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L’uso della pianta di cannabis per fini medicali

L'uso della pianta di cannabis per fini medicali

Per secoli e soprattutto in alcune latitudini la cannabis, intesa come erba medica e curativa ha rappresentato un rimedio efficace. Essa è composta da parti essiccate della pianta di cannabis sativa.
In questi anni recenti molte persone la usano per ridurre i sintomi e curare molte malattie. L’uso di questa pianta per fini medicali è tuttavia soggetto a precise normative legali in tutti i paesi, che devono essere rispettate per utilizzarla nelle terapie come stabilito, e per non incorrere in conseguenze di tipo legale.

Nella marijuana (Cannabis) sono presenti alcune sostanze chimiche denominate cannabinoidi, tra le quali un paio di queste dagli effetti più accertati sulla salute, catturano l’attenzione di medici e ricercatori:  il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD).

Il THC è la sostanza che ha effetto sulla mente, procurando il famoso “sballo” mentre Il CBD non produce effetti di alterazione sulla mente.

Come si presenta la marijuana medica?

Vi sono diverse formulazioni di questo farmaco: uno spray da inalare, delle pillole da prendere, o una formulazione liquida da aggiungere agli alimenti, il cui uso varia a secondo dei tempi prescritti dal medico per la somministrazione, dall’intensità dei sintomi e dagli eventuali effetti collaterali.

Come agisce  la Cannabis medica allinterno del corpo?

Il meccanismo d’azione non sembra sia ancora del tutto chiaro. Si sa che le sostanze chimiche presenti vanno a connettersi con i recettori cellulari, dei recettori posti sia nel cervello che nell’apparato immunitario.

Quali disturbi e patologie può curare?

Questi aspetti variano da paese a paese con protocolli non condivisi per cui anche i campi di applicazioni variano, anche se vi sono alcune malattie come la SLA, la sclerosi multipla, l’HIV, l’epilessia, l’epatite C,  l’alzheimer, il morbo di Crohn o anche la nausea grave post chemioterapia, il cancro nelle quali l’orientamento terapeutico sembra abbastanza condiviso sull’impiego della cannabis.

Anche se i ricercatori non sono convinti di un suo spettro terapeutico cosi vasto, concordano che la sostanza funzioni sicuramente come antidolorifico e nel limitare o fermare il vomito nella chemioterapia.

Ricercatori e medici dissuadono dal fumarla come foglie, dato che essa può causare problemi respiratori ai bronchi e una tosse cronica. E raccomandano anche di non utilizzarla alla guida d’auto essendo molto spesso collegabile a gravi incidenti stradali, e soprattutto per le donne in stato di gravidanza. Molti studi hanno stabilito una certa connessione tra il fumo di marijuana ed alcuni disturbi psicotici come la schizofrenia

Va anche detto che, riferendosi alla sostanza medica e ad alcune applicazioni terapeutiche più specifiche, come l’impiego contro la nausea da chemioterapia, allo stesso scopo può essere anche impiegato un cannabinoide sintetico.

La Cannabis come sostanza medica può creare dipendenze?

Gli studi al momento sono concentrati sull’impiego della sostanza a livello medico, prendendo in osservazione i casi clinici specifici per i quali si prescrive la sostanza, senza essere ancora in grado di disporre di un quadro più completo.

Questi studi non includono quanti assumono la sostanza come consumatori/fumatori, che, avendo sviluppato una dipendenza, riporterebbero i soli sintomi specifici della crisi da astinenza. Dunque, ancora non se ne sa abbastanza.

I ricercatori valutano ancora come insufficienti i dati disponibili e attendono di disporre di una maggiore mole di informazioni per tracciare linee guida più approfondite e sicure.
In realtà mancano le prove che la sostanza funzioni bene, a dispetto del fatto che la sostanza sia stata un rimedio erboristico per secoli.

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