Come componenti di una dieta salutare vi sono alcuni cibi grassi che fanno bene. Aiutano a mantenere notevolmente in salute cervello, cuore e pelle.
dieta
Osteoporosi: quale dieta seguire?
L’osteoporosi colpisce principalmente le donne nel periodo successivo alla menopausa ed è caratterizzato dalla fragilità del tessuto osseo, con alto rischio di fratture.
L’osteoporosi è la conseguenza di un processo fisiologico rappresentato da “rimodellamento osseo”, che riguarda sia la componente corticale, che trabecolare dell’osso. Durante la crescita le ossa aumentano di dimensioni, raggiungendo l’apice durante la pubertà. Ci sono, però, anche altri fattori, come l’attività fisica, l’alimentazione, il fumo e il consumo dell’alcol, che condizionano la densità ossea. Vanno aggiunti anche l’amenorrea, la menopausa precoce e le patologie invalidanti. Uno stile di vita adeguato appare fondamentale per garantire un buon apporto di calcio e vitamina D, ma anche un corretto equilibrio ormonale. L’apporto di calcio è fondamentale sin dai primi anni di vita, specialmente durante l’adolescenza.
Consigli dietetici
I pazienti con osteoporosi devono seguire una dieta bilanciata. Il latte e i suoi derivati sono molto importanti per le ossa, così come il TOFU. I vegetali rappresentano una quota dell’assunzione di calcio, in particolar modo le verdure a foglia verde. Per quanto riguarda i cereali, il contenuto di calcio dipende dei processi di macinazione e raffinazione a cui sono sottoposti. Carne e pesce rappresentano, invece, una quota minore dell’assunzione di calcio giornaliera. L’acqua può rappresentare una discreta fonte di calcio, considerando il suo consumo medio giornaliero.
Per favorire una ottimale mineralizzazione ossea è necessaria la presenza di vitamina D, che viene assicurata soprattutto dal sole. Solo pochi alimenti , tutti di origine animale, contengono quantità significative di vitamina D.
Fonte: Manuale di dietetica e nutrizione clinica di Franco Contaldo e collaboratori
Dislipidemie: consigli dietetici
Le dislipidemie sono state classificate in base al tipo di particelle lipoproteiche presenti in eccesso nel sangue. Possiamo distinguere iperlipidemie con elevato colesterolo nelle LDL e normale trigliceridemia. La terapia delle dislipidemie può essere farmacologica e non farmacologica. Quest’ultima prevede una dieta regolare ed un esercizio muscolare, che dovrebbe essere sempre praticato anche per migliorare l’efficacia dei farmaci somministrati.
Consigli dietetici
Il trattamento dietetico delle iperlipidemie è molto importante, dato che è in grado di normalizzare il quadro lipidemico o di migliorare l’efficacia farmacologica. La dieta prevede un apporto di grassi totali non superiori al 30% delle calorie totali. In particolare gli Ac Grassi Saturi quali burro, lardo, panna, strutto, formaggi, carni grasse ed insaccati non devono superare l’8-10% delle calorie totali. Gli Ac Grassi Monoinsaturi, in particolare l’olio extravergine d’oliva, devono essere preferiti in quanto riducono l’LDL colesterolo. Per quanto riguarda, invece, gli Ac. Grassi Polinsaturi, gli Omega 6 riducono le concentrazioni sieriche di colesterolo, mentre gli Omega 3 hanno un buon effetto ipotrigliceridemizzante. È necessario ridurre gli alimenti ricchi di colestrerolo, quali uova e crostacei. In questi casi è utile una dieta ricca di fibre vegetali.
Fonte: Manuale di dietetica e nutrizione clinica di Franco Contaldo e collaboratori
L’obesità: terapia dietetica
Per obesità si intende “malnutrizione per eccesso, con marcato aumento della massa adiposa, di entità maggiore rispetto al sovrappeso”. In base all’eccesso di grasso corporeo ed avendo come riferimento l’IMC, l’obesità viene considerata di 1° grado per valori compresi tra 30 e 34.9 kg/m², di 2° grado se compresi tra 35 e 39.9 e di 3° grado se i valori superano i 40 Kg/m².
