Gli eccipienti, vale a dire le sostanze “biologicamente inerti” aggiunte a un farmaco per migliorarne sapore, colore, efficienza di assorbimento, modalità e tempi d’azione nell’organismo, sono generalmente ritenuti sicuri e innocui per chi li assume, a seguito degli esiti favorevoli di innumerevoli test condotti nel corso di decenni e dall’esteso uso in pratica clinica.
Tuttavia, ciò che vale per molte persone non vale per tutti. Una recente ricerca condotta in collaborazione tra due prestigiosi centri di ricerca statunitensi, il Massachusetts Institute of Technology e il Brigham and Women’s Hospital – Harvard Medical School di Boston, indica infatti che molti dei composti teoricamente “inattivi” contenuti in una compressa, in una capsula, in una polvere effervescente o in uno sciroppo possono, in realtà, essere all’origine di intolleranze, reazioni allergiche e da ipersensibilità in pazienti suscettibili.
Nella maggioranza dei casi non si tratta di reazioni gravi, limitandosi spesso a mal di testa, disturbi gastroenterici, prurito o altre manifestazioni dermatologiche. Tuttavia, questi inconvenienti possono indurre a interrompere o ad assumere in modo discontinuo un trattamento necessario (riducendone l’efficacia) oppure possono peggiorare la malattia di base che dovrebbero curare, soprattutto nelle persone più fragili e debilitate o che devono assumere molti farmaci diversi contemporaneamente, come gli anziani.
Per esempio, un eccipiente che causa disturbi gastroenterici come nausea o diarrea può impedire di alimentarsi in modo adeguato o di assorbire i nutrienti necessari a livello intestinale, mentre un composto “inattivo” che induce prurito notturno può ostacolare il riposo e promuovere stanchezza e senso di malessere durante il giorno.
Purtroppo, benché tutte le sostanze contenute in un farmaco siano elencate per legge nel foglietto illustrativo, non è così semplice né per chi lo assume né per il medico che lo prescrive avere una piena consapevolezza dei rischi associati, dal momento che i dosaggi dei singoli eccipienti non sono segnalati e che molti composti diventano potenzialmente dannosi soltanto in seguito ad accumulo in caso di uso continuativo e non dopo una o poche assunzioni.
Inoltre, per gran parte dei farmaci contenenti gli stessi principi attivi (ossia i composti realmente dotati di attività terapeutica) esistono innumerevoli formulazioni differenti, contenenti mix di eccipienti diversi, che si sono ulteriormente moltiplicate dopo l’introduzione dei farmaci equivalenti. Come risolvere la situazione?
Secondo i ricercatori, bisogna agire soprattutto su due fronti: a livello di aziende farmaceutiche, si dovrebbe cercare di sviluppare nuove formulazioni dei medicinali in uso, ponendo la massima attenzione a evitare gli eccipienti non necessari potenzialmente allergizzanti/sensibilizzanti (coloranti, aromi, lattosio, glutine, lecitine, zuccheri FODMAP ecc.); a livello legislativo, obbligando a indicare con maggiore precisione tutti gli eccipienti usati nei foglietti illustrativi.
Un terzo aspetto non meno importante riguarda l’impiego razionale e consapevole dei farmaci da parte dei pazienti, che dovrebbero ricorrere a medicinali di qualunque tipo (da banco o da prescrizione) soltanto nei casi di effettiva necessità, rispettando le indicazioni fornite dal medico o presenti sul foglietto illustrativo in merito a tempi e dosaggi e riportando al medico o al farmacista ogni reazione avversa non prevista, per permettere una farmacovigilanza più puntuale.
Fonte
Reker D et al. “Inactive” ingredients in oral medications. Science Translational Medicine 2019;11(483):eaau6753. doi10.1126/scitranslmed.aau6753 (http://stm.sciencemag.org/content/11/483/eaau6753.abstract)