario che i giovani non si limitino in scelte monotone, ma si abituino a mangiare di tutto.
Ecco come comportarsi:
- Consumare con regolarità la prima colazione preferendo latte e yogurt
- Consumare una merenda a base di frutta
- Per i principali pasti preferire pasta o riso in associazione a legumi e verdura
- Prevedere sia per il pranzo che per la cena un contorno a base di verdure o ortaggi e una porzione di frutta di stagione
- Dedicare almeno un’ora al giorno all’attività fisica.
È utile fare riferimento a queste indicazioni anche per gli anni a seguire, tenendo sempre conto delle indicazioni del medico generico o del pediatra e dei fabbisogni legati alle singole fasce d’età.
Fonte: Manuale di dietetica e nutrizione clinica di Franco Contaldo e collaboratori.
Cosa fare se il tuo bambino ha l’addome acuto?
Nel momento in cui si presenta l’addome acuto è necessario l’intervento chirurgico. Il dolore addominale è di diverso tipo a seconda dell’eziologia. I sintomi generali sono: dolore viscerale, dolore dal peritoneo-parietale, dolore riferito.
Procedure immediate:
- Incannulare una vena
- Idratazione
- Sondino naso-gastrico
- Ossigeno
È necessario eseguire alcuni esami di laboratorio, come l’emocromo +F +PLT, VES, bilirubinemia, transaminasi, amilasemia, glicemia, ionogramma; esplorazione rettale; RX torace; addome diretto; ecografia addominale.
Nel caso in cui si sospetti una peritonite o perforazione rivolgersi al chirurgo. In assenza di segni di peritonite o perforazione è necessario prendere antipiretici ed iniziare un eventuale terapia antibiotica. Non somministrare antidolorifici maggiori o vagolitici per il pericolo di coprire il quadro clinico prima della diagnosi.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Anemia nei bambini
L’anemia è la condizione clinica nella quale il tasso di emoglobina è inferiore al terzo percentile rispetto al gruppo di età del paziente. I sintomi compaiono in relazione alla rapidità dell’esordio, alla gravità dell’anemia e alla patologia di base. Se si tratta di una rapida insorgenza compaiono cefalea, vertigine, tachicardia ed ipotensione posturale. Ad esordio lento invece, compaiono pallore, astenia progressiva, irritabilità e affaticamento. Gli esami di laboratorio essenziali sono l’esame emocromocitometrico con formula leucocitaria, striscio di sangue periferico, VCM, reticoliti. In caso di traumi o emorragie gastrointestinali è necessario escludere patologie che necessitano di interventi chirurgici. In caso di sintomatologia clinica con insufficienza d’ossigeno è consigliata la terapia trasfusionale immediata. Un ‘altra situazione d’urgenza è l’insufficienza renale in corso di emolisi intravascolare massiva.
I sintomi sono: dolori alle logge lombari, emoglobinuria e progressiva oliguria e anuria. La terapia in questi casi richiede iperidratazione per via endovenosa e furosemine.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Asma bronchiale nei bambini
L’asma bronchiale è dovuta ad edema della mucosa e ristagno di escreato. Per valutare la gravità dell’asma è necessario ricostruire la vita del paziente attraverso precedenti ricoveri, alimentazione ed introduzione dei liquidi, terapia eseguita ed intolleranza a farmaci specifici. È necessario nelle asme più gravi sottoporre il bambino ad aerosol alimentato da ossigeno e sottoporre il bambino ad una serie di esami di laboratorio come radiografia al torace, saturazione di ossigeno con pulso ossimetro in presenza di asma grave, emogasanalisi in presenza di una gravissima broncoostruzione.
Per quanto riguarda il monitoraggio clinico è necessario il controllo della frequenza respiratoria e frequenza cardiaca ogni 4-6 ore e nei casi più gravi ricontrollare il punteggio.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Arresto cardiorespiratorio nei bambini
In età pediatrica spesso l’arresto respiratorio precede quello cardiaco. Le cause possono essere di diversa natura: respiratorie, cardiologiche, neurologiche, da shock, da farmaci, da squilibri metabolici o da cause ambientali. I segni sono: assenza dei polsi arteriosi, assenza di attività respiratoria, stato di incoscienza, pallore estremo e cianosi. È necessario posizionare su un piano rigido in decubito dorsale con iperestensione moderata del cavo. Liberare le vie aeree da secrezioni o cibo, sollevare il mento e praticare due insufflazioni con respirazione bocca a bocca, iniziare massaggio cardiaco esterno.