L’eccesso di grasso corporeo viene influenzato da alcuni fattori come la familiarità per altre patologie croniche, la distribuzione del grasso, l’età e la presenza di complicanze e/o associazioni morbose.
Consigli dietetici
La terapia dietetica per l’obesità si basa su una dieta bilanciata, che deve garantire un apporto adeguato di macronutrienti e micronutrienti, tenendo conto dell’eccesso di grasso corporeo, del dispendio energetico e della composizione corporea dell’individuo. Solitamente le diete ipocaloriche oscillano tra 1200 e 1500 kcal giornaliere. I carboidrati devono essere assunti principalmente come carboidrati complessi e rappresentare il 55% dell’Energia Totale. I grassi, invece, devono essere costituiti da acidi grassi monoinsaturi e rappresentare il 25-30% dell’Energia Totale.
La dieta, inoltre, dovrà contenere 5 porzioni tra frutta fresca, verdure e ortaggi al giorno. È necessario limitare il consumo di alimenti ad alta densità energetica, come quelli ricchi di grassi e zuccheri semplici e le bevande alcoliche.
La dieta va sempre associata ad un regolare esercizio muscolare, prevalentemente di tipo aerobico.
Fonte: Manuale di dietetica e nutrizione clinica di Franco Contaldo e collaboratori.
Alimentazione in età avanzata
In Italia circa il 20% della popolazione è costituito da ultra sessantacinquenni. Per conciliare l’aumento della vita media con una buona qualità della vita è necessario seguire una corretta alimentazione. Sono molteplici i fattori che possono peggiorare l’alimentazione e di conseguenza lo stato di nutrizione: solitudine, dieta monotona, problemi di masticazione, invalidità, malattie croniche, depressione e cibi inadeguati.
In entrambi i sessi le modificazioni della composizione corporea richiedono un adeguamento delle quantità di cibo assunto proporzionale alla riduzione del fabbisogno energetico. È sempre più frequente rilevare un inadeguato introito di calcio nelle persone oltre i 70 anni. Negli anziani sani non ci sono indicazioni che prevedono l’eliminazione di particolari alimenti, ma è consigliabile ridurre le porzioni abituali, adeguandole alla situazione personale. Se non si effettua attività motoria l’apporto giornaliero di calorie è intorno alle 1900-2250 calorie per l’uomo nella fascia d’età tra i 60 e i 74 anni ed intorno alle 1700- 1950 calorie per l’uomo nella fascia d’età oltre i 75 anni. Gli alimenti proteici più consigliati sono latte, formaggi, legumi, uova, pesce e carne. È, inoltre, consigliato il consumo di carboidrati complessi come quelli apportati da cereali, pane integrale, legumi. Il consumo di alcol va tenuto sotto controllo, anche per non danneggiare il fegato.
Consigli utili:
- Evitare piatti freddi e precucinati
- Scegliere pesce azzurro
- Scegliere carne bianca, alternandola con formaggi stagionali
- Mangiare uova
- Consumare latte parzialmente scremato e yogurt magro ogni giorno
- Ridurre i grassi
- Utilizzare olio di oliva nella giusta quantità
- Ridurre gli zuccheri semplici
- Consumare spesso legumi
- Evitare cibi ricchi di sale
- Bere prima di avere sete
- Consumare ogni giorno frutta e verdura
È importante, infine, svolgere attività fisica con esercizi aerobici e di resistenza, in quanto favorisce il benessere fisico e psichico.
Fonte: Manuale di dietetica e nutrizione clinica di Franco Contaldo e collaboratori.
Sbalzi d’umore: ne soffrite anche voi?
I cambi di stagione, si sa, non aiutano a mantenere l’equilibrio psicofisico e se ne può risentire su molti fronti. Disturbi digestivi, difficoltà a dormire, nervosismo, alterazioni del tono dell’umore, eccessiva reattività. Soltanto per citare alcuni dei fastidi più comuni. Il problema può essere particolarmente difficile da sopportare se, oltre al cambio di stagione, sono presenti anche altri fattori che possono facilitare gli sbalzi d’umore, come il fatto di assumere alcuni tipi di farmaci, essere in gravidanza o all’inizio della menopausa, seguire una dieta poco sana ecc. Controllate qui quali elementi possono interferire con l’equilibrio psicologico nella vita quotidiana e come fare per cercare di ridurne l’impatto e vivere più sereni.
