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Depressione e infertilità spesso associate, ma la colpa non è dei farmaci

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Problemi di infertilità di coppia e disturbi psichici come depressione e ansia sono sempre più diffusi a livello globale, sia tra gli uomini sia tra le donne, e, spesso, si riscontrano in associazione.

Che i primi possano facilitare l’insorgenza dei secondi è un dato di fatto clinicamente dimostrato, oltre che facilmente comprensibile, in considerazione delle profonde implicazioni psicoemotive connesse alla difficoltà di concepire un figlio a lungo desiderato.

D’altro canto, esistono prove che possa avvenire anche il processo inverso. Vale a dire, che sia la presenza di depressione o ansia (in uno o entrambi i partner) a ridurre le probabilità di procreare in modo naturale e, forse, anche quelle di veder concludersi con successo le procedure di procreazione medicalmente assistita (PMA).

Ma perché accade? È la depressione come tale a influenzare negativamente l’equilibrio ormonale generale e, quindi, a scoraggiare fecondazione e gravidanza o anche i farmaci antidepressivi assunti da uno dei partner per migliorare il tono dell’umore hanno un ruolo? Una recente revisione della letteratura sembra escludere questa seconda ipotesi, quanto meno per mancanza di prove affidabili.

Il contesto d’uso degli SSRI

Depressione e ansia sono malattie che possono interferire significativamente con il benessere personale e le relazioni familiari, sociali e lavorative, determinando uno serio scadimento della qualità di vita e aumentando il rischio di sviluppare altre malattie, in considerazione delle modificazioni ormonali, metaboliche e immunitarie associate.

Quando i sintomi depressivi o ansiosi sono clinicamente rilevanti e persistenti devono essere curati, oltre che con il supporto psicologico, anche con farmaci antidepressivi. Da oltre vent’anni, gli antidepressivi più usati, sia contro la depressione sia contro l’ansia (nonché per la gestione del disturbo ossessivo compulsivo, del disturbo da stress post traumatico ecc.), appartengono alla classe degli inibitori del recupero della serotonina, in sigla SSRI.

Il successo di impiego degli SSRI è legato alla loro efficacia, ma anche alla loro generale maneggevolezza, che permette di offrire un beneficio clinico apprezzabile senza comportare effetti collaterali fastidiosi o rischiosi (sonnolenza diurna, aritmie cardiache, aumento di peso ecc.), come altri antidepressivi usati in passato e oggi pressoché abbandonati.

Tuttavia, alcuni effetti indesiderati non associati a danni immediati per la salute possono passare a lungo inosservati e richiedere studi mirati per essere evidenziati. Il possibile impatto sulla fertilità rientra in questa categoria.

SSRI e fertilità: la revisione

Una revisione della letteratura pubblicata sulla Harvard Review of Psychiatry sembra scagionare gli SSRI dal sospetto di interferire con la fertilità femminile o maschile o di ridurre le probabilità di successo delle tecniche di PMA.

Indubbiamente, si tratta di una conclusione rassicurante, ma non può essere considerata definitiva. Come hanno sottolineato gli stessi autori della valutazione, infatti, gli studi che hanno potuto essere inclusi nella revisione sono pochi, dagli esiti non omogenei e non sempre di buona qualità.

In particolare, dei 16 studi analizzati, 7 riguardavano l’impatto degli SSRI sul successo delle tecniche di PMA: 6 di questi non hanno indicato un significativo impatto negativo dei farmaci sulle probabilità di intraprendere la gravidanza; da 3 studi è emersa una modesta tendenza verso tassi di gravidanza inferiori tra le donne che assumevano SSRI, mentre uno studio ha indicato l’effetto opposto.

La relazione tra uso di SSRI e fertilità femminile “naturale” è stata valutata soltanto in due studi, peraltro caratterizzati da risultati non omogenei. In particolare, uno dei due ha segnalato una minore probabilità di concepimento nelle donne con sintomi depressivi, ma non nelle donne depresse che assumevano SSRI.

La relazione tra uso di SSRI e fertilità maschile “naturale” è stata valutata in 7 studi, sei dei quali hanno segnalato che il trattamento farmacologico era associato a una riduzione della qualità dello sperma. Tuttavia, gli studi inseriti in questo gruppo sono stati giudicati di scarso valore, poiché presentavano diversi limiti sperimentali (primo tra tutti, quello di non considerare la severità e l’impatto sulla fertilità dei sintomi depressivi dei partecipanti).

In definitiva, quindi, come sottolineato da Christie Sylvester dell’University of Pittsburgh Medical Center (Stati Uniti) e dai colleghi che hanno condotto la revisione:

«Al momento, ci sono evidenze insufficienti per ritenere che gli SSRI possano ridurre la fertilità femminile o influenzare gli esiti dei trattamenti per l’infertilità. Gli SSRI potrebbero avere un impatto negativo sulla qualità dello sperma, ma servono ulteriori ricerche» per capire se ciò abbia effettivi risvolti sulla probabilità di procreare.

Fonte

Sylvester C et al. Selective Serotonin Reuptake Inhibitors and Fertility Considerations for Couples Trying to Conceive. Harvard Review of Psychiatry 2019; doi:10.1097/HRP.0000000000000204

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