Da alcuni anni, nei Paesi occidentali, il numero globale dei fumatori sta progressivamente diminuendo. Ed è una buona notizia. Purtroppo, però, questo trend favorevole non riguarda le donne, che iniziano a fumare sempre più spesso e riescono a smettere con notevoli difficoltà. La recente diffusione delle sigarette elettroniche, falsamente percepite come innocue, non aiuta certo a migliorare la situazione, a meno che non siano effettivamente usate come supporto transitorio alla disassuefazione dal fumo.
Il fenomeno non è irrilevante perché, come ben noto, il fumo danneggia la salute su molti fronti e quella femminile in modo particolare: sul piano respiratorio, cardiovascolare, ormonale, oncologico e della vita riproduttiva. Un recente studio condotto presso il Brigham and Women’s Hospital – Harvard Medical School di Boston (Stati Uniti) aggiunge un’ulteriore buona ragione per cui le donne dovrebbero evitare del tutto il fumo o cercare di abbandonarlo al più presto: ridurre il rischio di sviluppare artrite reumatoide.
L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica con base immunitaria che colpisce le articolazioni (soprattutto quelle di mani e piedi), causando dolorose infiammazioni periodiche e degenerazione delle cartilagini e delle superfici ossee articolari e determinando, con il tempo, l’insorgenza di dolore persistente e deformità invalidanti. Per ragioni ancora da chiarire, a prescindere dal fatto di fumare o meno, le donne tendono a essere maggiormente interessate dalla malattia rispetto agli uomini, soprattutto a partire dai 45 anni.
Da sempre, il fumo è fortemente sconsigliato a chi soffre di malattie infiammatorie croniche o che comportano un’attivazione autoimmune (come il lupus eritematoso sistemico o la sclerosi multipla) perché la sua azione ossidante e pro-infiammatoria facilita l’insorgenza di riacutizzazioni, con tutto ciò che ne consegue in termini di sintomi ed evoluzione sfavorevole del quadro clinico (danni a organi e tessuti e sviluppo di disabilità a vari livelli).
Le nuove evidenze fornite dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital – Harvard Medical School confermano l’impatto fortemente negativo del fumo nella popolazione femminile, assegnandogli il ruolo di sicuro e cruciale fattore di rischio per l’insorgenza dell’artrite reumatoide. Analizzando i dati relativi a oltre 230mila donne incluse nelle coorti di due studi precedenti, il Nurses’ Health Study (NHS, 1976‐2014) e il NHSII (1989‐2015), i ricercatori hanno rilevato che, rispetto alle donne che non avevano mai fumato, le fumatrici avevano una probabilità maggiore di circa il 50% di essere interessate da artrite reumatoide, principalmente nella “forma sieropositiva” (+67%), ossia caratterizzata dalla presenza di Fattore reumatoide nel sangue (principale marker della malattia).
Altre due osservazioni hanno contribuito ad avvalorare questa indicazione: innanzitutto, il rischio delle donne di sviluppare artrite reumatoide era tanto più alto quanto maggiore era il numero di sigarette mediamente fumate; in secondo luogo, la probabilità di sviluppare la malattia diminuiva con l’aumentare degli anni trascorsi dal momento in cui le donne erano riuscite a smettere definitivamente di fumare. In particolare, rispetto a chi aveva abbandonato il fumo da meno di 5 anni, chi aveva smesso da oltre 30 anni aveva un rischio di sviluppare artrite reumatoide inferiore del 40%, benché comunque ancora un po’ più elevato di chi non aveva mai fumato (+25%).
Fonte: Xinyi Liu et al. Impact and timing of smoking cessation on reducing risk for rheumatoid arthritis among women in the Nurses’ Health Studies. Arthritis Care and Reasearch 2019; doi:10.1002/acr.23837 (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/acr.23837)