Spiegare meglio al medico l’impatto dei sintomi della malattia reumatica sul riposo notturno è importante per ottimizzare la terapia e migliorare la qualità di vita.
La gotta è una malattia reumatica caratterizzata dal deposito di cristalli di acido urico all’interno delle articolazioni, che porta allo sviluppo di un’artrite infiammatoria cronica associata ad attacchi acuti ricorrenti estremamente dolorosi. Le terapie disponibili, unite ad alcuni accorgimenti dietetici e di stile di vita, permettono di ridurre la frequenza degli attacchi e di attenuare i sintomi della malattia quando si manifestano, ma non di eliminarli completamente.
Chi ne soffre, quindi, deve fare spesso i conti con dolore, bruciore e gonfiore, generalmente molto intensi e associati alla sostanziale impossibilità di muovere e utilizzare le articolazioni interessate (soprattutto, polsi/mani, gomiti, ginocchia o caviglie/piedi), sia durante il giorno sia durante la notte, per periodi che possono superare le 1-2 settimane.
Un recente studio condotto presso l’Università dell’Alabama (Stati Uniti) ha verificato che, oltre al disagio causato dalla malattia nella vita quotidiana, la maggioranza dei pazienti con gotta sperimenta anche una seria compromissione del sonno notturno, con tutto ciò che ne deriva in termini di stanchezza residua, nervosismo, calo delle prestazioni fisiche e intellettive durante il giorno. Come se non bastasse, poi, la deprisonno notturnoazione di sonno aumenta la sensibilità al dolore, peggiorando ulteriormente i fastidi. Insomma: un cane che si morde la coda e che può arrivare a farsi molto male, se l’interferenza sfavorevole tra dolore e sonno non viene prevenuta o, almeno, disinnescata precocemente.
Il primo passo per farlo è ottimizzare la terapia farmacologica di base e quella antinfiammatoria e antalgica indispensabile in caso di riacutizzazioni di gotta, ma da solo non basta. Lo stesso studio avverte, infatti, che non sono soltanto il dolore fisico e l’impossibilità di assumere una posizione confortevole a letto a impedire ai pazienti di dormire sonni tranquilli.
A interferire con l’addormentamento e a causare frequenti risvegli sono anche l’ansia e la depressione conseguenti alla preoccupazione per i sintomi dell’attacco acuto e per il fatto di soffrire di una malattia cronica “capricciosa” e imprevedibile, la necessità di alzarsi spesso per andare in bagno a urinare, gli effetti collaterali dei farmaci prescritti per controllare la malattia reumatica e, in una quota di pazienti, l’interferenza della gotta con la possibilità di gestire efficacemente la sindrome delle apnee ostruttive.
Secondo i ricercatori, per compensare tutti questi aspetti serve un approccio “allargato” che tenga conto dell’insieme dei disturbi sperimentati dal paziente e che preveda rimedi mirati in grado di alleviarli. A questo scopo, è indispensabile che i medici indaghino attivamente tutte le possibili criticità associate agli attacchi acuti di gotta e alle reazioni individuali ai farmaci prescritti, ma se non lo fanno devono essere i pazienti a segnalare con precisione tutti i sintomi fisici e psichici che provano, durante il giorno e durante la notte, e le loro variazioni nel tempo. Con un po’ di impegno da parte di entrambi e l’aderenza alle terapie prescritte la situazione migliorerà sicuramente.
Fonte
Singh JA et al. Any sleep is a dream far away: a nominal group study assessing how gout affects sleep. Rheumatology 2018;57(11):1925-1932. doi:10.1093/rheumatology/kex535