Mens sana in corpore sano!

Già gli Antichi Romani erano a conoscenza della positiva correlazione tra esercizio fisico ed attività mentale. Ma non tutti gli sport sono uguali. 

Quali sport favoriscono l’attività mentale e qual è la quantità di attività fisica ottimale? 

A queste domande hanno cercato di dare una risposta un gruppo di ricercatori dell’Università di Basilea in Svizzera e dell’Università di Tsukuba in Giappone in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour.

Uno sport che comprenda allenamenti basati sullo sviluppo di forza e resistenza sembra essere più efficace sul piano degli effetti sulle prestazioni cognitive. Effetti ancora più positivi derivano da quelle attività sportive che richiedono schemi di coordinamento complessi e l’interazione con altri giocatori. 

Comunque i miglioramento cognitivo non sembra correlato con la maggiore intensità dell’allenamento, quanto piuttosto con la maggiore durata dello stesso. 

I benefici riguardano tutte le fasce di età, potenzialmente soprattutto l’infanzia, quindi la fase di maggior sviluppo cognitivo, e la vecchiaia, che è la fase di degrado. In base ai risultati della ricerca però non è stato possibile definire un indicatore di efficacia delle differenti attività sportive secondo le diverse fasce di età. Si è visto invece che età diverse possono essere accomunate nella stessa attività sportiva, come per esperienze già in corso che vedono nonni e nipoti fare attività fisica insieme o uomini e ragazzi impegnati in attività sportive più intense.

Già sappiamo che il volume di attività sportiva è più importante per l’idoneità fisica degli uomini che per quella delle donne. Questo vale anche per l’idoneità mentale. Soprattutto in riferimento all’intensità del movimento. Mentre uomini e ragazzi godono di un significativo miglioramento, e per un periodo più lungo, delle prestazioni cognitive in seguito ad un duro allenamento e ad un aumento, anche se graduale, dell’intensità, per le donne il miglioramento delle capacità cognitive appare collegata con attività sportive di intensità da bassa a media.   

In che modo l’esercizio fisico supporta la tua forma mentale: raccomandazioni attuali

Le attività sportive possono portare a un miglioramento a lungo termine delle prestazioni cognitive in tutte le fasce d’età. Tuttavia, gli effetti differiscono tra uomini e donne e non tutte le discipline sportive sport determinano  lo stesso impatto. I ricercatori hanno fornito raccomandazioni basate su un’analisi completa di studi precedenti.Un corpo sano ospita una mente sana: l’attività sportiva può migliorare le prestazioni cognitive. Tuttavia, ci sono numerosi e diversi tipi di sport e una vasta gamma di esercizi e allenamenti. Quale tipo di esercizio e con quale frequenza  manterrà la mente in perfetta forma? Questa è la domanda che è stata esplorata dai ricercatori dell’Università di Basilea e dai loro colleghi dell’Università di Tsukuba in Giappone attraverso un’analisi su larga scala della letteratura scientifica. Hanno usato questa analisi per ricavare raccomandazioni che hanno recentemente pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour.

Gli sport coordinati sono particolarmente efficaciIl gruppo di ricerca con la partecipazione del Dr. Sebastian Ludyga e del Professor Uwe Pühse ha valutato 80 studi individuali per identificare alcune caratteristiche chiave. L’allenamento di resistenza, l’allenamento della forza o un mix di questi componenti sembrano migliorare le prestazioni cognitive. Tuttavia, gli sport coordinati e stimolanti che richiedono schemi di movimento complessi e l’interazione con gli altri praticanti  sono significativamente più efficaci. “Coordinarsi durante uno sport sembra essere ancora più importante del volume totale dell’attività sportiva”, spiega Ludyga.

Un’estensione totale più elevata dell’attività non porta necessariamente a un livello di efficacia corrispondentemente più elevato per l’idoneità mentale. Una durata più lunga per unità di allenamento promette un maggiore miglioramento delle prestazioni cognitive solo per un periodo di tempo più lungo.Tutti i gruppi di età ne beneficiano.Proprio come la nostra condizione fisica, le prestazioni cognitive cambiano nel corso della vita. Esiste un grande potenziale di miglioramento durante l’infanzia (fase di sviluppo cognitivo) e durante la vecchiaia (fase di degrado cognitivo). Tuttavia, il gruppo di ricerca del Dipartimento di sport, esercizio fisico e salute (DSBG) dell’Università di Basilea non ha potuto trovare un indicatore dei diversi livelli di efficacia delle attività sportive all’interno delle diverse fasce di età.

Inoltre, le attività sportive dall’età della scuola primaria a quella successiva non devono essere sostanzialmente diverse per migliorare le prestazioni cognitive. Diverse fasce di età possono quindi essere combinate per un obiettivo comune durante lo sport. “Questo è già stato implementato in modo selettivo con programmi di esercizio congiunti per bambini e i loro nonni”, afferma Pühse. Tali programmi potrebbero quindi essere ulteriormente ampliati.

Si possono condurre sessioni sportive intense per ragazzi e adulti.Lo stesso volume di attività sportiva ha un effetto diverso sull’idoneità fisica per uomini e donne, come già sappiamo. Tuttavia, il gruppo di ricerca è stato ora in grado di verificarlo per l’idoneità mentale. Di conseguenza, gli uomini beneficiano maggiormente dell’attività sportiva.Le differenze tra i sessi sono particolarmente evidenti nell’intensità del movimento, ma non nel tipo di sport. Un duro allenamento sembra essere particolarmente utile per ragazzi e uomini adulti. Abbinato a un graduale aumento di intensità, ciò porta a un miglioramento significativamente maggiore delle prestazioni cognitive per un periodo di tempo più lungo.Al contrario, l’effetto positivo su donne e ragazze scompare se l’intensità viene aumentata troppo rapidamente. I risultati della ricerca suggeriscono che esse dovrebbero scegliere attività sportive di intensità da bassa a media se intendono aumentare la propria  capacità cognitiva.