Se non si ha una rapida ripresa dell’attività cardiaca eseguire al bambino una siringa di adrenalina. Se l’esito dopo 10 minuti è negativo procedere con bicarbonato di sodio. Il monitoraggio clinico consisterà nella reattività pupillare, valutazione polsi periferici, colorito cutaneo, temperatura cutanea, diuresi, glicemia, azotemia, elettrolitemia ed emocromo.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Dolcificanti artificiali: la posizione dei pediatri USA
Mentre in Italia ci si appresta a introdurre la “Sugar tax”, non soltanto per far quadrare il bilancio statale ma anche nell’ottica di scoraggiare l’assunzione di bevande (e alimenti) contenenti zuccheri e calorie in eccesso, i pediatri statunitensi si interrogano sui possibili effetti sulla salute dei sempre più numerosi dolcificanti artificiali utilizzati in sostituzione dall’industria alimentare e consumati in quantità sempre maggiore dai bambini. Consumo di cui, spesso, i genitori non sono del tutto consapevoli, dal momento che gli edulcoranti sono riportati per legge solo nella lista degli ingredienti (che non tutti leggono e comunque scritta in caratteri microscopici), mentre il “ridotto contenuto di zuccheri” che a tutti piace è sempre esplicitato a chiare lettere sulle confezioni e nei claims pubblicitari, inducendo a un’interpretazione, se non fallace, quanto meno parziale e un po’ distorta delle caratteristiche del prodotto che si sta acquistando.
Ma c’è davvero qualcosa da temere quando si parla di dolcificanti artificiali autorizzati per l’uso alimentare dalle Agenzie regolatorie (ossia la Food and Drug Administration – FDA negli Stati Uniti e l’European Food Security Agency – EFSA in Europa) preposte a garantire sicurezza e salubrità delle sostanze utilizzate per produrre cibi di qualunque tipo? In linea di principio no, perché a essere ammessi all’uso alimentare sono solo i composti per i quali non sono emerse indicazioni di possibili danni per l’organismo umano. Ma è proprio su questo punto che l’American Academy of Pediatrics – AAP non è molto d’accordo e vorrebbe un po’ più di cautela da parte di tutti, istituzioni, produttori e genitori. In base a quanto riportato nel Position statement pubblicato a riguardo sulla rivista scientifica Pediatrics, infatti, mentre per alcuni dolcificanti in uso da più tempo (saccarina, aspartame, acesulfame, sucralosio) si possono ragionevolmente escludere criticità per la salute derivanti da un consumo moderato, per altri di più recente introduzione (come la stevia) le prove a supporto della loro totale innocuità sono ritenute non sufficienti, soprattutto per quel che concerne gli effetti derivanti da un uso prolungato e soprattutto nei bambini.
Non solo. Un aspetto che secondo l’APP dovrebbe essere approfondito riguarda le quantità perché, come si sa, qualunque sostanza può determinare effetti estremamente diversi nell’organismo umano in relazione a quanta se ne assume in un singolo giorno e ripetutamente in giorni successivi per periodi di tempo variabili. Questo è vero anche per lo zucchero comune, che è un’innocua e preziosa fonte di energia pronta all’uso per i muscoli e il cervello quando assunto a basse dosi, ma diventa un nemico della salute metabolica e cardiovascolare quando consumato in quantità eccessive, promuovendo – come noto – condizioni di sovrappeso/obesità, resistenza all’insulina e diabete. Purtroppo, diversamente da quanto avviene per altri nutrienti contenuti nei cibi, per i dolcificanti artificiali non è prevista l’indicazione in etichetta delle quantità (assolute o percentuali) per 100 grammi o per dose di prodotto e ciò impedisce (al consumatore e a chi deve valutare il livello di esposizione individuale/di popolazione) di sapere quanti se ne sta assumendo con la dieta abituale.
