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Dieta vegana in gravidanza e nell’infanzia ok, se ben pianificata

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Scelta da sempre più persone, per se stesse e per i propri familiari, per ragioni ideologiche o convinzioni salutistiche; osteggiata da altrettante, che la ritengono una moda alimentare inutile o addirittura dannosa. La dieta vegana, non c’è dubbio, fa discutere e, in molti casi, anche i medici e i nutrizionisti sono tutt’altro che concordi sull’opportunità o meno di consigliarla o scoraggiarla, in generale o in specifici sottogruppi di persone.

A suscitare i maggiori dubbi e le più accese dispute è la scelta di alcune donne di non tradire i dettami dietetici vegani neppure durante la gravidanza e l’allattamento e di proporre lo stesso stile alimentare ai figli fin dallo svezzamento. Comportamento da taluni considerato lecito e da molti altri irresponsabile, in considerazione del rischio di deficit nutrizionali anche gravi (e conseguenti danni alla salute) derivanti dalla mancata assunzione di qualunque alimento di origine animale. Il problema è: chi ha ragione?

Per cercare di mettere ordine in un ambito in cui le opinioni pullulano, ma le evidenze scientifiche attendibili sono scarse, poco note o non correttamente interpretate, un panel di esperti italiani della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana (SSVN) ha da poco pubblicato un documento di consenso contenente alcune importanti raccomandazioni per strutturare una dieta vegana sana e bilanciata, adatta anche alla donna durante gravidanza/allattamento e in età pediatrica.

Le indicazioni fornite dagli esperti sono quanto mai ragionevoli, al punto da apparire quasi scontate, ma banalizzarle e non seguirle comporta rischi seri. Quindi, se si sceglie di essere vegani sempre e comunque, meglio imparare a strutturare l’alimentazione quotidiana con il supporto di un nutrizionista esperto e, nel caso dei bambini, anche del pediatra.

Un primo aspetto da considerare riguarda l’apporto calorico complessivo e dei singoli nutrienti, che deve essere sufficiente e bilanciato alle necessità individuali. Contrariamente a quanto molti pensano, assumere proteine “complete” non è un problema, se ci si abitua ad abbinare sempre cereali e legumi e se si consumano “pseudocereali” (come quinoa, amaranto) e gli innumerevoli prodotti proteici di derivazione vegetale (tofu, tempeh, natto, latte di soia, seitan ecc.) disponibili in commercio.

Oltre che di proteine, i derivati della soia sono anche una buona fonte alternativa di calcio (essenziale per il metabolismo osseo), che può essere assunto in quantità adeguata anche mangiando spesso cavoli, broccoli, cime di rapa, arance, fichi, mandorle e altra frutta secca, e bevendo almeno 2 litri al giorno di un’acqua che ne sia abbastanza ricca (300-350 mg/litro).

Il calcio può essere utilizzato dall’organismo soltanto in presenza di vitamina D, sostanzialmente assente nella dieta vegana, ma prodotta dalla pelle esposta al sole: basta esporre viso, braccia e gambe per 15 minuti al giorno senza protezione solare (evitando le ore più calde) per ottenerne una quantità sufficiente. Nei mesi freddi, se necessario, su consiglio del medico si può ricorrere anche a integratori.

I vegani devono essere consapevoli che i soli alimenti vegetali non sono in grado di assicurare il necessario apporto di vitamina B12 (presente esclusivamente in alimenti di origine animale e lieviti). Soprattutto durante la gravidanza/allattamento e nell’infanzia è, quindi, consigliabile assumere integratori alimentari contenenti questa vitamina, essenziale per la sintesi dei globuli rossi e per la funzionalità del sistema nervoso. Gli acidi grassi omega-3, importanti per il sistema nervoso e le difese immunitarie, sono invece forniti da mandorle, semi e olio di lino e semi di chia, e potranno essere ulteriormente integrati con preparati mirati.

Lo iodio può essere assunto in quantità sufficiente (circa 100 mg/die nel bambino; 150 mg/die nell’adulto e 200 mg/die in gravidanza) semplicemente usando sale iodato al posto del comune sale da cucina, mentre per assimilare meglio il ferro presente nei vegetali (spinaci, cavoli, broccoli, fagioli, lenticchie ecc.) è necessario abbinare questi cibi a una fonte di vitamina C (limone o altri agrumi, peperoni, pomodori freschi o secchi, frutti di bosco, kiwi ecc.). La donna vegana in età fertile deve, però, monitorare regolarmente possibili deficit di ferro e, se presenti, ricorrere a integratori, concordati con il medico.

Fonte: Baroni L et al. Vegan Nutrition for Mothers and Children: Practical Tools for Healthcare Providers. Nutrients 2019;11:5. doi:10.3390/nu11010005 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6356233/)

 

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