Dopo un infarto, l’attività fisica migliora la condizione di salute del paziente

I pazienti colpiti da  attacco di cuore, che poi prendono parte a un programma di miglioramento dello stile di vita si sentono meglio, soprattutto quando svolgono un’attività fisica aggiuntiva. E’ il risultato di un ampio studio presentato su ACVC Essentials 4 You, una piattaforma scientifica della European Society of Cardiology (ESC).

“L’esercizio fisico consolida la forma fisica, con benefici sia per la salute fisica che mentale“, ha dichiarato l’autore dello studio, il dott. Ben Hurdus dell’Università di Leeds, Regno Unito. “Se gradualmente si è in grado di partecipare ad attività che prospettano serenità , allora si hanno maggiori probabilità di raggiungere una migliore qualità della vita.”

A persone colpite da attacco cardiaco vengono solitamente proposte delle lezioni sullo stile di vita – che rientrano nel quadro della riabilitazione cardiaca – a meno che non esistano particolari controindicazioni. Le lezioni comprendono l’assistenza fisica, lo smettere di fumare, dei consigli sulla dieta e sulla gestione dello stress, oltre che sull’attenzione all’assunzione dei farmaci.

Questo studio ha messo in evidenza soprattutto il modo in cui i pazienti coipiti da infarto considerano la propria salute fisica e mentale (concetto definibile come “qualità della vita correlata alla salute”). 

Gli attacchi di cuore hanno un effetto dannoso sulla qualità della vita, comportando  dei problemi di mobilità, una maggiore cura di sé nelle attività quotidiane, anche se molte persone danno per scontate, come il lavoro e il tempo libero.

Ricerche precedenti hanno mostrato un legame tra riabilitazione cardiaca e miglioramento della qualità della vita nei pazienti con infarto. Tuttavia, la maggior parte di questi studi sono stati condotti prima dei moderni farmaci, statine per abbassare il colesterolo “cattivo” e gli stent per aprire le arterie ostruite.

Lo studio EMMACE-3 ha reclutato 4.570 pazienti che sono stati ricoverati in 48 ospedali in tutta l’Inghilterra con sospetto  di infarto dal 2011 al 2013. I pazienti hanno a più riprese riempito un questionario ,mentre erano in ospedale,  e poi dopo 1 mese, dopo 6 mesi e dopo 12 mesi dalla dimissione.

Tra i punti di domanda veniva chiesto  se frequentavano la Riabilitazione Cardiaca,  la qualità di vita  da loro percepita e una valutazione deilivelli di attività fisica.

I pazienti che hanno partecipato ai programmi di Riabilitazione Cardiaca ,  comunicavano una  generale qualità di vita più elevata rispetto ai pazienti non praticanti.

I pazienti che frequentavano una sessione di Riabilitazione Cardiaca esercitandosi fino 150 minuti o  anche più a settimana,  hanno potuto riscontrare risultati soddisfacenti sulla loro qualità di vita, rispetto a quanti restavano fuori dal programma. Il dottor Hurdus ha dichiarato: “La Riabilitazione Cardiaca comporta non solo risultati fisici, ma anche maggior impegno nella conduzione di un adeguato stile di vita e nell’assunzione di farmaci che si traducono in un generale miglioramento della qualità di vita. A questi risultati si aggiungono anche altri benefici di tipo sociale, come stare con altre persone in una situazione simile e condividerle senso di comunità. Le persone che poi scelgono di svolgere le loro pratiche riabilitative per un numero maggiore di minuti rispetto al minimo raccomandato di 150 minuti a settimana, segnalano di aver ottenuto una qualità della vita ancora maggiore “.

Il professor Chris Gale, autore senior dell’Università di Leeds, ha concluso: “Tutti i pazienti colpiti da un attacco cardiaco dovrebbero essere indirizzati ad un programma di Riabilitazione Cardiaca,  a meno che il loro medico non abbia motivi per sconsigliarlo. Si consiglia ai pazienti di parlarne con il proprio medico curante per considerare se il programma di Riabilitazione Cardiaco può essere adatto alla condizione fisica del paziente”.

Fonte: European Society of Cardiology

Primavera voglia di sport, ma quale?

Con l’arrivo della bella stagione, la voglia di uscire e muoversi aumenta un po’ per tutti. Ma soprattutto si rinnova la voglia di cambiare in meglio, di prendersi cura di sé, di fare più attenzione al proprio corpo e cercare di ritornare in forma. L’attività fisica è un elemento cardine di questo processo e fa bene a corpo e mente, ma se non si è abituati, iniziare a praticarla in modo sistematico non è semplice. Ecco qualche consiglio per scegliere lo sport più adatto a ciascuno e più facile da mantenere nel tempo.

Eliminare la pancetta, senza sforzarsi troppo

Se non vi siete preparati per tempo alla prova costume, ormai è un po’ tardi per correre ai ripari. Ma se l’obiettivo è limitato alla perdita di qualche chilo e non ci si dà scadenze troppo ristrette, l’estate è proprio il momento migliore per rivedere le proprie abitudini alimentari e di stile di vita, complici il caldo (che fa preferire cibi freschi, ricchi di fibre, poveri di grassi e a basso apporto calorico, come frutta, verdura e pesce), le maggiori occasioni di praticare attività fisica (evitando di farlo quando il clima è troppo afoso) e il relax (che aiuta a evitare eccessi alimentari promossi dallo stress più che dalla fame). Se volete qualche suggerimento in più su come fare, lo trovate qui.

