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Pepe nero

pepe-nero

“Dare pepe alla vita”, “essere tutto pepe”, “rispondere col sale e col pepe”, “essere pieno”. Bastano questi detti, espressioni popolari per capire la vera essenza di questa spezia: piccante, profumata, la più diffusa e impiegata in tutta Europa, dà un ‘aroma’ speciale ovunque si posi: pietanza, dolce o salata che sia, al mix con altre spezie, come pure in senso figurato alle parole, al carattere polemico e arguto, al modo di vivere della persona cui l’espressione è riferita. Non bisogna lasciarsi ingannare dal suo nome botanico: Pepe Nigrum perché in realtà i suoi granelli sono ‘multicolor’: verdi, bianchi, nero-bruni, grigio, rosso e rosa. E ognuno ha un suo ‘perché’. Curiosi di saperlo? Proseguite nella lettura, scoprirete anche il “valore” del pepe nella Storia e le proprietà terapeutiche.

Aspetto e habitat. I granelli sono originari della pianta del pepe: un albero tropicale con foglie verde scuro, ovali e coriacee, dai fiori ermafroditi, bianchi e piccoli, raccolti in infiorescenza a forma di spiga. I frutti, invece, sono drupe che racchiudono un singolo seme, un grano di pepe appunto, di colore inizialmente verde che a maturazione tende a virare al rosso. Il diametro va da 3 a 6 millimetri. La pianta comincia a produrre frutti a partire dal quarto anno e rimane produttiva per circa sette anni, fino a potere garantire anche 8 raccolti all’anno. Il colore dei granelli non è solo dovuto alla maturazione più o meno completa, spesso dipende anche dalla lavorazione cui vengono sottoposti i frutti (le drupe, appunto i grani). E lo vedremo fra poco. Il Piper Nigrum, nome scientifico della pianta del pepe appartenente alla famiglia delle Piperacee, è originario delle coste meridionali dell’India e dell’arcipelago della Malesia, ma viene coltivato anche in Africa, in Asia, soprattutto Vietnam, Indonesia, Sri Lanka, Thailandia, Cina, inoltre in Brasile che figura tra i grandi produttori, e in America. La parte più ‘preziosa’ del pepe, sono i grani: questi a seconda dello scopo vengono trattati in maniera differente che spesso ne determina anche il diverso colore. Se raccolti immaturi i frutti danno il pepe verde, con bacca morbida, generalmente conservato in salamoia o sottaceto, dal gusto fresco e delicato; il pepe nero, la più piccante delle qualità, viene prodotto invece da frutti acerbi che vengono sbollentati e poi essiccati al sole per circa 10 giorni affinché i grani si disidratino, anneriscano e assumano il tipico aspetto rugoso. Quest’ultimo, privato della scorza esterna, fatto fermentare ed essiccato, fornisce il pepe bianco, dall’aroma più delicato. Miscelando pepe nero al pepe bianco, che si caratterizza per un sapore meno piccante con una particolare nota agrodolce, si ottiene il pepe grigio. Il pepe rosa, invece, è il frutto di un’altra pianta, lo Schinus molle, una spezia dal sapore molto più delicato usata prevalentemente per le sue qualità decorative. Vengono chiamati impropriamente pepe della Giamaica e pepe di Cayenna altre varietà di spezie derivanti la prima da una pianta delle Mirtacee coltivata nell’America centrale e la seconda dal peperoncino.

Il pepe…nella ‘storia’. Il pepe nero era apprezzato (in cucina) già in epoche remote. Infatti:

