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Raccomandazioni cliniche in gravidanza in tempi di Corona-Virus

gravidanza

In un recente articolo (Liang H, Acharya G. Novel corona virus disease (COVID-19) in pregnancy: What clinical recommendations to follow? AOGS 2020; doi.org/10.1111/aogs.13836) si è parlato delle raccomandazioni cliniche in gravidanza in questo periodo di pandemia da Corona-virus.

E’ importante comunque evidenziare come tali raccomandazioni facciano riferimento a linee guida che si evolvono man mano che sono disponibili sempre più dati e vengono raccolte nuove esperienze. La stessa Guida ad interim sulla gestione della COVID ‐ 19  emanata dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) include per le donne in gravidanza raccomandazioni basate prevalentemente sull’esperienza di precedenti focolai epidemici.

Per la gestione di queste pazienti sarebbe necessario un approccio multidisciplinare, che permetta di comunicare e condividere competenze e responsabilità.

L’importante premessa di partenza è che, essendo la gravidanza uno stato di parziale soppressione immunitaria, le donne gravide possono essere più vulnerabili alle infezioni virali. Sarebbe quindi auspicabile e consigliabile che si attengano ad un adeguato distanziamento sociale oltre che alle norme di igiene personale e sociale. Qualora si dovessero manifestare sintomi quali febbre, mal di gola, tosse, affaticamento, mialgia, respiro affannoso bisogna consultare prontamente il medico. Se qualche donna ha avuto contatti con persone infette o abbia fatto un viaggio in una zona con alta incidenza di contagi, deve essere messa sotto osservazione ed in isolamento. Si deve sempre fare attenzione, comunque, al tono dell’umore e avere la possibilità di offrire, se necessario, un supporto psicologico professionale, dal momento che in gravidanza si possono sviluppare fenomeni di ansia e di depressione.

Nei casi sospetti i test (con campioni ottenuti da saliva, tratto respiratorio superiore, tratto respiratorio inferiore, urina e feci) dovrebbero essere ripetuti per confermare la diagnosi. Inoltre una scansione tomografica computerizzata (TC) del torace senza contrasto è l’indagine più utile sia per confermare o escludere la polmonite virale, sia perché l’esposizione del feto alle radiazioni è molto bassa.

Le persone con diagnosi di infezione devono essere ricoverate in un reparto di isolamento, dove possano essere garantiti riposo, idratazione, supporto nutrizionale, bilancio idrico ed elettrolitico adeguati ed un monitoraggio costante dei segni vitali e della saturazione di ossigeno.

Le pazienti in gravidanza possono essere sottoposte a trattamento antivirale, gli antibiotici sono da somministrare solo in presenza di un’infezione batterica secondaria. Non è invece raccomandato l’uso di corticosteroidi.

Per quanto riguarda l’andamento della gravidanza, non si hanno sufficienti informazioni quando il contagio avviene nel primo o nel secondo trimestre. Sembrerebbe invece che, se l’infezione si verifica nel terzo trimestre, ci possa essere rischio di rottura prematura delle membrane, parto pretermine, tachicardia e sofferenza fetale.

E’ necessario un monitoraggio regolare dei segni vitali materni, esame ecografico e monitoraggio della frequenza cardiaca per valutare il benessere fetale. In base alla storia ostetrica, all’età gestazionale e alle condizioni fetali si può decidere di continuare la gravidanza a termine sotto stretta sorveglianza. Viceversa, di fronte ad un’infezione grave, a comorbilità esistenti come preeclampsia, diabete, malattie cardiache ecc. può essere necessario “personalizzare” i tempi del parto. Se la continuazione della gravidanza può comportare un rischio per la sopravvivenza della madre o per la sicurezza del feto è il caso di procedere con il parto, anche se prematuramente. In casi particolarmente critici, per salvare la vita della donna si può decidere un’interruzione della gravidanza dopo, naturalmente, un attento confronto con la paziente, con i familiari e con il comitato etico.

Non essendoci prove relative alla trasmissione transplacentare e verticale ( Il liquido amniotico, il sangue cordonale e il tampone della gola neonatale nei bambini nati da mamme positive risultano negativi) non ci sono controindicazioni in pazienti stabili al parto vaginale. Se si deve ricorrere al taglio cesareo si deve prestare attenzione alla scelta dell’anestesia.

Se, come già detto, è improbabile la trasmissione transplacentare, l’infezione può verificarsi con lo stretto contatto tra la mamma infetta ed il neonato. In questi casi pertanto è raccomandabile in primo luogo procedere velocemente al taglio del cordone ombelicale e collocare il bambino in isolamento per almeno due settimane, monitorandolo per individuare eventuali segni di infezione.

L’allattamento al seno è sconsigliato, proprio per evitare un contatto diretto, mentre si raccomanda il tiraggio del latte materno, dal momento che i campioni di latte materno risultano negativi per SARS-COV-2. 

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