Attività fisica all’aperto, nonostante i pollini

La primavera, quest’anno, ha dato il peggio di sé, tra piogge a ripetizione, temperature non proprio in linea con le attese e una diffusione dei pollini più intensa del solito, motivata dal fatto che quando le piante sono messe in difficoltà dall’inquinamento e dalle variabili ambientali cercano ogni mezzo per aumentare la propria capacità riproduttiva. Come bilanciare il bisogno di proteggersi dagli allergeni, ormai presenti molti mesi all’anno, con il naturale desiderio di praticare attività fisica all’aria aperta, se si soffre di allergie stagionali? Provate a seguire questi consigli, per restare in forma senza troppi starnuti.

Traumi da sport: come evitarli

Nonostante le piogge ricorrenti e gli sbalzi di temperatura imprevedibili, con l’arrivo della bella stagione quasi tutti sentiamo un rinnovato stimolo a praticare attività fisica in palestra, piscina e, soprattutto, all’aria aperta. Un’ottima sollecitazione che va sempre assecondata, ma senza strafare, se si vuole beneficiare degli effetti positivi del movimento senza rischiare di sovraccaricare o danneggiare muscoli, tendini e articolazioni. Ecco alcuni preziosi consigli per prevenire i più comuni traumi da sport.

Attività fisica e cognitiva proteggono il cervello delle donne

Qualunque attività fisica e cognitiva svolta dalle donne intorno ai 40-55 anni è in grado di proteggere le funzioni intellettive negli anni successivi della vita, riducendo il rischio di sviluppare declino cognitivo e demenza di vario tipo e livello di severità. Ve l’avevano già detto? Molto probabilmente, sì, perché gli studi in questo ambito condotti negli ultimi decenni sono stati molti.

Il valore aggiunto insito nei risultati della ricerca condotta presso l’Università di Göteborg (Svezia) è dato dal periodo di osservazione particolarmente prolungato (il follow-up è stato addirittura 44 anni) e dalla precisazione degli effetti protettivi dell’attività fisica e cognitiva nei confronti, rispettivamente, della demenza vascolare e della malattia di Alzheimer.

Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista di settore Neurology, ha coinvolto 800 donne con un’età media all’arruolamento di 44 anni (nell’intervallo 38-54 anni), selezionate nell’ambito della popolazione generale. Per tutte le partecipanti, all’inizio della valutazione sono state registrate le attività intellettive, artistiche, manuali, sociali, religiose e sportive abitualmente svolte ed è, quindi, stato avviato un monitoraggio periodico delle prestazioni cognitive, dal 1968 al 2012.

Nel corso del follow-up, 194 donne hanno ricevuto una diagnosi di demenza, 102 di malattia di Alzheimer, 27 di demenza vascolare, 41 di demenza mista e 81 di demenza associata a malattia cerebrovascolare. Tutte le diagnosi sono state formulate sulla base dei criteri previsti nel periodo di riferimento, tenendo conto degli esiti di interviste neuropsichiatriche, visite ed esami, dati raccolti nelle cartelle cliniche e nei registri di pazienti.

Dall’analisi delle informazioni disponibili è emerso che, in generale, le donne che si mantengono intellettualmente attive tra i 40 e i 55 anni hanno un rischio ridotto di circa un terzo (-34%) di sviluppare una forma di demenza. La protezione è risultata particolarmente marcata nei confronti della malattia di Alzheimer, il cui riscontro sarebbe praticamente dimezzato (-46%) rispetto alle donne meno inclini a leggere, studiare, ascoltare musica, seguire corsi, frequentare musei, andare a teatro o al cinema.

Ancora più favorevole si è dimostrato l’impatto dell’esercizio fisico, in particolare nei confronti delle demenze miste e delle forme correlate a malattie cerebrovascolari. Il rischio di sviluppare le prime è risultato, infatti, inferiore del 57% tra le donne fisicamente più attive, mentre quello di sviluppare demenza correlata a malattie cerebrovascolari è risultato diminuito del 53%.

L’entità di questi effetti preventivi è a dir poco sorprendente se si considera che, attualmente, la medicina dispone di ben poche armi (peraltro, di efficacia molto limitata) per proteggere da queste malattie neurodegenerative e che gli esiti citati sono stati ottenuti dopo aver escluso i principali fattori confondenti come il livello di istruzione, lo status socioeconomico, la presenza di ipertensione, diabete o malattie cardiovascolari, il peso corporeo, il fumo, lo stress e la depressione.

Naturalmente, prima di arrivare a conclusioni definitive, servono ulteriori conferme, ma nell’attesa vale la pena mettere al bando ogni pigrizia e provare a mantenersi il più possibile attivi intellettualmente e fisicamente, che ne dite?

Fonte

Najar J et al. Cognitive and physical activity and dementia. A 44-year longitudinal population study of women. Neurology 2019;92:e1322-e1330. doi:10.1212/WNL.0000000000007021 (https://n.neurology.org/content/92/12/e1322.long)

Ritmo circadiano: come si autoregola il nostro corpo

Qual è lora migliore per svolgere attività fisica? E per andare a dormire? Riposarsi nel primo pomeriggio è unabitudine sana? Domande cui può dare una risposta la conoscenza del nostro orologio biologico o, meglio, del ritmo circadiano, che in cronobiologia è un ritmo della durata di 24 ore.