Tanti sforzi, ma la pancia non cala? Ecco perché
Ce la mettete tutta per farla sparire, ma la “pancetta” resta pressoché immutata. Perché? Innanzitutto, è bene essere onesti con se stessi e valutare se ci si sta veramente impegnando per seguire una dieta sana (mangiando meno alimenti ipercalorici e bevendo meno alcolici e bibite zuccherate) e per praticare più attività fisica. Poi, se effettivamente queste due premesse sono rispettate, si devono considerare altri nemici della forma fisica che promuovono, nello specifico, l’accumulo del cosiddetto “grasso viscerale”: il più pericoloso per la salute di cuore e arterie e per lo sviluppo di malattie metaboliche come il diabete di tipo 2. Controllate quali sono e quali vi riguardano direttamente. Quindi agite!
Eliminare la pancetta, senza sforzarsi troppo
Se non vi siete preparati per tempo alla prova costume, ormai è un po’ tardi per correre ai ripari. Ma se l’obiettivo è limitato alla perdita di qualche chilo e non ci si dà scadenze troppo ristrette, l’estate è proprio il momento migliore per rivedere le proprie abitudini alimentari e di stile di vita, complici il caldo (che fa preferire cibi freschi, ricchi di fibre, poveri di grassi e a basso apporto calorico, come frutta, verdura e pesce), le maggiori occasioni di praticare attività fisica (evitando di farlo quando il clima è troppo afoso) e il relax (che aiuta a evitare eccessi alimentari promossi dallo stress più che dalla fame). Se volete qualche suggerimento in più su come fare, lo trovate qui.
Mangia il giusto e di gusto… sempre!
Qualunque sia il tipo di alimentazione che si segue, il consiglio è quello di evitare sempre gli eccessi. Questo perché, troppo spesso, non riusciamo a rinunciare a un cibo grasso, pieno di zuccheri, sale, additivi e aromi artificiali, a causa di una ragione chimica.
Dalla nascita siamo infatti predisposti al gusto dolce, le aziende alimentari lo sanno e dunque farciscono qualsiasi alimento con zuccheri e additivi dolci. Come evitare di cadere nella trappola tesa dalle industrie alimentari e resistere, evitando di mangiare anche se siamo sazi? Il primo step potrebbe essere quello di abituare il palato a gusti diversi, magari cibandosi di alimenti naturali, privi di grassi, sale e zuccheri, evitando il più possibile di mangiare fuori casa e sforzandosi di preparare solo ciò di cui realmente il nostro fisico ha bisogno. L’Italia è un paese con una percentuale costantemente in crescita di persone (compresi, purtroppo, anche i bambini) sovrappeso, un problema che si sta trasformando in una vera e propria piaga e in un’emergenza sociale.
Mangiare troppo equivale ad assumere più calorie ed energia di quante effettivamente il nostro corpo abbia bisogno; non riuscendo così a smaltirle tutte, queste si accumulano tramutandosi in depositi di grasso. E, dunque, di quanta energia ha necessità l’organismo? Questo dipende da diversi fattori, in primis l’età e il genere, poi l’attività fisica. Possiamo affermare che, tendenzialmente, un uomo consuma dalle 2500 alle 3500 calorie al giorno, una donna dalle 2000 alle 2500. Chi si appresta a modificare le proprie abitudini in fatto di alimentazione e, dunque, a passare da una dieta onnivora a una vegana, può inizialmente incorrere in qualche errore, come quello di cibarsi eccessivamente di alimenti grassi come oli, semi, frutta secca, consumati in gran quantità perché non sono abituati a mangiare abbastanza frutta e verdura. In questo modo capita che si incrementi la mancanza di calorie “strafogandosi” di alimenti grassi. Ad esempio, pranzare con dell’insalata, poca verdura e frutta, comporterà dopo poche ore una forte sensazione di appetito e si ricorrerà ad alimenti grassi come spuntini di frutta secca per compensare la fame sopravvenuta.
