Si sa, ai bambini non piace andare a dormire. Sono capaci di crollare improvvisamente semitramortiti ma, se gli si dice che è ora di andare a letto tergiversano, trovano mille scuse oppure, quando sono particolarmente stanchi, sembrano ingaggiare una vera e propria battaglia contro il sonno (ed anche conto di noi!), con tutte le consegne sul piano dei capricci, dei piagnistei ecc. Ma perché tutto questo? E’ solo una questione di irritabilità, di cattiva educazione o questa difficoltà ha un significato più profondo di cui l’educazione dovrebbe tener conto?
Perchè i bimbi non vogliono dormire?
I bambini vivono nell’immediato, più sono piccoli più il futuro ( e per futuro si intende anche la mattina dopo o il dopo riposino pomeridiano) per loro è qualcosa di estremamente vago e nebuloso. Addormentarsi è come partire, come morire: perdere tutto, lasciare gli oggetti ed i punti di riferimento e sprofondare in una sorta di “buco nero” di inconsapevolezza. E’ proprio questo tipo di percezione che li porta a lottare contro il sonno vissuto quasi come un pericolo e non come un abbraccio ristoratore. L’obiettivo non è solo che il bambino si addormenti ma anche che da questa fondamentale funzione che si ripete e si ripeterà tutti i giorni e più volte al giorno il bambino possa trarre , accanto alla buona abitudine, anche una sicurezza di sé, basata sulla fiducia e sulla costanza (degli oggetti, degli affetti, delle circostanze).
Come favorire il sonno
Da che il mondo è mondo si sono sviluppate delle modalità specifiche per aiutare i bambini ad addormentarsi: basti pensare alle ninna-nanne, all’atto del cullare, alle culle che da quel movimento hanno preso nome, all’abitudine di raccontare o di leggere una storia, al pupazzo (o copertina o pezzuolina) preferito ecc. Da sempre per andare a dormire si abbassano le luci, si smorzano i rumori, si cerca cioè di creare una situazione come di “decompressione” nella quale gli stimoli sensoriali “eccitanti” diventano sempre più lontani per lasciare spazio ad una ritmicità rassicurante, ripetitiva ed in dissolvenza.
Tutti questi comportamenti hanno la funzione di favorire il rilassamento, di contenere il bambino, di accompagnarlo in un cammino potenzialmente ansiogeno di “abbandono”. E’ importante che questo momento così delicato, che segna tra l’altro quel ritmo essenziale della vita dato dall’alternarsi di veglia e sonno, sia “ritualizzato”, abbia cioè un suo canovaccio (per ogni bambino e per ogni fase di crescita, il suo) che sancisca il significato del momento, la sua preparazione, il suo svolgimento; che contenga e rassicuri il bambino, non facendolo mai sentire alla mercé di eventi sconosciuti; che gli fornisca consapevolezza di quello che gli sta succedendo e gli permetta, proprio in virtù dello spazio e del tempo dedicati, di collegare la “nanna” di oggi con quella di ieri e con il risveglio di domani.
Infiniti possono essere i rituali della Buona Notte, rituali fatti di gioco, di creatività, di regole, ma tutti, come ogni rituale che si rispetti, devono essere solennizzati (devono cioè avere una loro coerenza e costanza), condivisi tra più persone (il bambino e chi lo accompagna, anche semplicemente ricordandogli che è ora di dormire), avere un senso ed uno scopo.
Evitare il sonno provocato solo dallo sfinimento
Diversamente, quando i bambini riescono ad addormentarsi solo se sono “sfiancati”, guardando la televisione sul divano, nel letto dei genitori o da soli nella loro cameretta, perdono la possibilità di acquisire consapevolezza di questa funzione, quella cioè di entrare fiduciosamente e volontariamente nel mondo del sonno. Ci “cadono” invece come in una rete senza nessuna preparazione ed in fondo senza nessun accompagnamento. I genitori, che dovrebbero fornire l’orario, il luogo e la modalità, in molti casi sembrano invece passivamente e faticosamente puntare sull’ “esaurimento delle pile” dei loro bambini, diventando vittime loro stessi di questo meccanismo confusivo. Il principio del tutto pieno tutto vuoto si sostituisce alla capacità di regolare e ritmare l’energia.
Tanti disturbi del sonno dei bambini e, soprattutto, degli adolescenti, derivano proprio da questa mancanza iniziale che non ha permesso di acquisire consapevolezza, autonomia e piacere nella regolazione di ritmi e bisogni.