Il lemma “circadiano” è preso in prestito dalla lingua latina ed è l’unione di due parole: circa e diem che tradotte stanno per “intorno al giorno”. Secondo alcuni scienziati della McGill University e della Concordia University, il ritmo circadiano sarebbe regolato da un’azione cerebrale attivata dalla luce e sarebbe collegato alle abitudini di ogni individuo. Sono gli stimoli che provengono dall’esterno, quindi, in primis la luce solare e la temperatura ambientale, che modificano e regolano il ritmo circadiano, cioè la sintonizzazione con il susseguirsi naturale di giorno e notte, che è appunto un ciclo di 24 ore. Tale ritmo è poi tarato in base alle caratteristiche individuali di ogni persona e dunque sesso, età, oscillazioni ormonali. Un eventuale cambiamento di questo ciclo comporterebbe problemi legati a insonnia, sonnolenza, mancanza di attenzione e concentrazione, cattivo umore. Fastidi di non poco conto, che vanno a incidere sullo stato di salute del nostro organismo e sul modo con il quale affrontiamo quotidianamente le attività giornaliere. La società odierna e lo stile di vita attuale che la stragrande maggioranza della popolazione segue ci portano a pensare di poter prolungare le azioni di ogni giorno fino a notte inoltrata, non percependo che in realtà si sta affaticando il fisico, che ha bisogno di rigenerarsi secondo le routine proprie del ritmo circadiano.

Quale componente regola il nostro orologio biologico?

Si tratta di un insieme di cellule del cervello, il cosiddetto nucleo soprachiasmatico, che risiede nell’ipotalamo. Questo complesso, grazie a cellule sensibili alla luce solare situate nella retina dell’occhio, capta informazioni sul livello di luminosità esterna, adattando quindi il ritmo biologico dell’organismo nell’arco delle 24 ore della giornata. Secondo la scansione di questo ciclo, esistono delle attività e delle azioni da intraprendere in specifici momenti della giornata, per avere pieno rispetto dell’orologio biologico secondo il ritmo circadiano appunto. Prendiamo in esame le varie fasi che regolano la nostra quotidianità.

Solitamente ci si alza al mattino in una fascia oraria che va dalle 6 alle 8, in un momento in cui il fisico cessa di produrre melatonina (ormone che regola il sonno) per aumentare cortisolo (provoca uno stato di allerta). Tuttavia, se la mente è già proiettata all’ufficio, il corpo non è dello stesso avviso perché, soprattutto d’inverno, il buio e le basse temperature esterne invitano l’organismo a riposarsi ancora. Ecco perché è sconsigliato svolgere esercizi fisici intensi appena svegli. Una volta preso il via, comunque, il cortisolo raggiunge l’apice e, fino all’ora di pranzo, i livelli di concentrazione sono al massimo: questa è la fascia oraria ideale per svolgere mansioni impegnative in ufficio, quelle attività che richiedono sforzo mnemonico e attenzioni speciali. Dopodiché subentra la sonnolenza dovuta alla fase digestiva: il corpo si concentra appunto su tale processo e viene temporaneamente sospesa la produzione di orexina, una proteina fondamentale per conservare un’adeguata condizione di veglia. Chi ne ha la possibilità può tranquillamente riposarsi o dedicarsi ad attività leggere che non prevedano attenzioni particolari. Assolutamente sconsigliato dormire invece nella fascia oraria che va dalle 15 alle 18, quando è bene dedicarsi al benessere corporeo praticando delle attività sportive. È durante questo periodo che cuore e polmoni lavorano in maniera più efficace: i muscoli sono più tonici e dunque l’ideale è concentrarsi su esercizi che richiedano una certa manualità; non solo palestra, ma anche bricolage per esempio. Al termine del momento dedicato a sport e lavoretti, ci si siede a tavola per la cena: la cosa migliore è nutrirsi con alimenti non troppo calorici, dunque con pietanze povere di grassi e zuccheri che gli organi hanno più difficoltà a digerire, avvicinandosi l’ora del riposo notturno. Sconsigliate allora grandi abbuffate. Secondo alcuni studi condotti dal professor Stachin Panda del Salk Institute di La Jolla, in California, i pasti andrebbero assunti in un periodo di tempo tra le 8 e le 10 ore durante la giornata: questo migliorerebbe la salute del metabolismo. L’ideale sarebbe quindi consumare l’ultimo pasto non troppo tardi. Terminato di mangiare, il cervello inizia a produrre melatonina, per favorire il sonno: ha inizio un processo corporeo particolare, in cui il fisico si prepara al riposo; nella fascia oraria fino a mezzanotte, non conviene dedicarsi ad attività fisiche intense che provocano un aumento del battito cardiaco ed è sconsigliato anche attardarsi davanti a schermi luminosi, da smartphone, a tablet e computer perché la luminosità di tali dispositivi incide sulla produzione di melatonina. Una volta a letto, il corpo e i suoi organi si rilassano, il cervello elimina le tossine della giornata; chi è sveglio nella fascia oraria da mezzanotte alle tre del mattino, non riesce a raggiungere livelli di concentrazione e attenzione elevati, la soglia di allerta è ridotta al minimo. Ovviamente è sconsigliato applicarsi in attività che richiedano un importante impegno mentale. L’ultima parte della giornata, che si prolunga fino all’ora del risveglio, vede la temperatura del corpo al minimo, mentre la produzione di melatonina sta lentamente diminuendo per permettere il risveglio. Meglio non dedicarsi ad attività fisiche e spendere questi momenti al recupero delle energie per affrontare una nuova giornata l’indomani.

Il nostro corpo è una macchina meravigliosa che segue regolarmente il proprio orologio biologico, scandito dal ritmo circadiano. Seguire queste piccole indicazioni non potrà che giovare al benessere psicofisico del nostro organismo e della nostra mente, rispettando il più possibile i ritmi suggeritici dalla natura.

Fonte: Ilaria Cofanelli di Crudostyle

Si può fare sport con la psoriasi?

La comparsa della psoriasi può portare all’abbandono di attività sportive, in quanto il disagio fisico e psicologico inducono il paziente ad isolarsi e sospendere quelle che prima erano le sue abitudini quotidiane.

