The Lancet Journal ha pubblicato una recentissima review relativa all’impatto e al costo in termini psicologici derivanti dalla quarantena.
Sono stati presi in considerazione 24 lavori fatti tra il 2004 e il 2020 in vari paesi (Canada, Cina, Sud Corea, Svezia, Liberia, Taiwan) sugli effetti della quarantena adottata in occasioni di epidemie (SARS, Ebola, Influenza Equina) .
Sono stati esaminati gli effetti sintomatici della quarantena, gli elementi stressogeni ed i fattori che dovrebbero essere presi in considerazione per attutirne gli effetti negativi.
La quarantena rappresenta un’esperienza eccezionale e spiacevole: l’incertezza generalizzata e sullo stato di malattia, la limitazione della libertà, l’allontanamento dai propri cari e dalle proprie abitudini di vita, la noia possono indurre particolari reazioni psicologiche se non addirittura vere e proprie sintomatologie.
Si evidenziano quindi generalizzati disturbi psicologici (irritabilità, nervosismo, umore basso), difficoltà emotive (tristezza, paura, rabbia, confusione, colpevolezza) sintomi (insonnia, ansia, depressione, stress, sintomi post-traumatici da stress). In un numero basso sono segnalati suicidi ed azioni legali.
Di particolare interesse risulta il fatto che gli operatori sanitari posti in quarantena sembrano attivare comportamenti di evitamento, come la riduzione al minimo del contatto diretto con i pazienti.
Gli elementi che concorrono ad innalzare il livello di stress si possono così riassumere:
- prolungamento della quarantena (periodi di quarantena più lunghi sono maggiormente associati a sintomi di stress post-traumatico e a comportamenti di evitamento e rabbia
- informazioni inadeguate (le informazioni dovrebbero essere sempre improntate ad una logica chiara per evitare confusione sullo scopo della quarantena)
- paure di infezione (linee guida poco chiare e insufficienti sulle azioni da intraprendere sono associate ad ansia ed insicurezza. Le persone in quarantena infatti spesso temono di essere infettate o di infettare gli altri e valutano catastroficamente eventuali sintomi fisici))
- forniture inadeguate (sia in termini di presidi sanitari che di approvvigionamenti sono fonte di frustrazione e, anche dopo la fine della quarantena, sono associate ad ansia e rabbia)
- perdite finanziarie (le preoccupazioni finanziarie collegate con l’obbligata inattività rappresentano, anche diversi mesi dopo la fine della quarantena, una fonte di rabbia e di ansia
- stigmatizzazione (nel caso dell’epidemia di Ebola in Senegal ad esempio diversi operatori sanitari hanno riportato le tensioni nate nelle loro famiglia che, a seguito del coinvolgimento nella quarantena, hanno iniziato a considerare il loro lavoro troppo pericoloso)
- angoscia (conseguente a frustrazione e noia derivanti dal confinamento, dalla perdita di routine, dal ridotto contatto fisico e sociale, dal senso di isolamento dal mondo).
Un discorso specifico dovrebbe riguardare il disagio psicologico negli operatori sanitari in quarantena, anche se ci sono delle prove contrastanti sul fatto che questo gruppo sia a rischio più elevato di angoscia.
Se è vero che durante il periodo di quarantena l’effetto psicologico negativo non sorprende, il fatto che esso, anche se in un numero ristretto di studi, possa essere rilevato mesi o anni dopo è da prendere in considerazione. Questo per approntare, come parte integrante del processo di pianificazione della quarantena, le misure di mitigazione più efficaci.
La lunghezza della quarantena non dovrebbe modificarsi, anche una piccola estensione rischia di vanificare tutto l’impianto e di aumentare in maniera esponenziale la frustrazione e la demoralizzazione.
Le risorse dovrebbero essere garantite
Un servizio online dedicato e gestito da operatori sanitari che possa fornire istruzioni su cosa fare in caso di sviluppo di sintomi di malattia, aiuterebbe e rassicurerebbe le persone, abbassando sentimenti come paura, preoccupazione e rabbia.
Il lavoro da casa dovrebbe essere organizzato ed incentivato sia per evitare le angosce collegate con le perdite finanziarie, sia per evitare la noia.
Le persone in quarantena dovrebbero essere informate su cosa possono fare per evitare la noia e ricevere consigli pratici sulle tecniche di gestione dello stress e di coping, fornendo attività significative.
Possono essere utili gruppi di supporto specifici
E’ lecito pensare che le persone con una preesistente instabilità di salute mentale necessitino di un sostegno aggiuntivo durante la quarantena.
Per gli operatori sanitari sarebbe necessario uno specifico supporto da parte dei dirigenti per facilitare il loro ritorno al lavoro.
Fare appello all’altruismo e al vincolo sociale che lega una comunità serve comunque e sempre a dare senso ad una misura restrittiva e generalizzata come la quarantena.