A ciò si aggiunga che, contrariamente a quando inizialmente ipotizzato e propagandato, gli studi condotti finora hanno indicato che il consumo di dolcificanti artificiali al posto dello zucchero comune non si associa necessariamente alla perdita di peso, a meno che il loro impiego non rientri in una dieta globalmente sana, bilanciata e finalizzata al dimagrimento. Quindi, optare per bevande o alimenti “a basso contenuto di zuccheri” o in versione “zero”, di per sé, non aiuta a contrastare la crescente diffusione di sovrappeso e obesità, né tra gli adulti né tra i bambini.
A fronte di queste considerazioni, pur senza voler generare irragionevoli allarmismi, i pediatri americani ritengono che sia necessario condurre studi più approfonditi per valutare gli effetti a lungo termine dei diversi dolcificanti artificiali, anche in funzione dei livelli di assunzione da parte dei bambini, e che i genitori dovrebbero essere meglio informati sulle proprietà e, soprattutto, sulle quantità dei dolcificanti artificiali contenuti nei prodotti alimentari industriali in commercio, per supportare scelte consapevoli ed evitare assunzioni eccessive.
Fonte:
CM Baker-Smith et al. The Use of Nonnutritive sweeteners in Children – American Academy of Pediatrics (AAP) Policy Statement. Pediatrics 2019;114(5):e20192765; doi:10.1542/peds.2019-2765 (www.aap.org/en-us/about-the-aap/aap-press-room/Pages/American-Academy-of-Pediatrics-Looks-at-Use-of-Nonnutritive-Sweeteners-by-Children.aspx; pediatrics.aappublications.org/content/early/2019/10/25/peds.2019-2765)
Scompenso cardiocircolatorio nei bambini
Si tratta di una sindrome clinica in cui il cuore è incapace di mantenere una gettata adeguata alle necessità metaboliche dei tessuti. La maggior parte dei pazienti sono bambini al di sotto di un anno. Le cause dello scompenso cardiocircolatorio sono: cardiopatie congenite, cardiopatie acquisite, tachicardia parossistica sovraventricolare e cause iatrogene.
Quali sono i sintomi?
I sintomi più evidenti sono: cianosi, rantoli, gemito espiratorio, tachipnea, edemi, distensione delle vene del collo, distrofia, pallore, sudorazione, variazione del polso e ritmo di galoppo. Nel caso si verificassero questi sintomi è necessario effettuare subito ossigenoterapia, idratare il bambino e posizionarlo semiseduto.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
La polmonite nei bambini
La polmonite è una malattia caratterizzata dall’infiammazione degli alveoli polmonari, che si riempiono di liquido che ostacola la funzione respiratoria. I sintomi più comuni sono febbre, vomito e inappetenza, ma talvolta si presenta anche tosse, polipnea e raramente dolore toracico.
Se il bambino è molto dispnoico è necessario somministrare O2. In presenza di versamento pleurico o di pneumotorace contattare immediatamente il chirurgo, in modo che aspiri l’essudato.
Gli esami di laboratorio da effettuare sono emocoltura ed intradermo alla tubercolina. È importante che al bambino sia controllata la frequenza respiratoria e la frequenza cardiaca ogni 4-6 ore.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
La meningite nei bambini
La meningite è una delle malattie neurologiche che si acquisiscono maggiormente durante l’infanzia. Si tratta dell’infezione delle meningi, a causa della penetrazione di patogeni nello spazio subaracnoideo e provoca l’aumento dei leucociti nel liquido cerebrospinale.
Il trattamento deve essere immediato, tenendo conto che i segni clinici sono spesso non specifici.
I sintomi solitamente sono: febbre, sintomi di ipertensione endocranica, sintomi ipertonico-antalgici, sintomi della sfera psichica, sintomi associati a respirazione e digestione e sintomi neurovegetativi.
Per confermare che si tratti di meningite è necessario eseguire la procedura lombare. È molto importante, inoltre, eseguire subito l’esame colturale su faringe e narici, l’emocolture, l’esame delle urine e le prove della coagulazione.