La psoriasi è caratterizzata dalla presenza di lesioni, che ovviamente influiscono negativamente anche sull’umore del malato, che spesso non prosegue le attività che svolgeva prima della comparsa della psoriasi. Una ricerca condotta in Finlandia ha evidenziato che la maggior parte dei pazienti abbandonano del tutto o solo in parte l’attività fisica. Un altro studio, condotto in Italia, seppur confermando l’abbandono dei giovani delle attività sportive, ha dimostrato che un quarto di essi ha riscontrato benefici nello sport, impedendo il decorso naturale della patologia.

Quindi, se è vero che i pazienti affetti da psoriasi tendono ad abbandonare le proprie abitudini, è anche vero che l’attività fisica costante riveste un ruolo importante per il miglioramento dei sintomi della malattia. Inoltre, lo sport riduce anche il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, metaboliche e diabete di tipo 2, che possono manifestarsi in seguito alla psoriasi.

Quale sport praticare?

Scegliere lo sport da praticare non è così difficile, basta evitare quelli di contatto, come la boxe o le arti marziali, in quanto potrebbero verificare lesioni o graffi sulla pelle. Il nuoto e tutti gli sport acquatici sono molto consigliati, soprattutto se praticati nei mesi estivi e all’aperto. I raggi solari, infatti, portano giovamento ai pazienti malati di psoriasi. Se invece, il nuoto viene praticato in piscina è necessario informarsi sulla quantità di cloro presente nell’acqua e sciacquare bene il corpo in seguito all’attività, in modo da non sviluppare irritazioni da cloro. È importante utilizzare lenitivi ed emollienti per tenere la pelle morbida e protetta, cercando di usare la massima cura sia dal punto di vista igienico che cosmetico.

Depressione e schizofrenia si curano anche con l’attività fisica

Le raccomandazioni dell’Associazione Europea di Psichiatria (EAP) per sfruttare i benefici del movimento regolare nel trattamento della depressione maggiore e della schizofrenia, in aggiunta ai farmaci e alla psicoterapia.

Lattività fisica, soprattutto di tipo aerobico, è utile e va praticata regolarmente non soltanto per migliorare il benessere e la salute su vari fronti, ma anche come vera e propria terapia aggiuntiva efficace nella cura di malattie psichiatrie severe come la depressione maggiore o la schizofrenia. A questa conclusione è arrivata l’Associazione Europea di Psichiatria (EAP) dopo un’estesa analisi degli studi condotti negli ultimi decenni per valutare l’impatto sul piano metabolico, cardiovascolare, psicologico e cognitivo dell’esercizio strutturato e monitorato nella popolazione generale priva di disturbi psichici clinicamente rilevanti o affetta da disagio psichico più o meno significativo.

In base alle evidenze disponibili, i benefici ottenibili riguarderebbero sia la riduzione del rischio di sviluppare ipertensione e altre malattie cardiovascolari acute e croniche, diabete e sovrappeso, impoverimento della massa ossea e osteoporosi (tutte condizioni promosse dalla tendenziale sedentarietà di chi soffre di depressione maggiore e schizofrenia e da alcuni dei farmaci indispensabili per curarle) sia l’attenuazione dei sintomi psichiatrici e il miglioramento della funzionalità fisica, psichica e intellettiva, con possibile rallentamento del declino cognitivo che può instaurarsi nel tempo e ripercussioni favorevoli sulla qualità di vita generale. Senza dimenticare, gli effetti benefici del movimento sul sonno notturno: aspetto spesso compromesso in chi soffre di malattie psichiatriche, la cui normalizzazione risulta fondamentale per supportare il trattamento e prevenire riacutizzazioni dei sintomi.

Per trarne i massimi vantaggi, le persone con depressione maggiore lieve-moderata dovrebbero praticare attività fisica aerobica o un misto di allenamento aerobico e di resistenza almeno 2-3 volte alla settimana, per circa 45-60 minuti a sessione. In mancanza di studi che indichino la superiorità di una forma di movimento rispetto all’altra, si può scegliere la disciplina che si preferisce, in relazione all’età e alle potenzialità fisiche individuali. Per esempio, sono perfette attività come la ginnastica a corpo libero, la corsa, la bicicletta, gli esercizi in palestra ecc. A patto che siano eseguite sotto la supervisione di un istruttore competente.

Nel caso della schizofrenia, l’EAP raccomanda che almeno 150 minuti complessivi di attività fisica moderata-vigorosa alla settimana siano inseriti nel contesto di un piano di cura multidisciplinare personalizzato, comprendente terapia farmacologica, interventi psico-comportamentali e riabilitazione funzionale. Anche in questo caso, è fondamentale che a coordinare le sessioni di allenamento sia personale preparato, in grado di interagire positivamente con i pazienti e di supportarne la motivazione al movimento regolare e correttamente eseguito (impresa spesso ardua anche nel caso di persone prive di malattie psichiatriche).

Naturalmente, non ci si deve aspettare miracoli dall’attività fisica e non è certo possibile utilizzarla in totale sostituzione delle terapie convenzionali previste per depressione maggiore e schizofrenia, ma il beneficio aggiuntivo che può apportare è dimostrato e merita di essere sfruttato fin dove possibile, per supportare un miglior recupero dell’equilibrio generale dell’organismo.

Raccomandazioni analoghe al movimento regolare valgono anche per chi, pur senza avere diagnosi di disturbi psichiatrici specifici, tende a sperimentare sintomi depressivi, nervosismo, instabilità dell’umore o disturbi del sonno in uno o più periodi dell’anno (in particolare, in autunno-inverno o nei cambi di stagione): i benefici non mancheranno.

Fonte

Stubbs B et al. EPA guidance on physical activity as a treatment for severe mental illness: a meta-review of the evidence and Position Statement from the European Psychiatric Association (EPA), supported by the International Organization of Physical Therapists in Mental Health (IOPTMH). Eur Psychiatry. 2018;54:124-144. doi:10.1016/j.eurpsy.2018.07.004.

