Il glaucoma è stato definito il “ladro silenzioso della vista”. Tale definizione evidenzia l’aspetto subdolo ed ambiguo di una malattia degenerativa che colpisce il nervo ottico.
Nel glaucoma come in tutte le malattie croniche e, soprattutto al loro esordio, asintomatiche o paucisintomatiche, il soggetto si trova a fare i conti con un “ospite” (la malattia appunto) inaspettato e non gradito, ma che per di più diventerà suo “compagno di vita”.
La persona a cui viene fatta una diagnosi dovrebbe infatti primariamente essere accompagnata ed aiutata ad adattarsi ad un nuovo stato, fisico e psicologico, ad adottare nuovi stili di vita e ad integrare la malattia nella propria identità.
Le prime inevitabili reazioni sono di incredulità e rifiuto, con l’emergere di sentimenti di rabbia, tristezza o paura.
Queste sono reazioni comuni e normali che però sono e devono restare transitorie, non strutturarsi cioè come elementi permanenti e costitutivi del funzionamento psichico. Per questo necessitano di riconoscimento ed elaborazione.
L’”ospite” rappresentato dalla malattia infatti impone una ridefinizione dell’immagine di sé, dei limiti e dell’identità personale. Del resto l’identità, lo ricordiamo, non è un concetto statico, un punto di arrivo stabile e fissato una volta per tutti ma è il prodotto di un continuo cambiamento determinato da fattori interni o esterni quali il tempo, le occasioni, le scelte e, perchè no… le malattie!
Inoltre essendo gli occhi un organo fondamentale nelle scelte di movimento, nell’apprendimento, nel controllo della realtà e in tante altre funzioni quotidiane il glaucoma può comportare un notevole fardello in termini di conseguenze esistenziali.
Ne possono derivare infatti:
- Effetti depressivi come conseguenza della ridotta autosufficienza nella vita domestica e nei rapporti sociali.
- Insofferenza per una terapia a volte molto articolata, basata sulla somministrazione di diversi principi attivi in contemporanea, magari con diverse assunzioni giornaliere
- Sfiducia in seguito all’uso di famaci che nel tempo perdono la loro efficacia o che presentato effetti collaterali.
- Stress psicologico collegato a ripetuti e periodici accertamenti, alcuni dei quali ansiogeni anche perché di tipo prestazionale (es. il campo visivo).
L’approccio diagnostico e terapeutico è principalmente volto a controllare ed arginare i valori della pressione interna dell’occhio e a verificare le capacità del campo visivo.
Accanto a questo nell’attualità si è orientati a dare particolare attenzione allo stile di vita e al livello di equilibrio psicologico dei pazienti, dal momento che è ormai acquisito come la salute psicologica del paziente produca risultati positivi nella cura e nella terapia e, in special modo come nelle malattie croniche, il paziente sia il miglior medico di se stesso e sia fondamentale la sua partecipazione ed aderenza al piano terapeutico.
Pertanto l’opera di chi cura dovrebbe sviluppare una specifica attenzione a favorire nel paziente l’adattamento e l’accettazione di una nuova condizione di vita, oltre a fornire una informazione di base dettagliata sulla malattie che aumenti la consapevolezza e fornisca maggiori capacità di governare la malattia.