Chi invece segue una dieta tradizionale, non avrà necessità di consumare tanto cibo per arrivare alla soglia del fabbisogno calorico giornaliero, ma questo unicamente perché gli alimenti di cui si nutre sono pieni di calorie. La vera svolta è quella di intuire che si deve mangiare meglio, scegliere e selezionare i cibi naturali che la terra ci mette a disposizione, cercando di evitare quelli troppo calorici e preferendo quelli con un basso contenuto calorico, ma densi di nutrienti. Mangiamo perché abbiamo bisogno di carburante, di energia necessaria a compiere qualunque azione che muova il nostro corpo, ma anche mentre dormiamo consumiamo energia! Quali sono i cibi che ci aiutano a produrre la nostra “benzina”? Sono i carboidrati e i grassi le principali fonti di energia per il nostro corpo. E un crudista, non assumendo carboidrati, come può avere le forze per affrontare tutti gli impegni richiesti al proprio organismo? Ovviamente tramite frutta, noci, oli, semi e avocado. La frutta è fondamentale in questo senso, perché un consumo eccessivo di alimenti grassi, come possono essere appunto oli, semi e frutta secca, può portare il corpo a problemi come stanchezza, diabete, ipoglicemia, sovrappeso od obesità, mancanza di concentrazione. Come fare, allora, per evitare queste situazioni? Basta limitare il consumo di alimenti grassi al 20% delle calorie assunte quotidianamente e cibarsi di più frutta fresca. Le verdure, infatti, pur essendo una ricca fonte di vitamine e sali minerali, contengono una quantità minima di grassi e carboidrati, non sufficiente al raggiungimento del fabbisogno energetico quotidiano.
La ricetta chiave per seguire una sana dieta crudista è quella di limitare, allora, la quantità assunta di grassi, anche se buoni. Per fare un esempio, nella dieta quotidiana per raggiungere le 2000 calorie si può mangiare o un avocado, o due cucchiai di burro di nocciole o una manciata di noci. L’importante, dunque, è non eccedere. Discorso a parte riguarda invece la frutta fresca, che dovrebbe rappresentare le fondamenta di una dieta crudista salutare, perché, oltre a essere facilmente digeribile, contiene vitamine a profusione. Non dimentichiamoci, però, di consumare il giusto quantitativo di verdure nell’alimentazione quotidiana: uno degli errori in cui si può incorrere iniziando una dieta crudista è proprio quello di non prestare un’adeguata attenzione alle combinazioni alimentari. La frutta, pur fornendo energia, non contiene la quantità di vitamine necessaria al nostro organismo per una salute ottimale, vitamine che sono invece proprie delle verdure crude. Occhio anche ai fanatismi: un’alimentazione sana ed equilibrata si basa sul consumo quotidiano di frutta e verdura nel modo più naturale possibile. Da evitare, dunque, alimenti che sono sì crudi, ma accompagnati da intingoli, sale, spezie e oli grassi, che potrebbero apportare, a breve e a lungo termine, problemi importanti di salute.
Fonte: Crudostyle
Dodici diete da evitare sempre e comunque
La primavera sta arrivando e gli ossessionati dalla prova costume sanno di doversi preparare per tempo, se vogliono eliminare gli insopportabili chili di troppo accumulati durante l’inverno prima che vestiti più leggeri e minimali li rendano “drammaticamente” evidenti. Ma quale dieta seguire per dimagrire in fretta, senza troppa fatica e senza correre rischi? Dipende: dall’età, dal fatto di essere uomini o donne, dallo stato di salute generale ecc. Di certo, però, si sa che alcuni regimi altamente sbilanciati non devono neppure essere presi in considerazione. Ecco quali sono le 12 diete da non provare mai se non si vuole danneggiare l’organismo.
