La Medicina, solita com’è alle convenzioni e alle classificazioni, distingue le malattie in organiche e funzionali. Le prime sono quelle associate a un danno vero e proprio: è il caso, per esempio, della gastroenterite causata dall’infezione da parte di un batterio o di un virus, che si insedia nell’intestino dando luogo a diarrea. Le malattie funzionali, invece, nonostante la comparsa di sintomi talvolta anche intensi, sono caratterizzate dall’assenza di lesioni documentabili: la diarrea, per fare riferimento alla situazione poc’anzi ipotizzata (ma una considerazione del tutto analoga vale per la condizione diametralmente opposta, la stipsi), è scatenata o mantenuta da fattori non ben individuabili o quantificabili, come per esempio un particolare stato emotivo.
Disturbi funzionali gastrointestinali
Cosa sono dunque i disturbi funzionali gastrointestinali? Si possono definire come un insieme di sintomi ricorrenti o cronici, variabili per età, indipendenti da una malattia di base. Nei primi 2 anni di vita essi possono essere fisiologici, e cioè espressione di un normale sviluppo, come il rigurgito del lattante, oppure, in seguito, possono derivare da risposte comportamentali anomale a stimoli interni o esterni, come la stipsi funzionale causata da defecazione dolorosa.
Alla base dei disturbi funzionali gastrointestinali ritroviamo perciò fattori fisiologici, psicologici e socioculturali capaci di amplificare la percezione dei sintomi, che vengono vissuti come severi, invalidanti e gravati da importanti ripercussioni sulle attività quotidiane. Esempi di disturbi funzionali, oltre a quelli menzionati, sono: coliche, sindrome del vomito ciclico e dischezia (dolore al momento dell’emissione delle feci) nella prima infanzia, emicrania addominale, dispepsia funzionale e sindrome dell’intestino irritabile in età prescolare, scolare e adolescenziale.
Diagnosi e cura
Altri due elementi devono essere evidenziati: innanzitutto non ci sono indicatori diagnostici. In altre parole non esistono esami di laboratorio o parametri di riferimento per poter formulare la diagnosi, che si basa perciò su un insieme di sintomi il più obiettivi possibili. In secondo luogo la cura non può limitarsi ai farmaci ma richiede un approccio che tenga conto dei fattori genetici e di quelli ambientali (influenze familiari, eventi importanti sotto il profilo emotivo, infezioni e così via), che possono influenzare lo sviluppo psicosociale del bambino e causare una sua maggiore suscettibilità allo stress o a disfunzioni intestinali (alterata motilità, alterazione del sistema immunitario o ipersensibilità viscerale). Se per esempio un bambino soffre di diarrea funzionale la cura dovrà contemplare il ricorso non tanto a farmaci quanto a provvedimenti alimentari e soprattutto comportamentali, sia per il bambino sia per i suoi familiari.
Nella visione attuale, insomma, ogni disturbo intestinale merita di essere transcodificato non sotto la banale etichetta di un pretesto escogitato dal bambino per evitare una prova impegnativa, ma nella logica di un effetto più complesso derivante dall’interazione tra sfera organica e ambiente.