La terapia biologica in pazienti con psoriasi grave si associa a miglioramenti significativi delle caratteristiche della placca coronarica, secondo una nuova ricerca coordinata da Nehal N. Mehta, del National Heart, Lung, and Blood Institute di Bethesda, negli Stati Uniti, e a pubblicata su Cardiovascular Research, una rivista della European Society of Cardiology.
La psoriasi grave si caratterizza per un rischio elevato di infarto miocardico precoce e tassi di malattia coronarica simili a quelli del diabete di tipo 2 e, nei pazienti che ne sono colpiti, l’entità della placca non calcificata è correlata in modo significativo sia con i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare che con la gravità della psoriasi.
Mehta e colleghi hanno caratterizzato la placca coronarica prima e dopo la terapia in 121 individui con psoriasi da moderata a grave. Di questi, 32 hanno ricevuto un trattamento topico e 89 una terapia biologica, di tre tipologie differenti: anti-TNF, anti-IL12/23 o anti-IL17.
Dopo un anno di follow-up, nei pazienti trattati con farmaci biologici i ricercatori americani hanno è riscontrato una riduzione del 5% della placca coronarica totale e anche della placca non calcificata, mentre in quelli che erano stati sottoposti a terapia topica non si sono avuti miglioramenti significativi. Anzi, in questi ultimi soggetti la coronaropatia ha fatto segnare una progressione, e una parte della componente fibrosa della placca si è convertita in grasso-fibrosa, segnalando un’infiltrazione lipidica le cui conseguenze sono ben note: la parete fibrosa si assottiglia e può arrivare a rompersi, aumentando i rischi della formazione di trombi.
I pazienti trattati con terapia biologica sono migliorati anche dal punto di vista dell’infiammazione sistemica, nonostante gli stessi autori raccomandino cautela e sollecitino studi più ampi e randomizzati.
Tuttavia l’ottimismo è giustificato anche perché il risultato si aggiunge a quello di una precedente ricerca, in cui si era visto che la terapia biologica aveva ridotto il rischio di un nuovo evento cardiovascolare nei soggetti che avevano già avuto un infarto miocardico.