Sport ed estate, pratici consigli per rimanere in forma

L’attività fisica è il miglior modo per mantenere una perfetta forma in attesa dell’arrivo dei periodi più freddi. Ovviamente se si vuole praticare sport durante certi orari si deve fare attenzione a diverse cose, in primis all’alimentazione che deve essere in grado di fornire tutte le sostanze utili per i propri muscoli, senza dimenticarsi di bere molta acqua.

Sport ed alimentazione, binomio vincente

Sedersi a tavola non è mai facile, soprattutto con le alte temperature, ed è per questo che per non affaticare troppo i meccanismi digestivi, si deve cercare di assimilare tutti i nutrimenti necessari, che vanno dalle vitamine ai carboidrati e dalle proteine ai grassi.
Per effettuare sport in estate bisogna sempre tener presente la glicemia, per evitare degli sbalzi ipoglicemici che possano destabilizzare il proprio corpo. Per un’alimentazione estiva, si consiglia una colazione con una tazza di latte o 125 grammi di yogurt magro, caffè (preferibilmente d’orzo), alcune gallette di cereali e qualche cucchiaino di miele, concludendo con un succo di frutta all’ananas o una spremuta di arancia. A pranzo si ha più scelta, ma per rimanere leggeri le insalatone ricche di verdure sono l’ideale, soprattutto con vari mix come formaggi o noci, il tutto da abbinare a carni bianche come il pollo o il tacchino, condito esclusivamente con olio extravergine d’oliva. Se desiderate fare degli spuntini, la macedonia di frutta fresca è il pasto perfetto, senza aggiunta di zucchero, mentre per la cena la scelta ricade spesso sul pesce azzurro, con contorno di verdure.

L’attività fisica comporta notevoli perdite di liquidi e nei mesi estivi la situazione peggiora, ed è consigliato oltre che di bere molta acqua, anche di assumere vari sali minerali per mantenere un perfetto funzionamento del proprio organismo. Quando gli idrosalini diminuiscono drasticamente, si rischiano i famosi colpi di calore, che possono mettere in serio pericolo la salute di chiunque. Per questo motivo gli sportivi durante l’estate devono continuamente integrare liquidi e sali minerali, bevendo quotidianamente almeno 2 litri d’acqua, facendo particolare attenzione durante gli allenamenti. Un modo salutare per assimilare tutti i liquidi necessari per mantenere una perfetta forma fisica nel periodo estivo è quello di mangiare molta frutta, che fornisce fruttosio e varie vitamine. In caso di necessità, è possibile acquistare degli integratori che permettono il riequilibrio di tutti i livelli idrosalini che vengono persi tramite la sudorazione e che proteggono da crampi e debolezza muscolare.

Se siete amanti del jogging, tennis, ciclismo o sport da effettuare all’aperto, cercate di evitare le ore calde della giornata, che potrebbero portare ad un colpo di calore o una insolazione: potreste avvertire un forte senso di nausea, febbre e sudorazione intensa, mal di testa e respiro affannoso. Infine, prestate molta attenzione a non cambiare troppo il vostro stile di vita, se per esempio iniziate ad allenarvi durante le ore serali, questo potrebbe compromettere la qualità del vostro sonno.

Quanto è diminuita l’attitudine allo sport?


Fare sport fa molto bene alla salute, eppure in Italia l’attitudine a praticare un ‘attività sportiva è diminuita. Secondo i dati Istat solo un italiano su 4 fa sport, infatti il 38% delle persone ha dichiarato di non avere tempo, né voglia di praticare un’attività fisica. Secondo il Ministero della Salute questo calo è dovuto allo sviluppo dell’automazione e il disprezzo verso il lavoro manuale, ma probabilmente anche alla mancanza di aree verdi e spazi di sicurezza per i ciclisti.

Bambini e anziani praticano più sport

Sono i giovani tra i 6 e i 17 anni quelli a praticare più sport, mentre per quanto riguarda le classi di età successive, il 16% dei ragazzi tra i 20 e i 24 anni e il 13,2% degli adulti tra i 25 e i 34 anni lo svolgono saltuariamente. C’è poi una gran fetta della popolazione italiana, la fascia d’età che va tra i 40 e i 60 anni, che non ne vuole minimamente sapere di andare in palestra. Potrà sembrare strano, ma più si invecchia più si tende a svolgere un’attività sportiva, infatti da quanto rivela l’analisi Istat è tra i 60 e i 74 anni che le persone svolgono maggiormente uno sport, per poi diminuire sensibilmente a partire dai 75 anni.

La mancanza di attività fisica va ad incidere in modo esponenziale sulla salute delle persone, in quanto il nostro corpo ha bisogno di movimento, in modo da diminuire il rischio di determinate patologie.

Quali sono i vantaggi dello sport?

Fare sport comporta alcuni vantaggi sulla salute:

  • Previene l’ipercolesterolemia e l’ipertensione;
  • Riduce il rischio di sviluppo di malattie cardiache: con l’attività fisica quotidiana il cuore diventa più robusto e resistente alla fatica;
  • Riduce i sintomi i ansia e depressione;
  • Previene e riduce l’osteoporosi;
  • Riduce il rischio di morte prematura;
  • Miglioria la tolleranza al glucosio;
  • Riduce il rischio di obesità.

Se non si ha tempo per andare in palestra, basterà muoversi per 30 minuti al giorno per evitare che il nostro corpo ne risenti. La sedentarietà, infatti, è il nemico peggiore per la salute. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità per attività fisica si intende “qualunque sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un consumo di energia superiore a quello in condizioni di riposo”.

Dunque sono tanti i modi per muoversi senza neanche accorgersene: preferire le scale all’ ascensore, fare una passeggiata nel parco, tornare da lavoro a piedi o muoversi in bicicletta sono tutti modi per fare attività fisica e ridurre i rischi di malattie, obesità e ansia.