Diabete: mangiare meno potrebbe aiutare a ridurre la neuropatia
Seguire una dieta sana e bilanciata, muoversi ogni giorno e assumere regolarmente le terapie prescritte è la chiave per tenere sotto controllo il diabete e prevenire le complicanze associate alle fasi avanzate della malattia, soprattutto a carico dell’apparato cardiovascolare (aterosclerosi ed eventi acuti, come infarto cardiaco e ictus cerebrale), dei reni (nefropatia diabetica), degli occhi (degenerazione maculare diabetica) e dei nervi periferici (neuropatia diabetica).
Un recente studio italiano, condotto in collaborazione tra un gruppo di ricerca dell’Istituto di Biologia cellulare e Neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBCN-CNR), l’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, l’Università di Chieti e l’Università di Milano, segnala ora che mangiare meno potrebbe avere anche risvolti positivi più specifici sull’ultima problematica citata.
Che cos’è la neuropatia diabetica
La neuropatia diabetica è una delle più temute complicanze del diabete, sia di tipo 1 sia di tipo 2, responsabile dell’insorgenza di formicolii, perdita o alterazioni della sensibilità e dolore intenso e difficilmente controllabile con i comuni analgesici, principalmente a livello di mani, piedi, braccia e gambe.
La neuropatia costituisce, inoltre, un co-fattore all’origine del “piede diabetico” (ancora oggi principale causa non traumatica di amputazione), poiché la ridotta sensibilità cutanea che determina impedisce di accorgersi di piccole ferite accidentali che possono rapidamente infettarsi e indurre necrosi estese, ardue da gestire e da far regredire.
L’origine della neuropatia è complessa e non ancora completamente chiarita, ma è accertato che l’inadeguato controllo della glicemia per periodi prolungati (testimoniato da valori di emoglobina glicata, HbA1c, nel sangue superiori a 6,0-6,5%) e l’aumento dello stato infiammatorio generale dell’organismo sono elementi patogenetici chiave della sensibilizzazione e della degenerazione delle terminazioni nervose periferiche.
Perché la dieta ipocalorica aiuta
Numerosi studi hanno evidenziato che tagliare le calorie assunte con l’alimentazione, oltre a favorire la riduzione del peso corporeo, prevenire il diabete di tipo 2 e contribuire a controllare la glicemia, aumenta l’efficienza metabolica e diminuisce il grado di infiammazione sistemica. Partendo da queste considerazioni, i ricercatori del IBCN-CNR hanno testato gli effetti di una dieta restrittiva, mantenuta per brevi periodi di tempo, sullo stato e il processo di riparazione dei nervi periferici dei topi.
«Nei nostri esperimenti abbiamo constatato che dopo un danno nervoso periferico al nervo sciatico, un regime dietetico con un ridotto apporto calorico giornaliero agisce come potente stimolo metabolico e come attivatore di un fondamentale meccanismo di sopravvivenza e ricambio cellulare, noto come autofagia (la cellula ingloba parti di sé danneggiate)», ha spiegato Sara Marinelli del IBCN-CNR, coordinatrice del progetto.
I ricercatori hanno evidenziato lo stesso recupero dal dolore neuropatico anche in animali che mostrano una bassa capacità di rinnovamento cellulare. «Questi animali con ridotta capacità di autofagia presentano alterazioni metaboliche di fondo di tipo diabetico che aggravano la condizione di neuropatia», ha precisato Roberto Coccurello del IBCN-CNR. «Ebbene, anche con queste complicanze, una limitazione delle calorie assunte può contrastare il decorso e l’intensità del dolore neuropatico, ristabilendo un equilibrio metabolico, riducendo i processi infiammatori e facilitando la rigenerazione nervosa attraverso la stimolazione dell’autofagia. Tutto ciò, in assenza di manifesti effetti collaterali, come avviene invece nel caso di ricorso continuato al solo approccio farmacologico».
Ancorché ottenute in modelli animali e ancora da verificare nell’uomo, le nuove evidenze aprono la strada a strategie terapeutiche innovative, attese da anni. Inoltre, grazie a questo studio i ricercatori hanno potuto individuare alcuni marcatori biologici precoci di danno neurologico che potrebbero essere molto utili in pratica clinica per valutare la prognosi della neuropatia nel singolo paziente e, quindi, per pianificare trattamenti personalizzati più efficaci.