  • anticamente, le proprietà del pepe nero venivano sfruttate come “modulatrici del sapore” per migliorare il gusto di alcune bevande alcoliche andate a male, come vino e birra oppure miscelato a cibi e bevande per le sue proprietà antibatteriche;
  • nell’Antico Egitto, oltre che per aromatizzare ricette, veniva usato per la mummificazione tanto che alcuni grani di pepe sono stati trovati nelle tombe dei Faraoni;
  • in Grecia era conosciuto già prima del IV secolo a. C.; Ippocrate lo consigliata, unito ad aceto e miele, per contrastare i dolori mestruali;
  • nell’Impero Romano veniva usato per aggiungere una nota piccante piatti, ma divenne anche sinonimo di ricchezza e merce di scambio: le flotte romane viaggiavano ogni anno fino alle coste dell’India per acquistare pepe e altre spezie. Si narra addirittura che durante la caduta dell’impero, Roma pagasse tributi ai barbari invasori utilizzando appunto del pepe, merce rarissima e costosa o che con un pugno di grani di pepe si potesse comperare la libertà di uno schiavo. Ancora, Marco Gavio Apicio gastronomo, cuoco e scrittore romano vissuto a cavallo fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., inseriva il pepe in quasi tutte le ricette del suo De re coquinaria e sembra che durante l’assedio di Roma sia gli Unni che i Visigoti chiesero enormi quantità di pepe in cambio della salvezza della città;
  • nel medioevo gran parte dei traffici tra Europa e Asia passava per la via delle spezie, tra Baghdad e Costantinopoli, controllate da Persiani e Arabi. Genova e soprattutto Venezia, verso il 1400 avevano monopolizzato il commercio delle spezie tra i due continenti tanto da spingere i Portoghesi a cercare vie alternative per raggiungere l’India. Mentre fu Vasco de Gama a raggiungere la città di Calicut, centro indiano del commercio delle spezie, conquistandola militarmente nel 1503, ponendo le basi per la nascita dell’impero portoghese e ad aprire la prima rotta oceanica verso le favolose terre del pepe: pare che il suo motto fosse “Cristiani e spezie”. Inoltre, nel Medioevo il pepe era utilizzato anche come moneta, stimato come “oro nero” al pari del nostro petrolio;
  • nell’Ottocento era una delle quattro spezie, insieme a cannella, noce moscata e chiodi di garofano quando veniva indicato nelle ricette “un pizzico di spezie o droghe”.

Nella ‘moderna’ cucina. È usato ampiamente per profumare e insaporire moltissimi piatti, e affinché mantenga tutto il suo aroma va macinato fresco, al momento dell’uso, sulla pietanza; ad eccezione di quello usato per il brodo che sviluppa il suo aroma nella cottura, le restanti qualità perdono gusto durante il processo. Il pepe nero è definito il ‘re delle spezie’ in cucina, usato nelle ricette di tutto il mondo con diverse modalità e per profumare ogni ordine di pietanze:

  • i grani interi si aggiungono a brodi, salami e salsicce, formaggi e carni per insaporire e/o dare un po’ di colore all’impasto, scegliendo tra le differenti varietà;
  • macinato al momento aromatizza con decisione carni bianche, volatili e pesce, pastasciutta come gli spaghetti cacio e pepe della tradizione culinaria romanesca, zuppe e risotti, verdure dolci come finocchi, carote e piselli;
  • unito a miscele di spezie come il baharat, mix di spezie finemente tritate usata nella cucina libanese, siriana, giordana, palestinese e di Paesi del Maghreb, il garam masala, miscela di spezie tipiche della cucina indiana e pakistana, la creola (una miscela di pepe bianco, pepe nero, pepe verde, pepe rosa), il curry dà più sapore. Mentre aggiunto alla curcuma aumenta la biodisponibilità: la curcumina, composto attivo della curcuma, infatti è scarsamente assorbita e rapidamente eliminata dall’organismo, ma abbinata al pepe l’assorbimento aumenta di circa 20 volte, migliorando anche l’efficacia antisettica, antibatterica e soprattutto antinfiammatoria della curcuma. È proprio la piperina, contenuta nel pepe, ad impedire il processo di eliminazione della curcumina;
  • aromatizza i dolci, come i biscotti al pepe siciliani o il panpepato tipico di Toscana, Umbria e d Emilia-Romagna, può esaltare il sapore della frutta, di ananas, fichi o frutta secca ad esempio, ma può essere un ingrediente anche di gelato o cioccolato e di salse dolci e salate.

La regola: Per mantenere al meglio le proprietà del pepe, è bene aggiungerlo ai cibi caldi sempre a fine cottura e non esporlo mai alla luce del sole.