Attività fisica: un’arma vincente per evitare fratture e prevenire l’osteoporosi

Abbiamo già largamente discusso sull’incredibile importanza (per tutte le età) di svolgere un qualsiasi tipo di attività fisica per il benessere e la salute del nostro corpo, sia dal punto di vista fisico che psicologico (contro l’ansia e lo stress per esempio). Svolgere una regolare attività infatti è di vitale importanza per la prevenzione di alcune pericolose malattie che spesso sono tra le principali cause di morte al mondo. Lo sport infatti è fondamentale per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, per il diabete, per alcuni disturbi respiratori ma anche per rinforzare il nostro organismo sia dal punto di vista muscolare ma, anche e soprattutto, per quanto riguarda le nostre ossa.

Con l’attività fisica infatti si può ridurre sensibilmente il rischio di osteoporosi in età anziana, scongiurando quindi il pericolo di fratture e di impoverimento della densità ossea, causa di dolori e difficoltà nella deambulazione per i soggetti che ne sono affetti.

Gli effetti positivi dell’esercizio fisico e dell’ attività fisica

Un regolare esercizio fisico sta alla base di qualsiasi terapia di prevenzione e cura dell’osteoporosi. I benefici infatti sono molteplici:

  • grazie allo sport si verifica un aumento della massa ossea sia nei soggetti sani (con densità ossea normale) sia in quelli affetti da osteoporosi
  • l’esercizio fisico è efficace nel ridurre il consumo di analgesici
  • i soggetti che praticano attività fisica registrano un notevole e generale miglioramento della qualità della vita
  • aumentano le abilità funzionali nelle attività della vita quotidiana
  • è consigliato svolgere attività fisica fin dalla giovane età per poter raggiungere un picco di densità ossea molto elevato
  • con lo sport si migliora l’equilibrio , il tono muscolare ed i riflessi, fattori che risultano fondamentale soprattutto per evitare le cadute
  • infine, migliorando la densità ossea, diminuisce sensibilmente il rischio di fratture in seguito a traumi

L’attività fisica da prediligere per i soggetti che sono già affetti da osteoporosi sono quelle a carico naturale, ovvero dove il solo peso che grava sui muscoli e sulle ossa è quello del nostro corpo spinto dalla forza di gravità (non si devono aggiungere pesi ulteriori per intenderci). Per questo motivo gli esercizi più indicati sono: camminata, marcia, aerobica, ballo, ciclismo, nuoto e salire le scale. La corsa è utile ma sconsigliata nei soggetti che si trovano in uno stato avanzato della malattia.

C’è da precisare ovviamente che l’attività fisica non è assolutamente l’unico rimedio, cura o attività di prevenzione per l’osteoporosi. Occorre in ogni caso rivolgersi al proprio medico per ricevere tutte le informazioni e i consigli per difendersi al meglio da questa patologia.

 

 

L’esercizio fisico contribuisce a migliorare la memoria

Fare attività fisica, che si tratti di un semplice allenamento o di un vero e proprio sport, porta sicuramente tanti benefici per la salute del nostro organismo. Oltre però ai già citati effetti positivi sul cuore, sul controllo del peso, sulle articolazioni, ossa, muscoli e sul controllo dello stress, praticare una regolare attività fisica porta innumerevoli benefici anche alla nostra memoria. La zona della memoria interessata nello specifico è la memoria “ad alta interferenza“, ovvero quella che ci permette di distinguere, ad esempio, la nostra auto da un’altra dello stesso modello e della stessa marca.

Lo studio

Ad affermare ciò è stato uno studio della McMaster University, in Canada, pubblicato su Journal of Cognitive Neuroscience. Secondo gli scienziati praticare una regolare attività fisica (che si protrae almeno per 6 settimane con sessioni di allenamento di 20 minuti ciascuna) comporta significativi miglioramenti per la memoria ad alta interferenza. Oltre a questo però, stando ai risultati della ricerca messa in atto, i soggetti che mantengono una buona forma fisica registrano un aumento del fattore neurotrofico cerebrale, una proteina che supporta la crescita, la funzionalità e la sopravvivenza delle cellule cerebrali.

La ricerca si è svolta prendendo in esame 95 individui sani che per 6 settimane hanno svolto un programma differente. Alcuni si sono sottoposti ad una regolare e controllata attività fisica, altri oltre allo sport hanno anche intrapreso un percorso formativo con un training cerebrale, altri ancora invece sono rimasti sedentari, evitando qualsiasi tipo di sport o esercizio fisico. I risultati hanno evidenziato che nei soggetti che hanno svolto attività fisica, accompagnati o non dal training cerebrale, si è registrato un significativo miglioramento nelle prestazioni della memoria ad alta interferenza, cosa che invece non è accaduta affatto nei soggetti che hanno mantenuto uno stile di vita prevalentemente sedentario. A questo punto la ricerca si concentrerà principalmente sui soggetti della terza età in quanto, come afferma l’autrice della ricerca Jennifer Heisz: “Un’ipotesi è che si osserveranno maggiori benefici su di loro, dato che questo tipo di memoria diminuisce con l’età”.

La ricerca in questione aggiunge un altro tassello alla lunga lista di buoni motivi per decidere di intraprendere un qualsiasi tipo di attività fisica. Come abbiamo visto infatti oltre a giovare al nostro organismo, abbassare i nostri livelli di stress e prevenire molte delle patologie più pericolose per l’uomo, lo sport rappresenta anche un valido alleato per il benessere del nostro cervello, in modo particolare per la nostra memoria.