Fonte:
Coccurello R et al. Effects of caloric restriction on neuropathic pain, peripheral nerve degeneration and inflammation in normometabolic and autophagy defective prediabetic Ambra1 mice. PlosOne 2018;13(12):e0208596. doi:10.1371/journal.pone.0208596
Dieta mediterranea, i bambini svedesi la seguono più di quelli italiani
La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari diffusi in alcuni paesi del Mediterraneo.
Negli anni ‘50 del novecento Ancel Keys, nutrizionista americano, si rese conto che le popolazioni del bacino mediterraneo erano meno suscettibili ad alcune patologie rispetto agli americani. Da ciò derivò l’ipotesi di una dieta che aumentasse la longevità. Lo studioso, una volta tornato in America, continuò le sue ricerche, fino alla stesura del libro “Eat well and stay well, The Mediterranean way”.
Keys pensava che la dieta mediterranea fosse ideale per ridurre l’incidenza delle “malattie del benessere”, infatti a partire dagli anni ’70 cercò di diffondere le abitudini alimentari mediterranee anche nel suo Paese.
La dieta prevede il consumo di tutti i prodotti, privilegiando frutta, cereali, verdura, semi e olio di oliva, rispetto al più raro uso di carni rosse e grassi animali. Essa non esclude alcun alimento, infatti si consuma anche pesce, carne bianca, legumi, uova, latticini, dolci e vino rosso. È stata creata, inoltre, una piramide alimentare, che riporta la distribuzione e la quantità degli alimenti nell’arco della giornata. Secondo la piramide la frutta può essere assunta 2-3 volte al giorno, insieme ad ortaggi e verdure, consigliate in abbondanza. Da consumare ogni giorno anche latte e yogurt. Al centro della piramide, invece, ci sono gli alimenti da consumare più volte alla settimana, ma non tutti i giorni: pesce, carni bianche, formaggi. Poi ci sono le uova e le carni rosse, che si consiglia consumare 1-2 volte a settimane ed infine al vertice della piramide ci sono gli alimenti da consumare con moderazione, ossia gli zuccheri, i dolci, le salse, il burro ed il vino.
I bambini italiani mangiano più “cibo spazzatura”
Nel maggio del 2018, al Congresso della Società Europea dell’Obesità, è stato presentato uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che dimostra che la dieta mediterranea viene seguita maggiormente in Svezia, piuttosto che in Italia. Sembra, infatti, che pesce, verdura e frutta vengano consumati meno nei Paesi mediterranei rispetto ad altri paesi europei. In particolare, lo studio ha dimostrato che i bambini svedesi mangiano più pesce, olio di oliva e pomodori rispetto ai bambini del sud dell’Europa, i quali assumono spesso “cibo spazzatura” come merendine, bevande zuccherate e alimenti grassi. Ovviamente gli alimenti della tradizionale dieta mediterranea non sono prodotti della tradizione dei Paesi Nordici, ma sono diventati parte della loro dieta grazie agli importanti benefici salutari.
I dati riportano che in Italia il 42% dei bambini è in sovrappeso. Nelle nazioni del Nord, invece, l’eccesso di peso varia tra il 5% e il 9%. All’origine di questi dati non c’è solo l’alimentazione, ma anche l’attività fisica, in quanto in Italia e in tutti i Paesi del Mediterraneo è stata registrata un inattività fisica superiore rispetto ai Paesi del Nord.
Questi dati sembrano ribaltare quanto in realtà viene pensato, infatti vivere in un Paese del Mediterraneo non vuol dire avere abitudini mediterranee. Inoltre, è difficile pensare che in Svezia ci siano meno fast food che in Italia. Altra peculiarità è l’attività fisica, che i bambini del Nord Europa, riescono maggiormente a svolgere nonostante il cattivo tempo e le poche ore di luce. Le abitudini di vita, quindi, possono cambiare in senso più salutare a prescindere dai contesti sociali ed ambientali e dalle tradizioni di un Paese.