Talvolta è possibile non eseguire la puntura lombare, specialmente quando il paziente presenta grave compromissione cardiaca e respiratoria, segni di ipertensione andocranica e grave infezione cutanea nell’area dell’esecuzione.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Laringo-tracheo-bronchite batterica: cosa fare?
Si tratta di un’infezione del tessuto sottoglottico caratterizzata dalla presenza di secrezioni purulente. L’agente patogeno più frequente è lo stafilococco, seguito da streptococco e pneumococco. È una malattia rara che si presenta nei bambini al di sotto dei sei anni. I sintomi che si presentano sono: stato settico, febbre, stridore e tosse, dispnea rapidamente ingravescente.
È molto importante tranquillizzare da subito il bambino e sottoporlo a Rx torace e/o Rx laterale del collo, rinofaringoscopia con fibre ottiche. Solitamente viene consigliata una terapia antibiotica endovena con Teicoplanina 10 mg/kg, Ceftriaxone 50 mg/Kg/die e Cloramfenicolo 100 mg/kg/die.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Laringite ipoglottica
Si tratta di un’infezione del tessuto sottoglottico con edema causato dal un virus. La laringite ipoglottica si presenta soprattutto nei bambini al di sotto dei tre anni, ad esordio improvviso, dopo una precedente flogosi delle vie aeree.
I sintomi più frequenti sono tosse e stridore inspiratorio. È molto importante tranquillizzare il bambino e procedere con aerosol di Beclometasone e Salbutamolo ogni 4 ore.
Gli esami da effettuare sono Rx laterale del collo ed eventuale emogasanalisi. Necessario è il monitoraggio clinico con valutazione dello stato generale e della dispnea e strumentale con valutazione FC, FR, saturazione O2.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Ipoglicemia essenziale nei bambini
L’ipoglicemia è la più comune complicanza acuta associata al diabete. Nei bambini i sintomi possono essere irritabilità, astenia, ansia, fame, cefalea, sudorazione, pallore, tachicardia, atassia e coma. È necessario mantenere la respirazione ed effettuare alcuni esami di laboratorio, quali glicemia, azotemia, elettroliti, creatininemia, transaminasi, pH arterioso, insulinemia, chetonemia, lattacidemia, ECG, fosfatemia, glucosio urinario.
Per quanto riguarda il trattamento, di solito si somministra il glucosio. In alternativa a questo è possibile somministrare glucagone o diazzosido in caso di iperinsulinemia grave.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Cosa fare in caso di ipertensione endocranica?
I sintomi dell’ipertensione endocranica nei neonati sono: aumento della circonferenza cranica, fontanella anteriore tesa e pulsante, segno del sole calante, vomito, letargia, papilledema. Nei bambini invece si presenta cefalea, vomito, alterazione dello stato di coscienza e papilledema.
Gli esami di laboratorio da eseguire sono tac cerebrale o ecocerebrale ed EEG. È necessario il trattamento con elevazione del capo, iperventilazione, diuretici o osmotici, corti costeroidi, ipotermia e coma barbiturico.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Ingestioni di caustici
I caustici sono le sostanze capaci di danneggiare l’apparato digerente.
I sintomi presenti durante l’ingestione di caustici sono: pianto, disfagia, vomito, dolore toracico, stridore laringeo, scialorrea profusa, eventuale distress respiratorio. I caustici possono dare al livello dei tessuti necrosi colliquativa e causticazione con elevato rischio di perforazione e penetrazione tissutale. Possono recare lesioni cutanee ed oculari, ustioni a livello oro-faringeo, lesioni esofagee e perforazioni intestinali.
È essenziale valutare la pervietà delle vie aeree ed in caso di stress respiratorio procedere con ventilazione assistita e ossigeno. È importante non provocare vomito ed effettuare svuotamento gastrico o somministrazione di carbone vegetale. Gli esami di laboratorio da dover effettuare sono emocromo, glicemia, azotemia, elettroliti, emogasanalisi, PTT, PLT, CPH, Rx laterale del collo, Rx torace, Rx addome diretto in clino, endoscopia diagnostica.
