I principi di base accettati nella nostra tradizione culturale sono: il rispetto della persona, il principio di beneficienza, il principio di non maleficenza, l’equità e la giustizia.
Il rispetto della persona
Il rispetto della persona comprende almeno due fondamentali convincimenti di natura etica: in primo luogo che gli individui devono essere trattati come agenti autonomi; in secondo luogo, che le persone la cui autonomia è diminuita hanno diritto ad essere protette. Il principio del rispetto delle persone, si divide quindi in due esigenze morali distinte: riconoscere l’autonomia e proteggere coloro la cui autonomia è diminuita. Una persona autonoma è un individuo capace di riflettere sui suoi obiettivi personali. Rispettare l’autonomia significa dare peso alle opinioni ed alle scelte deliberate dalle persone autonome, astenendosi dall’ostacolare le loro azioni. Mancare di rispetto nei confronti di una persona autonoma significa negare valore ai giudizi ponderati, rifiutargli la libertà individuale di agire, oppure rifiutare di fornirgli l’informazione necessaria per formulare un giudizio. Tuttavia, non tutti gli esseri umani sono capaci di autodeterminazione. Alcune persone, perdono questa capacità del tutto o in parte, come abbiamo visto precedentemente, a causa di una malattia o dell’incapacità mentale.
Il rispetto degli immaturi e degli incapaci esige che li si protegga lungo tutto il processo di maturazione e finché restano in stato di incapacità.
Il principio di beneficenza
Per trattare le persone in modo morale, bisogna non solo rispettare le loro decisioni e proteggerle contro ogni danno, ma anche sforzarsi di assicurare loro il benessere. Tuttavia, bisogna conoscere la causa di un danno se lo si vuole evitare; e nel cercare questa causa le persone potrebbero essere esposte al rischio di ricevere qualche danno.
Il principio di non maleficenza
Questo principio si esprime nel non recare intenzionalmente danno. Ma, come tutti gli altri, questo principio non ha validità assoluta, quindi non necessariamente è connesso con la difesa della vita, ma è compatibile anche con giudizi intorno alla qualità della vita, per quanto questa nozione sia problematica ed ambigua.
Equità e giustizia
Che cosa spetta a ognuno?
Si ha ingiustizia quando un beneficio a cui la persona ha diritto le è rifiutato senza una ragione valida. Tale principio si riconnette al diritto al consenso informato. La persona assistita ha il diritto a ricevere preventivamente un’informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura dell’intervento, nonché alle sue conseguenze ed ai suoi rischi. La persona interessata può liberamente ritirare il proprio consenso in qualsiasi momento. Solamente il paziente informato sa cosa sia bene per lui.
Carta dei diritti del neonato prematuro
Il 22 settembre 2010, il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, ha presentato all’Assemblea Generale dell’Onu la Strategia Globale per la Salute delle Donne e dei Bambini in occasione della quale ha esortato alla necessità di un impegno congiunto.
L’Italia è stata la prima a rispondere a quest’appello con la presentazione, il 21 dicembre 2010, in Senato del “Manifesto dei diritti del bambino prematuro”, frutto dell’impegno di un team multidisciplinare composto da neonatologi, ginecologi e associazioni di genitori.
Il Manifesto contiene la “Carta dei diritti del bambino nato prematuro”, promossa da Vivere
Onlus, il coordinamento nazionale delle associazioni per la neonatologia. Questo decalogo rappresenta un importante approdo giuridico per tutti i bambini e per i diritti della persona, oltre che per i diritti del neonato prematuro. Essa è frutto dell’associazionismo, tra istituzioni pubbliche e private oltre che a livello familiare.
In questa sede, potremmo considerare la sua emanazione, il frutto di un impegno di advocacy di giustizia sociale. Infatti tale Carta nasce dall’esigenza di tutelare persone silenti, come i neonati prematuri. Con tale locuzione si vuole intendere un neonato ad alto rischio perinatale perché nato prima del completamento della 37° settimana di gestazione. La nascita pretermine impedisce a molti organi di raggiungere la maturazione fisiologica necessaria per affrontare l’ambiente extra uterino.
Questa carta nasce dall’esigenza di far riconoscere dalle istituzioni il diritto prioritario dei neonati prematuri, di usufruire, nell’immediato e nel futuro del massimo livello di cure congrue alla loro condizione. Quanto stabilito in tale Carta, concerne anche i diritti del neonato con patologie richiedenti ricovero.
L’art. 1 recita: “Il neonato nato prematuro deve, per diritto positivo, essere considerato persona”. Il neonato prematuro non è un paziente o un soggetto ma pienamente persona e dunque “in relazione”, non a caso nella Carta si insiste molto sulle relazioni. Il bambino prematuro, anche se nell’incubatrice, attaccato a tubicini ed altro, è e deve essere considerato “persona”.