Peso sotto controllo in gravidanza con un’App
Essere in sovrappeso non è mai consigliabile e all’inizio della gravidanza può rappresentare un problema di non poco conto, soprattutto se i chili in eccesso sono numerosi. L’ulteriore incremento ponderale atteso durante i nove mesi può, infatti, comportare criticità ostetrico-ginecologiche e metaboliche sia per la futura mamma sia per il bambino.
In particolare, sovrappeso e obesità in gravidanza aumentano il rischio della donna di sviluppare ipertensione (preeclampsia) e diabete gestazionale e di far crescere troppo il bambino (macrosomia fetale), impedendo il parto per via naturale e aumentando il rischio di obesità nell’infanzia e in età adulta; inoltre, rendono più probabili le complicanze infettive durante il parto con taglio cesareo.
Per aiutare le donne già in sovrappeso al momento del concepimento a non ingrassare troppo durante i mesi successivi, un gruppo di medici della North Western University di Chicago (Stati Uniti) ha messo a punto un’App per smartphone specifica per la donna in gravidanza, in grado di fornire consigli nutrizionali e di stile di vita, sostenere la motivazione con messaggi mirati e migliorare il controllo dei parametri metabolici.
L’impiego di questa App da parte di 140 donne in sovrappeso od obese a partire dalla 16esima settimana di gravidanza, nel contesto del progetto MOMFIT (Maternal Offspring Metabolics: Family Intervention Trial) finanziato dai National Institutes of Health americani, ha effettivamente permesso di ridurre in media di 1,7 kg l’aumento di peso nei 6 mesi successivi rispetto ad altrettante donne con caratteristiche iniziali paragonabili (gruppo di controllo).
Può sembrare poco, ma secondo i medici è un ottimo inizio, soprattutto se si considera che le donne arruolate erano evidentemente ben poco propense a seguire una dieta sana e a praticare attività fisica prima della gravidanza e che i cambiamenti ormonali tipici della gestazione certo non aiutano ad autocontrollare l’assunzione di cibo né a dimagrire.
Cuore dell’App e del programma MOMFIT è la cosiddetta dieta DASH (Diet Approach to Stopping Hypertension): uno schema alimentare ad apporto calorico bilanciato basato sul consumo prevalente di verdura, frutta, cereali integrali, frutta secca, pesce e altre fonti proteiche non grasse e a ridotto tenore di sale e grassi saturi, già utilizzato da anni per contrastare l’ipertensione arteriosa. In aggiunta, per tutte, l’invito costante da parte dell’App a camminare per almeno 30 minuti o 10.000 passi al giorno.
«Una volta innescato, l’incremento di peso che porta all’obesità è difficile da invertire», ha sottolineato ha sottolineato la prof. Linda Van Horn, coordinatrice dello studio. «Con questa App si offre la possibilità di disinnescarlo in una fase in cui la donna è particolarmente motivata a prendersi cura di se stessa per tutelare la salute del bambino e si pongono le basi per la successiva persistente adozione di uno stile di vita più sano da parte di tutta la famiglia».
Il prossimo obiettivo dei ricercatori è capire se contenere l’incremento di peso della donna in gravidanza attraverso il programma MOMFIT può contribuire a ridurre anche la percentuale di bambini obesi dopo i 3-5 anni (che, in base ai dati epidemiologici, in oltre la metà dei casi restano obesi o in sovrappeso anche da adulti).
Nell’attesa di nuovi risultati, anche senza disporre dell’App specifica, è importante che tutte le aspiranti mamme con qualche chilo di troppo concordino con il ginecologo e il nutrizionista un piano dietetico personalizzato semplice da seguire e non troppo restrittivo, ma in grado di evitare incrementi di peso eccessivi, e che cerchino di muoversi di più ogni giorno (se non specificamente controindicato).
Fonte
- Van Horn L et al. Dietary Approaches to Stop Hypertension Diet and Activity to Limit Gestational Weight: Maternal Offspring Metabolics Family Intervention Trial, a Technology Enhanced Randomized Trial. Am J Prev Med 2018; https://www.ajpmonline.org/article/S0749-3797(18)32025-7/abstract
- National Institutes of Health – NIH Clinical Trial (https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT01631747)