Fonte: Emergenze mediche in Pediatria di Mediserve
Troppo glutine nei bambini piccoli potrebbe aumentare il rischio di celiachia
Un’elevata assunzione di glutine nelle prime fasi di vita si è associato a un aumentato rischio di celiachia in un nuovo studio condotto da un team di ricercatori del Nord Europa.
«Abbiamo scoperto che un bambino di un anno nella fascia più alta di assunzione di glutine ha un rischio doppio di sviluppare autoimmunità della malattia celiaca, una fase che spesso prelude alla celiachia vera e propria; – ha dichiarato all’agenzia Reuters il coordinatore della ricerca Karl Marild dell’Istituto norvegese di salute pubblica norvegese e del Queen Silvia Children’s Hospital di Göteborg, in Svezia – per me è stato sorprendente trovare un’associazione così forte, data la natura onnipresente del glutine nella nostra dieta».
Marild e colleghi hanno utilizzato i dati relativi a 1.875 bambini forniti da un altro studio (Daisy – Diabetes AutoImmunity Study in the Young) che aveva invece l’obiettivo di indagare la predisposizione al diabete mellito di tipo 1. Tra i punti a favore, il lunghissimo follow-up: i partecipanti sono stati seguiti dal 1993 fino al gennaio 2017. I bambini sono stati suddivisi in tre gruppi a seconda della quantità di glutine assunta con l’alimentazione nel periodo in cui avevano da un anno a due anni di età. I ricercatori hanno poi confrontato i dati dei partecipanti, ormai adulti, appartenenti alla fascia di assunzione maggiore di glutine con quelli della fascia inferiore, mostrando per i primi un maggior rischio del 96% di celiachia e del 117% di autoimmunità della malattia celiaca: in altri termini, un raddoppio del rischio.
«Se i nostri risultati saranno confermati – ha detto Marild – potranno fornire una comprensione un po’ migliore su un aspetto significativo della probabile eziologia multifattoriale di questa malattia. È importante sottolineare che non raccomandiamo un cambiamento nelle pratiche di alimentazione pediatrica, perché il nostro è stato uno studio osservazionale e non in grado di mostrare un rapporto di causa effetto».
È altresì necessario specificare che il consumo di alimenti ricchi di glutine nelle persone adulte non celiache non è mai stato associato ad alcun effetto negativo. Le diete senza glutine, molto di moda negli Stati Uniti, impegnative, inutili e costose, possono comportare dei rischi e il loro effetto salutare rientra tra le numerose “bufale” mai dimostrate, ma molto diffuse in ambito nutrizionale.
Mårild K, Dong F et al. Gluten Intake and Risk of Celiac Disease: Long-Term Follow-up of an At-Risk Birth Cohort. Am J Gastroenterol. 2019 May 9.
Come curare l’encefalite
L’encefalite è un processo infiammatorio del sistema nervoso centrale nel quale la maggior area è il parenchima cerebrale. Se sono coinvolte anche le radici spinali, sensoriali e motorie, viene utilizzato il termine di radicolite. Sono nel 25% dei casi si può identificare una eziologia precisa. La maggior parte dei casi, infatti, è di origine virale. Altre cause possono essere allergiche o di assorbimento di sostanze tossiche.
Alcuni bambini all’inizio possono sembrare solo modicamente interessati, ma poi evolve rapidamente verso lo stato di coma fino alla morte. Nel caso sia diagnosticata l’encefalite Erpetica il trattamento è aspecifico ed empirico e deve essere indirizzato al mantenimento delle funzioni vitali e di supporto. Fin quando una causa batterica o un ascesso cerebrale non sono stati esclusi si può iniziare con una terapia antimicrobica.
Tutti i pazienti con grave sintomatologia devono essere monitorati in un Reparto di Terapia Intensiva. È necessario effettuare gli stessi esami di laboratorio attuati per le meningiti, compresa la puntura lombare.
