Per difendersi dai parassiti, diverse specie vegetali hanno imparato nel corso dell’evoluzione a produrre sostanze difensive di vario tipo, che possono creare problemi più o meno gravi anche all’uomo. Spesso, si tratta di “semplici” composti irritanti o urticanti che, quando entrano in contatto con la pelle o le mucose, causano dermatiti allergiche o irritative, lesioni simili a ustioni oppure gonfiore diffuso o pomfi pruriginosi. A volte, però, si tratta di vere e proprie tossine vegetali che agiscono come veleni per l’organismo umano, mettendo addirittura in pericolo di vita se ingerite accidentalmente (per esempio, perché si scambiano le bacche tossiche per frutti commestibili o perché un bambino ne mette in bocca le foglie senza conoscerne la pericolosità). Alcune piante velenose sono molto comuni e usate a scopo ornamentale nelle case e nei giardini: scoprite a quali si deve fare attenzione.
avvelenamento
Diuresi forzata durante l’avvelenamento
Una volta che un agente tossico si è distribuito nei tessuti e negli organi del paziente, l’azione nociva continuerà a persistere finchè un antidoto non lo neutralizzerà. Ovviamente l’utilizzo di antidoti è limitato, in quanto non esistono metodi per aumentare artificialmente i processi di inattivazione metabolica. Con la filtrazione, si è affermata l’idea che l’infusione di una maggiore quantità di liquidi nell’organismo dovrebbe portare non solo alla formazione di più pipì, ma anche alla rimozione delle tossine. Tutto ciò è stato reso evidente in seguito alla diuresi forzata di migliaia di persone avvelenate.
Per la maggior parte dei farmaci presi in overdose, solo una piccola parte di essi viene eliminata dal rene in forma invariata. Solitamente la loro azione termina per degradazione metabolica, per cui la diuresi non modificherebbe la durata dei loro effetti.
Da un punto di vista terapeutico la diuresi forzata può aiutare il paziente avvelenato solo quando si tratta di overdose di salicilati, di barbitale e di fenobarbitale, di chinina e di altri farmaci amfetamino-simili.
Inoltre, il pH delle urine può alterare l’efficacia della diuresi nell’escrezione del farmaco.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
Emesi in caso di avvelenamento
Nonostante la lavanda gastrica sia innegabilmente utile, ha molte caratteristiche che ricordano un assalto barbaro, per cui è meglio evitare di utilizzare questo metodo con i bambini piccoli. Quando si tratta di questi ultimi solitamente si ricorre all’induzione al vomito, provvedimento molto efficace, a meno che il bambino non sia privo di coscienza.
La stimolazione con le dita è sicuramente il modo più semplice per indurre il vomito di qualcuno, ma spesso si dimostra poco efficace. Altra soluzione, talvolta più efficace è lo sciroppo di ipecacuana, che dato ad un bambino, seguito da un bicchiere d’acqua o succo di arancia, provoca quasi sempre il vomito in circa 20 minuti. Se una dose di 15-30 ml non ha effetto, se ne può somministrare una seconda dose. In questo caso la percentuale di successo sale al 95%, sostituendo nei bambini, l’aspirazione e il lavaggio gastrico.
Molte volte l’ipecacuana viene utilizzato anche negli adulti, nel caso in cui non si possa provvedere alla lavanda gastrica.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
Lavanda gastrica in caso di avvelenamento
Per effettuare una lavanda gastrica è importante tener ben presente alcuni punti:
- Essere sicuri che si sia ingerita una dose pericolosa di sostanza tossica
- Che l’ingestione della sostanza sia stata effettuata da non più di 4-6 ore
- Che il paziente non abbia vomitato
La procedura da eseguire è la seguente:
- Posizionare un catetere endotracheale a palloncino per proteggere bronchi e polmoni nel paziente in stato di coma;
- Mettere il paziente sul lato sinistro con la testa sulla sponda o sull’estremità del lett
- Il tubo usato deve essere di diametro adeguato
- Con l’aiuto di una siringa di Dakin aspirare il contenuto dello stomaco. Somministrare, poi, 300 cc di acqua riscaldata, ed eseguire altri lavaggi, ognuno di 300-600 cc di acqua, finchè il liquido aspirato non è limpido. Come liquido per il lavaggio può essere utilizzata acqua del rubinetto o preparazioni specifiche come Sali di ferro, oppio, candeggina domestica, acido assalico, cianuro per via orale.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
Eliminazione dei veleni
La logica vorrebbe che nel caso si venga a contatto con veleni, si allontani dal corpo ogni sostanza tossica penetrata in esso, ma le osservazioni cliniche hanno dimostrato che spesso questo approccio è praticato solo da poche persone e con benefici discutibili. Inoltre, le compromissioni dello stato fisico possono derivare dalle sostanze somministrate a questo scopo.
Esposizione ambientale
È necessario prendere provvedimenti per interrompere l’esposizione delle sostanze tossiche. Chiunque si trovi in un’atmosfera inquinata dovrebbe essere allontanato e portato all’aria fresca, senza che i soccorritori siano messi in pericolo. Nel caso in cui si esalino o inalino gas tossici e vapori si può favorire la ventilazione dell’ambiente, cercando di accelerare l’allontanamento della sostanza tossica.
