Non lasciatevi ingannare, i chiodi di garofano non hanno nulla a che fare con i fiori di cui portano il nome e nemmeno con il pimento, chiamato anche pepe garofanato. Il nome lo devono proprio alla loro forma: simile a quella di un chiodo, nella parte allungata, con la sommità che invece ricorda vagamente un garofano. È una droga (spezia) di origine asiatica, ‘misteriosamente’ arrivata in Europa, impiegata in cucina per la preparazione di dolci e piatti salati, cui si riconoscono anche proprietà terapeutiche fin dall’antichità.
Il nome scientifico. Popolarmente li conosciamo come chiodi di garofano, ma con il nome botanico ha poco a che fare. Infatti propriamente dovremmo chiamarli Eugenia caryophyllata oppure “Syzygium aromaticum”, Attorno al nome però c’è un po’ di mistero: infatti lo si fa derivare da Eugenio di Savoia Carignano, un Asburgo del XVIII sec. particolarmente dedito alle scienze, che così lo ha chiamato, come pure al fatto che questa spezia contenga eugenolo, un propenilfenolo che rappresenta fino all’80% dell’olio essenziale, estratto dalle foglie e che conferisce il particolare aroma forte, intenso e speziato, ma anche dolce e profumato. Qualità che hanno reso i chiodi di garofano protagonisti di molte ricette, di usi erboristici, in cosmetica e usi domestici.
Le origini. Sono orientali, si tratta infatti di una pianta della famiglia delle Myrtaceae, al pari del mirto sardo ad esempio, che si fa risalire alle “Isole delle spezie”: le Molucche, nell’Oceano Indiano. Queste furono a lungo sottoposte al dominio coloniale di portoghesi e olandesi, che imposero una sorta di monopolio e impedirono che questa preziosa spezia venisse riprodotta altrove. Verso la fine del 1800 le prime piante di chiodi di garofano iniziarono a essere esportate in luoghi esotici quali l’isola di Zanzibar, l’arcipelago delle Antille, le isole Mauritius. Oggi questa spezia è coltivata nelle aree tropicali di Sudamerica, Africa e Asia. In Italia, visto che ama i climi molto miti e riparati, è coltivabile in piena terra al Sud e a Nord in vaso. Ma c’è anche un’altra teoria che sostiene che i chiodi di garofano siano stati scoperti da Réunion da Pierre Poivre (1719-1786) e che li esportò nelle colonie perché fossero coltivato. Pare che giunsero e si diffusero in Europa nel IV-V secolo, solo dopo le crociate e fra le classi agiate: per secoli, come detto furono commercializzati in esclusiva da Olanda e Portogallo, finché i Francesi trafugarono alcune specie che piantarono nelle proprie colonie, rendendoli più accessibili a tutti.
L’aspetto. È un albero sempreverde di 10-15 m d’altezza dalla chioma rotonda, composta da foglie ovali-lanceolate di color rosso che crescendo tendono al verde cupo. Presentano, in trasparenza, numerosi puntini traslucidi, ricchi d’olio essenziale. Le infiorescenze, a pannocchia, sono composte ciascuna da 20-25 fiori color cremisi e giallo. I chiodi di garofano verrebbero ricavati proprio da questi boccioli, una volta raccolti (il periodo migliore è dopo la stagione delle piogge, quando i fiori sono rosa) e lasciati seccare al sole.
La diffusione. Diffusi in tutto l’Oriente, i primi utilizzi dei chiodi di garofano risalgono a 2200 anni fa, in Cina impiegati contro l’alitosi, mentre gli Egizi ne facevano uso per l’imbalsamazione. Le prime tracce in Occidente risalgono al XVIII secolo a.C. Gli antichi romani usavano questa spezia per le sue proprietà antisettiche, soprattutto per curare il mal di denti, mentre nel Medioevo era molto utilizzato come incenso. Furono gli olandesi e i belgi a sviluppare un metodo per ricavarne dell’olio essenziale, dal colore paglierino, molto amato dalla cosmesi. Bruciare i chiodi di garofano serviva a purificare una stanza dagli odori e, si dice, da tutte le negatività: questa credenza esiste ancora oggi.
Gli usi. Sono svariati: dalla preparazione di cibi a bevande, da prodotti a essenze per il corpo, fino a scopi pratici. Ecco cosa di può fare con i chiodi di garofano
- In cucina: Si presta per la preparazione di pietanze salate e dolci. Danno aroma a stufati e stracotti, ragù e salse di pomodoro, lingua e prosciutto, polpettoni e conserve di verdura. Fra le verdure possono essere usati steccare la cipolla, le carote ma anche il carré di maiale. Possono essere aggiunti nelle preparazioni in agrodolce, a verdure sott’olio, brodi e umidi di carne e pesce, o impiegati per aromatizzare formaggi stagionati o le marmellate da abbinarvi, per sterilizzare marinate e salmì o per dare un gusto speziato ad arrosti, insaccati. Avendo un gusto molto forte per dare profumo ai patti ne basterà solo uno. Fra le ‘dolcezze’, sono tra le spezie tipicamente invernali e utilizzate nel periodo di Natale utilizzati per aromatizzare frutta cotta, mele al forno, creme, dolci, strudel, panpepati e biscotti. Fra le bevande sono apprezzatisi per i vini e i liquori. In Italia ad esempio è largamente usato nel vin brûlé, per la preparazione del nocino o nei cocktail di frutta, nella preparazione di thè e infusi. Infine, dall’olio essenziale, ricavato dagli scarti di lavorazione, si può estrarre per sintesi la vanillina, utilizzata nelle preparazioni dolciarie.