Endoscopia urgente in pediatria
L’endoscopia digestiva con strumenti a fibre ottiche è considerata una tecnica di routine anche nell’età pediatrica. L’esame spesso deve essere eseguito con urgenza, entro 24-48 ore dall’insorgenza dell’evento che ne ha richiesto l’esecuzione. L’endoscopia alta viene eseguita quando si è difronte ad emorragie del tratto gastrointestinale superiore, sospette ingestioni di caustici, ingestioni di corpi estranei, melena e varici esofagee.
Le procedure per l’esame endoscopico sono: assunzione Diazepam, anestesia generale, terapia trasfusionale in caso di anemia acuta, lavaggio endogastrico in caso di sanguinamento e pulizia intestinale con rettoclisi di soluzione fisiologica.
In tutti i casi è indispensabile eseguire: emocromo, PLT, emogruppo, glicemia, azotemia, elettroliti, p-Colinesterasi, PTT, CPH, ECG.
Fonte: Emergenze Mediche in Pediatria di Mediserve a cura di Maurizio Vanelli
Dieta mediterranea, i bambini svedesi la seguono più di quelli italiani
La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari diffusi in alcuni paesi del Mediterraneo.
Negli anni ‘50 del novecento Ancel Keys, nutrizionista americano, si rese conto che le popolazioni del bacino mediterraneo erano meno suscettibili ad alcune patologie rispetto agli americani. Da ciò derivò l’ipotesi di una dieta che aumentasse la longevità. Lo studioso, una volta tornato in America, continuò le sue ricerche, fino alla stesura del libro “Eat well and stay well, The Mediterranean way”.
Keys pensava che la dieta mediterranea fosse ideale per ridurre l’incidenza delle “malattie del benessere”, infatti a partire dagli anni ’70 cercò di diffondere le abitudini alimentari mediterranee anche nel suo Paese.
La dieta prevede il consumo di tutti i prodotti, privilegiando frutta, cereali, verdura, semi e olio di oliva, rispetto al più raro uso di carni rosse e grassi animali. Essa non esclude alcun alimento, infatti si consuma anche pesce, carne bianca, legumi, uova, latticini, dolci e vino rosso. È stata creata, inoltre, una piramide alimentare, che riporta la distribuzione e la quantità degli alimenti nell’arco della giornata. Secondo la piramide la frutta può essere assunta 2-3 volte al giorno, insieme ad ortaggi e verdure, consigliate in abbondanza. Da consumare ogni giorno anche latte e yogurt. Al centro della piramide, invece, ci sono gli alimenti da consumare più volte alla settimana, ma non tutti i giorni: pesce, carni bianche, formaggi. Poi ci sono le uova e le carni rosse, che si consiglia consumare 1-2 volte a settimane ed infine al vertice della piramide ci sono gli alimenti da consumare con moderazione, ossia gli zuccheri, i dolci, le salse, il burro ed il vino.
I bambini italiani mangiano più “cibo spazzatura”
Nel maggio del 2018, al Congresso della Società Europea dell’Obesità, è stato presentato uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che dimostra che la dieta mediterranea viene seguita maggiormente in Svezia, piuttosto che in Italia. Sembra, infatti, che pesce, verdura e frutta vengano consumati meno nei Paesi mediterranei rispetto ad altri paesi europei. In particolare, lo studio ha dimostrato che i bambini svedesi mangiano più pesce, olio di oliva e pomodori rispetto ai bambini del sud dell’Europa, i quali assumono spesso “cibo spazzatura” come merendine, bevande zuccherate e alimenti grassi. Ovviamente gli alimenti della tradizionale dieta mediterranea non sono prodotti della tradizione dei Paesi Nordici, ma sono diventati parte della loro dieta grazie agli importanti benefici salutari.
I dati riportano che in Italia il 42% dei bambini è in sovrappeso. Nelle nazioni del Nord, invece, l’eccesso di peso varia tra il 5% e il 9%. All’origine di questi dati non c’è solo l’alimentazione, ma anche l’attività fisica, in quanto in Italia e in tutti i Paesi del Mediterraneo è stata registrata un inattività fisica superiore rispetto ai Paesi del Nord.