Come scegliere il pepe. A seconda dei gusti o degli usi è possibile orientarsi verso una specifica varietà e colore di pepe:

  • Pepe nero: corrisponde al frutto raccolto quando è ancora acerbo e sottoposto a lavaggio in acqua bollente e poi a essicazione, al sole o in forni. È la varietà più piccante e ricca di aromi, è perfetto su verdure, carni bianche e pesce.
  • Pepe bianco: è il solo seme estratto dal frutto, ammollato in acqua salata per una settimana e una volta tolto il guscio esterno, fatto essiccare. Dal gusto più morbido rispetto al pepe nero, si adatta a grigliate e marinate, carni rosse, pollame, pesce o insalate.
  • Pepe verde: è ottenuto dalla bacca acerba, trattato con diossido di zolfo, che ne mantiene inalterato il colore, oppure può essere conservato in salamoia o sottaceto. Può essere consumato sia fresco che essiccato: meno piccante del pepe nero, può accompagnare salse, pesce e carne, sia di bovino o selvaggina, e si abbina bene a piatti della cucina europea e tailandesi.
  • Pepe grigio: è una miscela di bianco e nero macinati molto finemente.
  • Pepe rosa: possiede un gusto simile al vero pepe e oltre a fungere da antidolorifico, agisce come insetticida naturale.
  • Pepe rosso: le bacche raccolte in piena maturità, dopo 9 mesi, sono essiccate al riparo dalla luce del sole per mantenere la loro colorazione. Il sapore è speziato e intenso, leggermente caramellato, con note dolci si sposa con pollame, cacciagione e maiale.
  • Pepe di Sichuan: Oltre al sapore pungente ha un leggero aroma di agrumi e lascia la bocca leggermente intorpidita per la presenza di un composto, lo sanshoolo, che agisce su differenti terminazioni nervose producendo questa particolarissima sensazione.
  • Pepe lungo: più piccante del nero, ha una nota dolce e acidula, con un deciso aroma di legno si adatta a stufati, zuppe e piatti invernali.
  • Cubebe o pepe di Giava: simile al pepe nero ma con grani più rugosi, si ottiene da una specie diversa, Piper cubeba. Molto utilizzato nell’Europa del 1600, ha un gusto pungente con note resinose, di legno ed eucalipto. Va bene su piatti a base di uova, verdure e con il melone.
  • Pepe della Giamaica: noto anche come pimento o pepe garofanato, si ottiene dalla Pimenta dioica, una pianta originaria dell’America Centrale. Utilizzatissimo nella cucina caraibica, ha un aroma simile a quello dei fiori di garofano, con tracce di menta e cannella, uniti al gusto piccante del pepe.

Curiosità ‘pepate’. Sapevate che:

  • L’etimologia del termine pepe rimanda all’antico sanscrito “pappali”, per trasformarsi in “pipor” nell’inglese arcaico e in “piper” in latino, fino alla derivazione italiana.
  • È possibile ottenere anche un olio essenziale al pepe che ha una natura bruciante e piccante;
  • La piccantezza del pepe sta nella polpa dove sono presenti anche altri principi attivi: terpeni, linalolo, caryophyllene, limonene e pinene che concorrono al carattere deciso del pepe nero. Queste sostanze si trovano solo in piccolissime percentuali nel pepe bianco, essendo privo della polpa.
  • In caso di pietanze troppo pepate, è possibile aggiungere alcune patate e continuare la cottura: queste ‘assorbiranno’ il pepe.
  • Per sfruttare al meglio le proprietà del pepe per uso esterno, è possibile lasciar macerare per qualche giorno dei grani di pepe in olio di mandorle dolci e poi utilizzarlo per effettuare massaggi oppure in alternativa è possibile usare la spezia in polvere.
  • Il pepe, quello comunemente consumato ed essiccato, non ha data di scadenza, tuttavia nel tempo si perdono le qualità aromatiche e gustative. Solo il pepe in salamoia, in genere bacche verdi e rosa, hanno una data di scadenza indicata sul barattolo.
  • Il pepe fa starnutire perché la piperina in esso contenuta è irritante per le mucose. Dunque “respirare” il pepe può solleticare il naso o causare starnuti. Essendo una spezia irritante, se ne sconsiglia uso e consumo, insieme ad altre altrettanto piccanti, in caso di ulcere allo stomaco, emorroidi, gastrite.
  • È ideale macinare il pepe con un macina-pepe con meccanismo in ceramica.