Contaminazione della pelle
Se una sostanza tossica si deposita sulla pelle è possibile assistere a reazioni cutanee, infatti solo alcuni capi d’abbigliamento sono totalmente impermeabili. In questo caso il paziente deve essere svestito immediatamente e la pelle lavata con acqua e sapone. Anche gli occhi hanno bisogno di essere sciacquati con abbondante acqua o soluzione fisiologica.
Svuotamento dello stomaco
Molte volte capita che i veleni entrino nel corpo per ingestione. In questo caso, la sostanza tossica deve essere recuperata prima che avanzi lungo il canale alimentare. Il modo più semplice è l’aspirazione gastrica ed una lavanda gastrica. Questa procedura non è esente da pericoli e non deve essere considerata come metodica da applicare sempre.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
Avvelenamento: misure generali di trattamento
Apparato urinario
Non ci sono motivi validi per stimolare un’abbondante diuresi o per utilizzare diuretici, durante la terapia del paziente avvelenato. I metalli pesanti sono in grado di danneggiare i reni ed in questo caso è d’obbligo l’emodialisi o la dialisi peritoneale. Inoltre, per qualsiasi paziente avvelenato deve essere eseguito il bilancio dei liquidi e tenere sotto controllo l’equilibrio elettrolitico.
Sistema nervoso
Gli sforzi per stimolare un paziente in coma dovrebbero essere sempre evitati. Se, però, il sistema nervoso centrale è direttamente stimolato dalla tossina e si presentano convulsioni, è necessario trattare il paziente con iniezioni di diazepan. Se lo stato epilettico continua a persistere, si avrà una condizione di disorientamento e di esaurimento fisico, che può portare anche alla morte.
Temperatura
Un notevole aumento termico è segno di infezione, infatti sono pochi i veleni che presentano caratteristiche di pirogeni. A questo punto è necessario individuare il focus infettivo ed iniziare un trattamento con antibiotico. Ai soggetti in coma, prima di scoprirli, bisognerebbe misurare la temperatura rettale con un termometro in grado di registrare anche le temperature più basse. Se la temperatura è molto bassa è necessario riscaldare il soggetto gradatamente, senza esporlo a sorgenti di calore potenti.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
L’apparato cardiovascolare durante gli avvelenamenti
L’avvelenamento può causare anche un collasso cardiovascolare, infatti i farmaci antidepressivi possono scatenare aritmie cardiache, alterando di conseguenza la gittata cardiaca.
È necessario, quindi, misurare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca ad intervalli regolari e frequentemente, in modo da effettuare una registrazione continua con ECG. Lo shock, nel paziente avvelenato, è quasi sempre espressione di una sproporzione tra la capacità del letto vascolare ed il volume di sangue contenuto in esso. Il ritorno venoso, per questo motivo, diminuisce avendo una riduzione della gittata cardiaca.
La cute fredda, pallida e umida è il vero campanello d’allarme. Quando il valore sistolico della pressione arteriosa scende al di sotto dei 90 mm Hg bisogna intervenire. Il trattamento prevede innanzitutto che si alzi il letto a piedi, per aumentare il ritorno venoso al cuore. Se questo provvedimento non è sufficiente, è assolutamente necessario espandere il volume circolatorio per via endovenosa. Se neanche così il paziente tende a non riprendersi, allora è giustificato l’utilizzo dei farmaci intropi. Le aritmie cardiache possono scomparire una volta corretta l’anossia e l’acidosi. Bisogna ricorrere ad una terapia antiaritmica solo quando le alterazioni del ritmo sono tali da compromettere in maniera seria la gittata cardiaca.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
Provvedimenti d’emergenza durante un avvelenamento
“Dum spiro spero” può essere un semplice aforisma, ma pone un punto fermo sulla terapia del paziente avvelenato, in quanto ogni deficit di ossigenazione del paziente può compromettere il suo recupero.
Se non c’è ostruzione delle vie aeree ed il colore di pelle e mucose è buono, allora non c’è motivo di intervenire. Solitamente, però, il paziente deve essere posto in posizione adeguata, senza impedimenti esterni alla respirazione e tenuto sotto osservazione. Nel momento in cui sia evidente un deficit respiratorio, è necessario essere sicuri della pervietà delle vie aeree, rimuovendo eventuali protesi dentarie. Se il paziente, invece, è in coma, è meglio introdurre una cannula endotracheale con palloncino gonfiabile di dimensioni adeguate. Se presenta secrezioni devono essere aspirate.