Questi dati sembrano ribaltare quanto in realtà viene pensato, infatti vivere in un Paese del Mediterraneo non vuol dire avere abitudini mediterranee. Inoltre, è difficile pensare che in Svezia ci siano meno fast food che in Italia. Altra peculiarità è l’attività fisica, che i bambini del Nord Europa, riescono maggiormente a svolgere nonostante il cattivo tempo e le poche ore di luce. Le abitudini di vita, quindi, possono cambiare in senso più salutare a prescindere dai contesti sociali ed ambientali e dalle tradizioni di un Paese.
Contrastare l’evoluzione della miopia nei bambini con la luce
Per ridurre il rischio di sviluppare miopia, gli occhi dei bambini devono essere esposti sia alla luce chiara brillante tipica di un giorno di sole, sia a quella soffusa presente in stanze poco illuminate: soltanto così si possono stimolare adeguatamente i diversi tipi di fotorecettori.
La miopia è un difetto della visione estremamente diffuso in persone di ogni età, che tipicamente insorge nell’infanzia/adolescenza per peggiorare poi in età adulta, talvolta complicandosi durante l’invecchiamento con problematiche ulteriori come il glaucoma, il distacco della retina o la cataratta.
In base alle stime, nel 2050, a essere interessata da miopia ed esposta a un aumentato rischio di disabilità visiva sarà circa la metà della popolazione mondiale. E, forse, si tratta di una stima benevola, se si considera l’impatto negativo che già sta avendo l’esposizione protratta agli schermi di smartphone, computer, tablet ecc. e a condizioni di illuminazione spesso inadeguate tanto in ambito domestico quanto nei luoghi di lavoro.
Posto che, una volta instaurata, la miopia è difficilmente recuperabile, per contenere le dimensioni di quella che può essere considerata una vera e propria epidemia e tutelare la vista di milioni di persone è necessario favorire un efficiente sviluppo dell’occhio e prevenire l’insorgenza del difetto visivo fin dai primi anni di vita.
Secondo gli studi condotti finora, per farlo può non essere necessario ricorrere a farmaci o ad altri interventi specifici: basterebbe esporre regolarmente gli occhi dei bambini alla luce giusta, ossia quella in grado di stimolare opportunamente i fotorecettori presenti nella retina (coni e bastoncelli).
A riguardo, dati ottenuti, prima in modelli animali e poi nell’uomo, hanno indicato che l’esposizione alla luce chiara intensa, tipica dei giorni di sole, ha un’azione preventiva nei confronti della miopia. In particolare, uno studio ha segnalato che i bambini esposti per più tempo alla luce ambientale brillante, durante il gioco o l’attività fisica all’aperto, hanno meno probabilità di sviluppare miopia. Mentre un’altra indagine ha riscontrato che i bambini miopi tendono a stare più spesso in casa e, quindi, a beneficiare meno dello stimolo positivo della luce chiara.
D’altro canto, un recente studio condotto presso il Georgia Institute of Technology di Atlanta (Stati Uniti) avverte che non è soltanto la luce brillante dell’ambiente esterno ad avere un effetto protettivo nei confronti della miopia, ma anche quella soffusa, tipica della sera o delle stanze in penombra. Il riscontro, soltanto apparentemente in antitesi con il precedente, si giustifica con il fatto che l’occhio è un organo molto complesso, comprendente fotorecettori di diverso tipo, naturalmente sollecitati da radiazioni luminose di lunghezza d’onda differente.
La luce chiara stimola meglio i coni, responsabili della visione a colori, mentre la luce soffusa stimola meglio i bastoncelli, ossia i fotorecettori deputati a captare le radiazioni meno intense e responsabili della visione in bianco e nero, tipica delle situazioni in cui l’illuminazione è scarsa. Per prevenire efficacemente la miopia in età pediatrica sembra essere necessaria un’esposizione bilanciata sia alla luce brillante sia a quella soffusa per permettere a tutti i componenti dell’occhio di svilupparsi al meglio e in modo armonico.
Fonte
Landis EG et al. Dim Light Exposure and Myopia in Children. Invest Ophthalmol Vis Sci. 2018;59(12):4804-4811. doi:10.1167/iovs.18-24415