- All’estero, in cucina: In America i chiodi di garofano sono usati per preparare il prosciutto cotto; in Gran Bretagna sono essenziali nel Christmas Pudding; in Germania si impiegano nel pane speziato; nei Paesi scandinavi profumano il pane, i biscotti e le torte alla frutta; in India fanno parte, assieme ad altre spezie, del Garam Masala (curry).
- In erboristeria e cosmesi per la preparazione di infusi, oli essenziali o anche deodoranti profumati per l’ambiente.
Usi pratici. Forse sono meno note le qualità dei chiodi di garofano ad uso domestico dove possono essere impiegati con vari scopi:
- Bruciati nel barbecue, nel caminetto o in un braciere, liberano nell’aria l’aroma che cancella i cattivi odori.
- Mezzo limone steccato nella parte tagliata con i chiodi di garofano tiene lontane le mosche per 2-3 giorni.
- Un’arancia intera steccata esternamente, avvolta in carta velina e lasciata seccare dentro una scatola o un cassetto per un mese, è un efficace antitarme, il cosiddetto pomander.
- Quattro-cinque chiodi o 10 gocce d’essenza posti nell’acqua, sostituendola ogni settimana, degli umidificatori del termosifone profumano l’aria.
- Qualche goccia d’olio essenziale di chiodi di garofano sparsa sulle zampe dei tavoli allontana i dentini dei cagnolini e le unghie dei gatti.
- Posizionati in una ciotola sono un ottimo deterrente per le farfalline da cibo mentre negli armadi tengono lontane le tarme oltre, ovviamente, a profumare.
- Secondo alcune credenze popolari, i chiodi di garofano aiutano ad attirare il denaro e la buona sorte e proteggerebbero addirittura dal malocchio.
- In Indonesia esistono delle sigarette aromatiche che hanno tra gli ingredienti proprio i chiodi di garofano.
Sono ricchi di sostanze buone. I chiodi di garofano contengono fibre, flavonoidi, tannini, triterpeni e composti volatili tra cui l’eugenolo, componente base dell’olio essenziale e responsabile del potere analgesico di questa spezia ma anche discrete quantità di beta cariofillene, un antinfiammatorio naturale. In media, i chiodi di garofano contengono circa 275 calorie per 100 grammi.
Coltivazione. La pianta dei chiodi di garofano cresce bene in zone molto umide e calde. Non sopporta bene le temperature sotto i 5 °C e nemmeno i raggi diretti del sole, pertanto nel Nord va ricoverato in serra calda o veranda da ottobre ad aprile. Gradisce un terreno di medio impasto, pH verso l’acido, che si può preparare miscelando del terriccio universale con della torba. Se viene coltivato in vaso, ogni 2 anni va effettuato un rinvaso in un contenitore più grande, sono da preferire i vasi in tessuto geotessile, molto versatili e leggeri. Oltre a dare il vantaggio di poter essere spostare in casa nei mesi freddi, si mantiene più piccola e più bella dal punto di vista ornamentale.
Irrigazione e concimazione. L’irrigazione deve essere regolare in estate, ma non eccessiva. Nelle altre stagioni la pianta va bagnata solo di tanto in tanto. La si può concimare una/due volte l’anno, in primavera e in autunno, con del concime organico specifico per le piante acidofile, come i lupini macinati.
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La raccolta. I chiodi vengono raccolti a mano uno per uno, prima che si schiudano, in due periodi dell’anno, da metà a tarda estate a poi ancora a metà inverno. Va effettuata 1-2 giorni prima della fioritura, quando i calici sono ben rossi. Vanno prima immersi in acqua bollente per pochi minuti e poi essiccati al sole finché, da rossi che erano, divengono rosso scuro, ruvidi al tatto, perdono due terzi del loro peso e, se schiacciati fra le dita, lasciano tracce oleose e sprigionano l’aroma. Un albero produce in media 3 kg di chiodi l’anno che possono essere conservati in barattoli a chiusura ermetica di vetro scuro.
In alternativa possono essere acquistati interi o polverizzati, e possono essere mantenuti in barattoli e ben chiusi e al buio, anche per un anno. Se interi, il colore non deve essere troppo scuro, perché indica una qualità scadente: l’essiccazione è stata eccessiva o i boccioli fiorali erano di seconda scelta. Ove possibile, è preferibile utilizzare la spezia proveniente dalle (poche) coltivazioni biologiche esistenti.