Terapia intensiva
Un paziente, se dispnoico dovrebbe essere ricoverato in ospedale e sottoposto a terapia intensiva. Lo scopo non è solo quello di ripristinare una ossigenazione adeguata, ma anche in grado di provvedere alle complicanze bronco-polmonari che possono instaurarsi rapidamente. Nel soggetto in stato di coma il valore del tubo endotracheale con palloncino gonfiabile è stato enfatizzato; è importante prestare attenzione ad evitare che il tubo scenda nel bronco principale di destra, dando origine ad un pneumotorace in un lato e ad un collasso polmonare nell’altro. L’aria inspirata deve essere umidificata e se c’è ipotermia, anche riscaldata. Le complicanze respiratorie possono essere una minaccia per il recupero del paziente in terapia intensiva, per cui bisogna impegnarsi per prevenirle.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
Valutazione iniziale e gestione del paziente: prime cure
Un medico alle prese con un avvelenamento non ha a disposizione una batteria di antidoti ed il loro impiego nella pratica medica è l’eccezione.
Rispetto ad altre urgenze mediche, l’avvelenamento acuto è difficile da diagnosticare. Spesso vengono trovati soggetti depressi in stato di incoscienza con accanto una lettera ed un astuccio di compresse vuoto. Oppure si trova un bambino mentre rosicchia e mastica qualcosa di non commestibile. Inizialmente magari non si sospetta un avvelenamento e solo dopo aver rianimato il paziente si riesce a capire la vera causa dello stato.
Esame del paziente
Il medico deve prestare attenzione solo al paziente e non alle spiegazioni incoerenti di chi ha accompagnato la vittima. In assenza di sintomatologia critica, bisognerebbe fare un esame completo valutando: livello di coscienza, respirazione, stato circolatorio, presenza di convulsioni, diametro delle pupille, segni di iniezioni, temperatura corporea, condizione della cute e lesioni.
Trattamento d’emergenza
Il trattamento d’emergenza è costituito da misure di rianimazione. Se il paziente è in grado di respirare spontaneamente bisogna metterlo su un fianco, rimuovere ogni evidente ostruzione e intubarlo.
Se il paziente, invece, è in stato di incoscienza è importante il decubito laterale, preferibilmente con la testa lievemente in basso ed evitare la caduta della lingua.
Se il polso non è regolare è necessario sollevare di circa 20° i piedi per favorire il ritorno venoso al cuore.
Se il paziente presenta convulsioni bisogna subito provvedere ad inizioni endovena di 5-10 mg di dizepam. Se, invece, ha inalato gas o vapori tossici bisogna allontanarlo dall’ambiente inquinato e assicurare un’adeguata ventilazione.
Infine, se il paziente ha occhi, pelle e vestiti contaminati da materiale tossico è necessario sciacquare immediatamente gli occhi con soluzione fisiologica, togliere i vestiti e lavare la pelle contaminata, coprendolo subito con una coperta pulita.
Fonte: Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding
Ricoveri e morti in Inghilterra e Galles
In Gran Bretagna il tipo di avvelenamento più diffuso è quello acuto. Dagli anni ’70 fino ad oggi c’è stato un incremento progressivo di morti per avvelenamento. Nonostante le statistiche ufficiali mostrino che la maggior parte dei casi sia accidentali, un’analisi più approfondita rivela intenzionalità in molti di essi. In Gran Bretagna l’omicidio per avvelenamento sembra sia raro, in quanto la maggior parte degli assassini sono impulsivi. Molti di coloro che decidono di suicidarsi con il veleno muoiono prima di arrivare in ospedale, in quanto spesso sono così decisi a morire, che si assicurano che nessuno possa opporsi al loro progetto.
Le statistiche epidemiologiche in Inghilterra e Galles sono simili a quelle di altri stati come la Scozia. Negli stati “sviluppati” i bambini piccoli sono molto più protetti di prima dalla malnutrizione, dalle infezioni e dai traumi. Ad essere aumentate sono i casi in cui i bambini ingoino non volendo sostanze tossiche. In Inghilterra e Galles ogni giorno muoiono centinaia di bambini al di sotto dei 10 anni per avvelenamento e la maggior parte di essi perché ingeriscono monossido di carbonio. In contrapposizione ai ricoveri, la mortalità di questi bambini è molto bassa, soprattutto se si pensa che solo in pochi restano in ospedale più di una notte e quindi non realmente affetti da avvelenamento. Ovviamente, per quanto riguarda i bambini piccoli è normale che essi mettano in bocca qualsiasi cosa e spesso capita che ingeriscano medicinali lasciati incustoditi ed alla loro portata.
L’avvelenamento accidentale dell’adulto può dipendere da diversi fattori, tra cui gas e vapori tossici, insieme ad alcuni metalli come il piombo. Quando si parla di auto-avvelenamento, l’accusa cade su quei farmaci capaci di dare uno stato di incoscienza. Alcuni possono essere acquistati liberamente senza ricetta medica, altri invece no. Al momento i barbiturici non sono più al primo posto tra i medicinali più utilizzati, in quanto n’è stata limitata la prescrizione. Il loro posto è stato preso da antidepressivi, sedativi, tranquillanti, ipnotici e da tutti quei farmaci che ogni giorno vengono utilizzati per trattare affezioni psiconeurotiche.
Fonte: Vademecum di terapia degli avvelenamenti di Roy Goulding