Dieta mediterranea e sport per aumentare la fertilità maschile

La fertilità è un argomento molto importante per tutti gli uomini. La sfera dei fattori che potrebbero influenzare la fertilità maschile è così ampia e complessa che sicuramente non può essere circoscritta solamente all’ambito alimentare ma occorre approfondirne, con l’aiuto di medici specialistici, le cause per poi scegliere la terapia da adottare. Fatta questa importante e doverosa premessa va però detto che una giusta alimentazione, composta da specifici alimenti, può migliorare sensibilmente la salute degli spermatozoi nell’uomo, e di conseguenza aumentare il suo tasso di fertilità.

Stando infatti alle parole dell’urologo Alessandro Palmieri, operante al policlinico universitario Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di Andrologia: “La dieta mediterranea aumenta dal 72 al 95 per cento la quota di spermatozoi sani e di elevata qualità”, e per fare un esempio specifico aggiunge: “Il caffè? È sbagliato considerarlo un problema. Se ne possono bere fino a tre al giorno: in questo modo si contribuisce a ridurre fino a un terzo il rischio di soffrire di disfunzione erettile”.

Un’alimentazione per futuri padri

Quali sono allora gli alimenti maggiormente consigliati per combattere il fenomeno del calo della fertilità negli uomini? Stando alle parole di Fabrizio Scroppo, andrologo dell’ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese: “La buona notizia è che sul versante dell’alimentazione non sono previste rinunce. I cibi alleati per i futuri papà sono soprattutto gli alimenti ricchi di antiossidanti, che combattono i radicali liberi responsabili di danni al DNA degli spermatozoi”.

Si consigliano quindi alimenti come agrumi, pomodori, carote e ortaggi a foglia verde che hanno un ruolo molto importante per la produzione di spermatozoi sani e mobili. Sono ottimi alleati in questo senso anche uova, fagioli, latticini scremati e frutta secca a causa del loro elevato contenuto  di  zinco che evita l’agglutinazione degli spermatozoi e ne migliora il movimento. Anche il pesce, ricco di Omega 3, migliora la qualità del seme. Volendo volgere lo sguardo al di fuori della dieta mediterranea, come dice lo stesso dottor Scroppo: “Qualche incursione è concessa con l’avocado, che favorisce l’equilibrio ormonale, o con le ostriche che grazie allo zinco promuovono la produzione di testosterone”.

Fare attività fisica

Come già anticipato, oltre ad una sana alimentazione, per migliorare la fertilità maschile, l’attività fisica gioca un ruolo chiave. Come spiega il dottor Andrea Salonia, urologo e andrologo e direttore dell’Urological Research Institute dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano: “Una regolare attività fisica migliora la qualità dello sperma e dell’erezione“. Oltre a questo, un altro importante consiglio per migliorare la fertilità del proprio apparato riproduttore riguarda lo stop al fumo ( basti pensare che più di dieci sigarette al giorno contribuiscono a ridurre la concentrazione e la mobilità degli spermatozoi, oltre che ad aumentare di un terzo il rischio di disfunzione erettile).

Iniziare un’attività fisica: alcuni consigli

I motivi che spesso ci spingono ad iniziare un’attività fisica sono molteplici e di varia natura. Una delle motivazioni principali è sicuramente quella estetica (si fa sport per migliorare il proprio aspetto fisico ed apparire belli a se stessi e agli altri). Poi c’è chi fa sport per passione, perché la considera un’attività che oltre a far bene al corpo, è fondamentale anche per il benessere della propria mente (ad esempio il ciclismo, il nuoto o anche le arti marziali). Ci sono poi, ancora, quelle persone che amano fare sport per essere in contatto con gli altri e fare gioco di squadra (l’esempio classico è quello del calcio, ma anche basket pallavolo ecc…).

Non tutte le tipologie di sport però sono adatte a qualsiasi individuo. Occorre infatti, prima ancora di cimentarsi in una qualsivoglia attività fisica, valutare bene le proprie scelte, avere un’idea chiara di che tipo di percorso si vuole intraprendere, quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere, ma soprattutto è fondamentale conoscere il proprio corpo e le proprie possibilità fisiche.

Chi ha problemi di salute infatti, o semplicemente vuole fare attività fisica per stimolare maggiormente il proprio metabolismo, può ritenersi soddisfatto con 30 minuti di attività al giorno. Chi invece ha l’obiettivo di ottenere risultati dal punto di vista di prestazione atletica e fisica, deve dedicare alla fase dell’allenamento almeno 60 minuti, e se è possibile tutti i giorni.

Le varie tipologie di sport

Gli sport aerobici come ciclismo, corsa, nuoto e canottaggio, sono ottimi per chi ha l’obiettivo di perdere peso. In particolare nuoto e ciclismo sono gli sport più adatti per chi si trova in particolare sovrappeso, a differenza della corsa che, nonostante faccia bruciare molte più calorie in molto meno tempo e si tratti di uno sport quasi a costo zero dal punto di vista economico, può risultare più traumatica per un individuo con molti chili in eccesso, oltre che demotivante. Per quanto riguarda gli sport anaerobici invece, come tennis, basket, calcetto, pallavolo, o qualsiasi altro sport di squadra, sono meno adatti al dimagrimento in quanto non permettono un consumo elevato di grasso corporeo. Nonostante questo risultano tra gli sport più divertenti e praticati in quanto favoriscono le relazioni sociali e contribuiscono ad instaurare un legame forte con le altre persone, specie se fanno parte della propria squadra.

Qualunque siano le motivazioni, qualunque sia lo sport o in generale l’attività fisica che decidete di praticare, è importante farlo con costanza, attenzione e soprattutto con passione. Seguendo queste linee guida, con un po’ di pazienza, e affiancando all’attività fisica anche una sana e corretta alimentazione, i risultati non tarderanno ad arrivare, e con questi anche la vostra soddisfazione personale e il vostro benessere psico-fisico.

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