Ciò che colpisce è senza dubbio la sua forma: una stella, legnosa, di colore bruno a cui deve anche il suo nome: Anice stellato, sebbene alcuni la chiamino anche staranise o badiam o badiane, scrigno del suo tesoro: i semi.
Botanicamente. L’anice stellato è chiamato “Illicium”, termine che deriva dal latino “illicio”, che significa “attrarre”, mentre in Persiano il nome origina da “bādiyān”, da cui la traduzione francese “badiane”. Comunemente chiamata anice, fu Linneo, botanico svedese, a darle il nome di Pinpinella anisum nel 1753, Anisina che deriva dal greco e all’opposto significa ‘scacciare’. L’anice stellato è il frutto dell’Illicium verum, pianta tropicale che appartiene alla famiglia delle Illiciaciae, originaria dell’Asia ma diffusa in tutto il mondo. È una pianta sempreverde che può raggiungere anche i 10 metri di altezza. Ha fiori grandi bianco-giallastri, formati da 15-20 petali disposti a spirale, e di valore decorativo, da cui si forma il frutto a forma, appunto, di stella con 8 punte legnose che a maturità si apre lasciando fuoriuscire il seme. Le foglie sono persistenti e simili a quelle della magnolia. Predilige posizioni molto soleggiate e climi con estati lunghe e molto calde.
Territorio. Sulle origini si nutre qualche dubbio: c’è chi dice che L’anice stellato sia nativo della Cina e del Vietnam e chi la fa risalire le sue origini alle antiche zone delle Mesopotamia, l’Egitto, terra fertile del Nilo. Oggi viene coltivato quasi esclusivamente nel sud della Cina, in Indocina e in Giappone. Sul nostro territorio si coltivava già in Toscana al tempo dei romani dove ancora oggi è presente. Ma lo si trova anche in Sicilia per le condizioni climatiche favorevoli e in Emilia. Nel Medioevo venne introdotta e coltivata anche nell’Europa centrale.
Attenzione! a non confondere l’Illicium verum con l’anice giapponese, Illicium anisatum, anche noto come “Anice Giapponese” o “Anice Stellato Bastardo” o “Shikimi”. Si assomigliano molto nell’aspetto, solo i semi sono leggermente più piccoli ed hanno forma più arrotondata e un piccolo uncino, ma la varietà giapponese è altamente tossica e non commestibile, dunque destinato ad usi differenti. In Giappone viene infatti utilizzato come incenso, bruciato lentamente, senza fiamma, per deodorare l’ambiente.
Gli usi. È impiagato almeno in tre ambiti: in cucina, cosmetica e erboristeria.
- In cucina: L’anice stellato, contiene fra i suoi ‘ingredienti’ l’anetolo, una sostanza dal gusto simile dell’aneto e che ricorda un po’ quello della liquirizia. Dunque ha un sapore piuttosto deciso che lo rende adatto alla preparazione di liquori, dolci, o bevande. Ma sappiate che ne bastano piccole quantità per insaporire pietanze e tisane. Prima di impiegarlo occorre sottoporlo a una procedura, lasciando bollire in acqua i baccelli e poi macinandoli con un mortaio fino ad ottenere una polvere fine che è possibile aggiungere come insaporitore ai cibi, soprattutto verdure stufate e carne.
- Della pimpinella, si possono mangiare le foglie: considerate a metà strada tra un ortaggio e un’erba aromatica, e che sono impiegate ad esempio per arricchire le insalate.
- È diffuso l’uso nella preparazione di tisane, sotto forma di decotto o infuso, intero o in polvere, mentre i semini sono impiegati nella preparazione di torte dolci e biscotti, soprattutto di Natale. Infatti insieme allo zenzero e alla cannella caratterizza molte preparazioni tradizionali delle feste, in particolare del nord Europa.
- Trova largo impiego in liquori fra cui sambuca, pastis, sassolino, Anisette, vari tipi di assenzio, mistrà, prodotto tipico marchigiano e laziale o il “Galliano”. L’anice stellato è inoltre usato nella ricetta francese del vin brulé o vin chaud, infine lasciato macerare nel caffè ne esalta sapore.
- In tutto il subcontinente indiano, è utilizzata nella preparazione del biryani e del masala chai. È ampiamente utilizzato nella cucina cinese, in quella malese, indonesiana e vietnamita dove ad esempio è ingrediente fondamentale per a produzione del phở, una zuppa di spaghetti.
- In cosmetica: si utilizza l’olio aromatico in cosmetica e profumeria, per la preparazione di dentifrici, colluttori e saponi.
Curiosità
Forse non è a tutti noto che:
- l’anice, assieme al finocchio ai chiodi di garofano, alla cannella ed al pepe è una delle spezie che fa parte delle “5 spezie cinesi”. Secondo la leggenda questa miscela, impiegata nelle ricette in cucina, era una sorta di ‘polvere magica’ che racchiudeva i 5 elementi fondamentali cinesi – legno, fuoco, terra, metallo e acqua – ed i 5 sapori base – acido, amaro, dolce, salato e pungente.
