Quando si parla di pelle si fa presto a ricondurre l’invecchiamento alla semplice comparsa di alterazioni macroscopiche: tutti i segni del passare degli anni sono invece frutto di fenomeni alquanto articolati e molto più complessi di quanto si potesse pensare fino a qualche tempo fa.
Due sono le tipologie di invecchiamento cutaneo: il Chronoaging, dovuto al passare del tempo, e il Photoaging, legato agli effetti dannosi sul genoma e sulle strutture cellulari della pelle dell’esposizione alla radiazione solare.
Per quanto riguarda il Chronoaging sono determinanti i radicali liberi, derivati dell’ossigeno molto reattivi che possono danneggiare varie strutture cellulari, dalle membrane alle proteine al materiale genetico. Relativamente al photoaging va ricordato che “gli UVB sono radiazioni con bassa lunghezza d’onda, molto energetiche, che interagiscono direttamente con il DNA, promuovendo invecchiamento e tumori, gli UVA sono radiazioni a lunghezza d’onda più lunga, meno energetica, ma in grado di penetrare in profondità nella pelle, con un’azione genotossica indiretta tramite la formazione dei radicali liberi e gli UVC sono molto energetici ma frenati dallo strato di ozono” osserva Edoardo Zattra, responsabile dell’Ambulatorio di Dermatologia presso l’Ospedale Sant’Antonio a Padova in occasione del 24° Congresso Mondiale di Dermatologia, svoltosi a Milano dal 10 al 15 giugno.
La ricerca ha compiuto notevoli progressi e si è focalizzata sul ruolo dell’infiammazione, coniando il termine “inflamm-aging”. “L’infiammazione acuta rappresenta un meccanismo difensivo attraverso cui l’organismo cerca di contrastare temporaneamente situazioni di pericolo senza lasciare conseguenze nel nostro organismo” precisa Zattra. L’inflamm-aging, anche se apparentemente priva di sintomi, può promuovere l’insorgenza di danni a cellule a tessuti. La condizione che più richiede attenzione è naturalmente la persistenza, o meglio la cronicizzazione, dell’infiammazione, che si verifica, per esempio, in alcune malattie quali dermatite atopica o psoriasi. Un’infiammazione di basso grado e protratta è insomma la vera insidia. Da questa concezione più recente dell’invecchiamento cutaneo scaturiscono due riflessioni. Innanzitutto l’invecchiamento non è più considerato come un fattore autonomo e ineluttabile ma come un processo fortemente imperniato sull’infiammazione, che evoca curiose analogie con numerose condizioni degenerative, quali ateroclerosi, diabete e degenerazione maculare senile. In secondo luogo è necessario rivedere le strategie per contrastare l’invecchiamento, che devono avvalersi non soltanto di specifici preparati topici ma anche di integratori, da assumere a dosaggio adeguato e per congruo intervallo di tempo, e dell’adozione di un corretto stile di vita. Una molecola promettente è l’isopalmide: si tratta di un nuovo endocannabinoide sintetico, appartenente a una nuova classe di cosmetici attivi nella regolazione dell’inflamm-aging. Studi condotti sui centenari, ancora sani e senza malattie gravi nonostante l’età avanzata, hanno evidenziato livelli significativi di marcatori pro-inflamm-aging insieme ad un alto livello di mediatori anti-infiammatori, suggerendo che “l’invecchiar bene” non è correlato all’assenza di infiammazione ma ad un equilibrio favorevole tra fattori infiammatori e anti-infiammatori.