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Cancro al seno, svelato meccanismo causa metastasi

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Una delle forme più frequenti di cancro al seno, il carcinoma mammario intraduttale (Dcis) rappresenta per la ricerca italiana  l’impegno nel cercare terapie su misura contro tipo di carcinoma.

Questo tipo di tumore in una percentuale del 30% dei casi  migra dalla propria sede per colpire altri organi con metastasi , secondo un  meccanismo molecolare trovato e descritto in uno studio pubblicato su ‘Nature Materials’ da un team di ricercatori dell’Istituto Firc dell’Università di Milano , e sostenuto sia dall’Airc che dalla Fondazione Cariplo e Miur

Il risultato del team italiano ha permesso di definire una ‘firma meccanica’ che possa permettere  di individuare i tipi di neoplasie più a rischio di produrre metastasi, così da colpirle con trattamenti ad hoc.

Il carcinoma mammario intraduttale (Dcis), secondo i ricercatori, è in percentuale del 20% il tipo di tumore fra i più diffusi delle diagnosi di carcinoma- spiegano e si caratterizza con l’insorgenza di lesioni primarie all’interno del dotto mammario, che si immobilizzano a causa della forte compressione da parte del tessuto esterno.

Circa il 70% del tumore resta ‘solido’ in loco,  mentre la restante parte può diventare fluida’ , riuscendo ad uscire dal seno.

Il ricercatore Giorgio Scita, a capo dell’Unità Meccanismi di ricerca delle cellule tumorali dell’Ifom e professore ordinario di Patologia generale alla Statale  spiega che

“Questa caratteristica rende questo tipo di tumore un modello ideale per studiare la relazione tra transizione di stato e il potenziale di metastatizzazione“,

Due anni fa – ricorda – avevamo constatato come Rab5A, una proteina che regola la capacità delle cellule di internalizzare membrane e recettori, fosse sorprendentemente capace di indurre la fluidificazione di un tessuto di cellule epiteliali dense e impaccate. L’azione ricorda quella di un vigile che riesce a rendere scorrevole il traffico congestionato delle nostre città. Ciò che emerge oggi dai nostri laboratori è che questa motilità, osservata in un modello di tumore particolarmente sensibile a questo fattore, quale appunto il carcinoma intraduttale mammario, è anche associata alla capacità del tumore di modificare la matrice extracellulare e invadere il tessuto circostante”.

Abbiamo ingegnerizzato cellule di ghiandola mammaria in modo da elevare il livello della proteina Rab5A, tipicamente molto espressa nei tumori più aggressivi della mammella – riferiscono Andrea Palamidessi, Chiara Malinverno e Emanuela Frittoli, i primi autori del lavoro – Quindi abbiamo osservato che questa semplice manipolazione è sufficiente a risvegliare la motilità di una popolazione cellulare andata incontro a solidificazione e a permettere l’acquisizione di movimenti collettivi fluidi e scorrevoli”.

La connessione tra il processo regolato da Rab5 e la transizione da stato più solido a più fluido – prosegue Scita – è stata approfondita utilizzando un sistema sperimentale costituito da sferoidi tumorali immersi in una matrice di collagene che riproduce il microambiente che tipicamente il nostro organismo sviluppa per limitare la crescita di un tumore. Sfruttando tecniche di ingegneria genetica, microscopia avanzata e biofisica, le cellule tumorali sono state osservate in diretta per monitorarne le modalità di movimento e la sua capacità di modificare la rete di fibre di collagene allo scopo di generare canali e vie di fuga attraverso le quali invadere il resto dell’organismo”.

“In particolare, per studiare le caratteristiche dinamiche del tessuto e allo stesso tempo le forze che gli sferoidi esercitano sulla matrice in 3D, abbiamo sviluppato modelli e algoritmi innovativi per l’analisi quantitativa dei filmati acquisiti – precisano Fabio Giavazzi, ricercatore della Statale di Milano, e Roberto Cerbino, docente di Fisica applicata presso l’ateneo, co-firmatari con Scita anche del primo articolo sulla proteina Rab5A (2017) – Fondamentale è stato l’utilizzo di marcatori fluorescenti che sono stati dispersi nella matrice. E’ seguendo le loro fluttuazioni che siamo riusciti a ottenere informazioni sulle forze di trazione esercitate dalle masse tumorali sulla matrice stessa”.

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