L’art. 2 recita “Tutti i bambini hanno diritto di nascere nell’ambito di un sistema assistenziale che garantisca loro sicurezza e benessere, in particolare nelle condizioni che configurino rischio di gravidanza/parto/nascita pretermine, di sofferenza feto-neonatale e/o di malformazioni ad esordio postnatale”. Questo articolo riguarda tutti i bambini e rappresenta un monito per tutta la società odierna che offre benessere ma difficilmente è in grado di offrire sicurezza.
L’art. 3 recita: “Il neonato prematuro ha diritto ad ogni supporto e trattamento congrui al suo stato di salute e alle terapie miranti al sollievo dal dolore. In particolare ha diritto a cure compassionevoli e alla presenza e all’affetto dei propri genitori anche nella fase terminale”. Ci preme sottolineare la percezione multidimensionale del dolore e della persona, che si evince dall’uso delle espressioni “sollievo dal dolore” e “cure compassionevoli”. L’espressione conclusiva “anche nella fase terminale”, è indicativa della tutela della vita fino al suo termine.
L’art. 4 recita: “Il neonato prematuro ha diritto al contatto immediato e continuo con la propria famiglia, dalla quale deve essere accudito. A tal fine nel percorso assistenziale deve essere sostenuta la presenza attiva del genitore accanto al bambino, evitando ogni dispersione tra i componenti il nucleo familiare”. In questo articolo si mette in risalto, il ruolo del nucleo familiare nella sua interezza, non relegando solo alla madre un ruolo significativo nella crescita e nell’assistenza prestata al suo bambino. Ciò significa che sono fondamentali, non solo per il neonato prematuro ma per ogni bambino, la coppia genitoriale e le loro relazioni. Di ogni singolo genitore va accentuato il ruolo e la funzione nell’equilibrio familiare. In quest’articolo, inoltre, si fa riferimento al concetto di “contatto”, inteso come fisico e psicologico e al concetto di continuità che si riconnette, anche etimologicamente al concetto di “contenimento” ovvero di holding.
L’art. 5 recita: “Ogni neonato prematuro ha diritto ad usufruire dei benefici del latte materno durante tutta la degenza, e non appena possibile, di essere allattato al seno della propria mamma. Ogni altro nutriente deve essere soggetto a prescrizione individuale quale alimento complementare e sussidiario”. Quest’articolo richiama l’attenzione sull’estrema eterogeneità della situazione ospedaliera in Italia, in quanto ci sono ospedali che praticano la “marsupioterapia” (così chiamata perché il neonato è posato sul petto della mamma) e altri ospedali dove, invece, i genitori possono avvicinarsi all’incubatrice solo per un paio di ore al giorno.
L’art. 6 recita: “Il neonato prematuro ricoverato ha il diritto di avere genitori correttamente informati in modo comprensibile, esaustivo e continuativo sull’evolvere delle sue condizioni e sulle scelte terapeutiche”. In quest’articolo si pone in rilievo la considerazione del neonato come persona ponendosi come contrasto alla depersonalizzazione del malato.
L’art. 7 recita: “Il neonato prematuro ha il diritto di avere genitori sostenuti nell’acquisizione delle loro particolari e nuove competenze genitoriali”. Questo articolo mette in risalto la differenza tra generatività e genitorialità, ponendo l’accento sul fatto che la genitorialità sia frutto di una scelta consapevole, con una dimensione temporale
continuativa e non solo l’espressione di un proprio desiderio o bisogno, limitato nel tempo.
L’art. 8 recita: “il neonato prematuro ha diritto alla continuità delle cure post-ricovero, perseguita attraverso un piano di assistenza personale esplicitato e condiviso con i genitori, che coinvolga le competenze sul territorio e che, in particolare, preveda, dopo la dimissione, l’attuazione nel tempo di un appropriato follow-up multidisciplinare, coordinato dall’équipe che lo ha accolto e curato alla nascita e/o che lo sta seguendo”. Questo articolo mette in risalto il passaggio dalla medicina della “cura” a quella del “prendersi cura”.
L’art. 9 recita: “In caso di esiti comportanti disabilità di qualsiasi genere e grado, il neonato ha il diritto di ricevere le cure riabilitative che si rendessero necessarie ed usufruire dei dovuti sostegni integrati di tipo sociale, psicologico ed economico”. In quest’articolo si fa riferimento al dovere della solidarietà, così come sancito all’articolo 2 della nostra Costituzione.
L’art. 10 recita: “Ogni famiglia di neonato prematuro ha il diritto di vedere soddisfatti i propri speciali bisogni, anche attraverso la collaborazione tra Istituzioni ed Enti appartenenti al Terzo Settore”. In quest’articolo ci si concentra sull’efficacia degli interventi che vengono erogati.
Fonte: “I modelli Assistenziali intra-partum” di Mediserve, di Vittorio Artiola, Simona Novi, Salvatore Paribello, Ferdinando Pellegrino, Giuseppina Piacente, Andrea Vettori