- Il profumo e sapore dell’anice stellato sono inconfondibili e restano piacevolmente in bocca per diverso tempo.
- Masticare alcuni semi a fine pasto aiuta la digestione e migliora l’alito.
- già Plinio il vecchio ne conosceva l’utilità, come elisir di giovinezza e come sonnifero, e che Arabi, greci ed egizi ne facevano largo uso.
La coltivazione. L’anice stellato pianta che non ha grosse esigenze: solitamente si coltiva in piena terra e in vaso se si abita in zone fredde e a rischio gelata durante l’inverno. Tuttavia ci sono alcune indicazioni da rispettare:
- La temperatura. Non deve scendere sotto i -5 °C e la pianta deve essere posta al riparo dai venti freddi e asciutti. Previlegia temperature fra 15-25° C, sebbene resista al freddo, anche a temperature prossime allo zero.
- Il terreno deve essere molto fertile, sciolti, di medio impasto e con valori di calcare attivo ed argilla medio alti, garanzia di sviluppo ottimale. Inoltre deve essere dotato di sostanza organica ed avere capacità di drenaggio, al fine di evitare ristagni e eccessi di umidità.
- Irrigazione: è fondamentale soprattutto durante i primi mesi di vita della pianta, così da favorire l’eradicazione nel terreno. Una volta che la pianta è matura, le annaffiature dovranno essere diminuite e relegate esclusivamente ai periodi di siccità, sempre dosando l’acqua, per evitare i ristagni idrici. Spesso le precipitazioni naturali rappresentano una fonte di adacquamento sufficiente per l’anice.
La moltiplicazione
Avviene solo per seme in semenzaio o in piena terra. I semi hanno una dimensione notevolmente piccola, pertanto occorre non esagerare con il terreno nella fase di copertura e lavoralo con accuratezza.
- In semenzaio: si predilige la semina nei mesi tra febbraio e marzo. Il semenzaio deve essere lasciare costantemente umido per permettere alla piantina di svilupparsi senza problemi e quando avrà germogliato sarà pronta per esser messa a dimora.
- In piena terra: si semina direttamente nell’orto o nel vaso prescelto, in primavera, a spaglio, tecnica che consente di ottimizzare uno spazio ridotto, oppure a file, metodo più razionale per una gestione successiva. In entrambi i casi il terreno deve prima essere ben lavorato ed affinato, poiché i semi sono molto minuti e non amano zolle grandi di terra. Come avviene per altre specie della famiglia delle ombrellifere, occorre attendere circa due settimane /un mese per vedere la germinazione delle piantine. Una volta nate, le piantine dovranno essere opportunamente diradate, lasciando spazi di circa 20 cm tra quelle rimaste, e usando molta attenzione perché in questa fase le piantine sono delicate.
- In vaso: deve essere di media dimensione, profondo almeno 25 cm. È possibile impiegare un terriccio specifico per le aromatiche, ma anche una terra universale, preferibilmente miscelata con una moderata dose di compost e qualche manciata di sabbia di fiume, cui è possibile aggiungere anche terra di campagna che porta microrganismi utili alla pianta. Prima di mettere il terriccio nel vaso è fondamentale predisporre uno strato di argilla espansa o ghiaia che garantisca il drenaggio dell’eventuale acqua in eccesso.
Concimazione e potatura
È da preferire quella esclusivamente quella organica con letame maturo o compost, da somministrare con una lavorazione leggerissima del suolo in primavera. Dopo questa prima concimazione se ne possono effettuare ulteriori con concimi a lenta cessione da somministrare durante le mezze stagioni. La potatura della pianta è necessaria solo per eliminare i rami secchi o per eccessiva vegetazione della parte interna.
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Raccolto e conservazione
L’estate quando i fiori (le ombrelle) virano di colore e diventano marroni-grigiastre rappresenta è il momento più adatto per la raccolta, in quanto i semi di anice sono maturi. Per una buona raccolta e conservazione successiva, occorre recidere le ombrelle alla base, legarle in mazzi e appenderle a seccare, meglio se avvolte in panni, che consentono la traspirazione ed evitano il deposito di polvere. Scegliete per l’essiccazione un luogo ombreggiato e ventilato. Quando saranno pronte, sbattete le ombrelle così da fare uscire tutti i semi, che potrete in parte utilizzare e conservare in cucina e in parte tenere come semente per l’anno dopo.
Malattie e parassiti dannosi
L’anice potrebbe essere colpito sulle foglie da una malattia fungina, la sclerotinia, che è possibile prevenire con irrorazioni con infusi o macerati di equiseto (Equisetum arvense), o con un prodotto a base di propoli. Alla prima comparsa dei sintomi, riconoscibili per una tipica efflorescenza biancastra, eliminate le parti infette e metterle nel cumulo di compostaggio, se non vi è possibile bruciarle.