Coltivare il pepe. Premesso che l’habitat ideale in cui cresce il pepe è tropicale, è possibile ‘creare’ in area mediterranea le condizioni affinché si sviluppi in climi caldi e umidi, in terreni ben drenati e ricchi di materiale organico. Gli steli legnosi della pianta possono arrivare a raggiungere i 4 metri di altezza, pertanto occorre prevedere l’uso di tutori, meglio se ricoperti di muschio che ne aumentno l’umidità, su cui possano svilupparsi.

  • Scegliere un luogo che rimanga sempre umido in cui la temperatura sia mantenuta costantemente intorno ai 24°-30°, anche se la pianta tollera il caldo (fino ai 40°). Nelle regioni con un clima rigido lo si può coltivare in una serra riscaldata, in quelle miti può essere lasciato in veranda in un vaso.
  • Per la semina, occorre disporre di semi freschi che possano germinare, essendo vitali per un periodo di tempo molto breve. I vasi vanno riempiti con una miscela di terriccio di qualità che contenga humus o compost, nei quali praticare dei fori con il pollice a 1 cm di profondità, ad intervalli di circa 2-3 cm, al cui interno posizionare un seme. Una volta fatta l’operazione, coprire con del terriccio, innaffiare i semi abbastanza di frequente e mantenete il terreno sempre umido. Un buon drenaggio è essenziale in quanto il Piper Nigrum teme i ristagni idrici, ed il pH del suolo dovrebbe essere compreso tra 5,5 e 7. In inverno è opportuno ridurre l’irrigazione, ma va comunque mantenuta un’elevata umidità: è necessario pertanto nebulizzare la pianta con dell’acqua abbastanza spesso e se la coltivazione avviene in vaso, occorre sistemare al di sotto un sottovaso pieno d’acqua. Oltre al compost, da somministrare al momento della messa a dimora, ogni anno aggiungerne di nuovo, in alternativa o unito a stallatico.
  • La moltiplicazione può avvenire anche per talea, tramite un frammento di pianta, appositamente tagliato e sistemato nel terreno o nell’acqua per rigenerare le parti mancanti, dando così vita ad un nuovo esemplare. Il più delle volte si tratta di un rametto destinato a radicarsi

La raccolta. Durante i primi 2-3 anni di fruttificazione non si effettua alcun raccolto, ma occorre tagliare i fiori per evitare che la pianta non produca più semi e quindi favorirne la crescita. Non è, quindi, il caso di potarla. Le bacche nere, bianche, rosse o verdi vengono raccolte dalla stessa pianta in momenti diversi di maturazione: nero a 9 mesi dalla fioritura, che avviene in estate, rosso a 6 mesi, verde a 3 mesi. La pianta successivamente può continuare a fruttificare ogni tre anni fino all’età di circa 40 anni.

Conservazione. Il pepe può essere conservato essiccato o fresco. Che sia pepe nero, rosa, verde o bianco, le bacche vanno tenute in un vaso ben chiuso, asciutto e protetto dalla luce e macinate al momento. Possono durare anche anni, sebbene con il tempo perdano un po’ dell’iniziale aroma e gusto. Le fresche invece possono essere conservate in salamoia.

***

Parassiti. Non si conoscono possibili insetti nocivi e malattie che possono attaccare la pianta sui balconi, tuttavia è possibile fare ‘prevenzione’, evitando marciumi radicali. Ovvero assicurando un buon drenaggio al substrato e non bagnando la parte aerea durante le annaffiature.

Altri utilizzi. Il pepe nero può essere usato come antiparassitario naturale per le piante: è molto efficace per allontanare i bruchi ed è indicato soprattutto per le rose. Lo si prepara lasciando macerare per 4-5 ore in 500 ml di acqua 10 grani di pepe nero pestati grossolanamente, vaporizzando poi le foglie con la miscela.

Infine può essere impiegato come repellente per cani e gatti. Infatti il pepe nero ha un odore e un sapore poco gradito agli animali domestici, potendo così fungere da deterrente contro l’abitudine ad esempio a scavare buche tra le aiuole del giardino o nei vasi delle piante d’appartamento, o a evitare che posano marcare il territorio facendo la pipì in alcuni angoli o graffiando divani e mobili.

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