Nonostante la maggior parte degli esseri umani non adotti un regime strettamente vegetariano, le piante presenti nell’alimentazione non solo sono tantissime, ma vengono consumate in ogni loro parte, anche quelle più insolite, dalla radice al fiore!
Gli alimenti di origine vegetale presenti sulle nostre tavole sono numerosi e da sempre ne consumiamo in gran quantità, in quanto apportano alla nostra dieta elementi nutrizionali fondamentali: oltre a carboidrati e proteine, frutta e verdure sono ricchi di fibra, vitamine, minerali e acqua.
Quando pensiamo agli alimenti vegetali ci viene subito in mente il colore verde, perché lo associamo al consumo delle foglie, gli organi fondamentali per la fotosintesi; lattughe di vario tipo e piante aromatiche ne sono un chiaro esempio. Ma l’aspetto più curioso dell’alimentazione vegetale è che prevede il consumo di tutti gli altri organi delle piante: siamo davvero capaci di mangiare qualsiasi struttura di origine vegetale!
Ad esempio della specie Daucus carota, la carota, consumiamo le radici che in questa specie sono particolarmente gustose, dal sapore dolce e dal colore tipicamente arancione, ma ne esistono anche di altri colori: quelle viola sono molto saporite e anche preferibili per chi tende ad una dieta con meno zuccheri.
Avete presente i ravanelli? Vi siete mai chiesti a quale parte della pianta corrispondano? Il ravanello è una brassicacea della quale consumiamo l’ipocotile, ossia il tratto del fusto compreso tra la parte aerea della pianta e la sua radice, che in questo caso si presenta particolarmente ingrossato e succulento.
Uno degli alimenti che regna su tutte le tavole e che cuciniamo in tanti modi diversi è un fusto! Sì, stiamo parlando dell’organo vegetale che sostiene rami e foglie; il fusto di cui parliamo però è diverso perché è modificato per assolvere la funzione di organo sotterraneo di riserva di acqua e amido, riserva da cui attinge la pianta quando deve rigenerare la parte aerea; è tecnicamente un tubero. Ed è il tubero più amato in cucina: la patata!
Da un fusto invece aereo, quello di Saccharum officinarum, ricaviamo un fluido sciropposo: lo zucchero.
Siamo in grado di estrarre prodotti alimentari anche dalle aride e legnose cortecce: esiste una spezia che si usa sia nelle preparazioni di dolci che nelle ricette salate e che si ricava, pensate, dalla corteccia! Rami e fusti di Cinnamomum sp., specie di origine asiatica, vengono lavorati per estrarre la parte interna della corteccia da cui si ricava la cannella.
Consumiamo persino i piccioli, ossia le strutture portanti le foglie e che collegano queste ultime al fusto; ne è un esempio l’Apium graveolens, il comune sedano.
Avete mai mangiato dei boccioli? Sicuramente! I capperi, che utilizziamo volentieri per condire alcune pietanze tipiche della nostra cucina mediterranea, sono i fiori della specie Capparis spinosa, e noi li consumiamo prima dell’antèsi fiorale, ossia prima che il fiore si apra dando inizio alla stagione riproduttiva; se non li mangiassimo, questi boccioli diverrebbero fiori molto vistosi ed eleganti.
Anche i carciofi sono in realtà dei boccioli, in particolare della specie Cynara cardunculus, sottospecie scolymus, ed anche in questo caso la nostra golosità ci priva dello spettacolo delle loro belle infiorescenze color viola.
Prima dell’antèsi, questi fiori sono completamente chiusi all’interno di brattee, cioè delle foglie modificate che assolvono in questo caso ad una funzione protettiva.
La parte del carciofo che consumiamo è rappresentata proprio dalla base delle brattee oltre che dal ricettacolo fiorale, cioè l’asse sul quale sono inserite tutte le parti del fiore.
Ma anche dopo l’antèsi alcuni fiori sono presenti sulle nostre tavole: quelli di zucca fritti ad esempio, ma anche primule, violette, rose e margherite arricchiscono frittate, torte, risotti ed insalate. Inutile ricordare che, in ciascuno dei casi appena elencati, altro non stiamo facendo che mangiare l’organo sessuale della pianta!
Dalla parte femminile del fiore fecondato si sviluppano i frutti, e noi consumiamo tutti quelli carnosi, che sono talmente tanti da essere divisi in varie categorie di cui ricordiamo le principali: drupe e bacche; tra le drupacee, il cui frutto contiene un solo seme, vi sono alcuni tra gli alberi da frutto più coltivati nelle nostre regioni, come l’albicocco e il pesco, piante originarie della Cina.
Tra le bacche, il cui frutto contiene più semi, ci piace ricordare alcuni ortaggi quali le melanzane e i peperoni, che sono rispettivamente i frutti delle specie Solanum melongena e Capsicum annuum, entrambe appartenenti alla famiglia Solanacee; la parola “ortaggio” è il nome generico con cui sono comunemente indicate le piante “ortensi”, ossia le piante da orto, indipendentemente dalla parte della pianta che si utilizza.
Ma non finisce qui! La nostra golosità ci porta a mangiare anche le strutture di diffusione delle specie vegetali, contenenti l’embrione che darà vita alla nuova pianta: i semi! Ne mangiamo di svariati tipi e consumiamo i prodotti da loro derivati.
Quella che chiamiamo comunemente “frutta secca”, in realtà in alcuni casi non è neanche frutta: ad esempio le arachidi o i pistacchi sono anche loro dei semi che si trovano all’interno dei frutti, rispettivamente di Arachis hypogaea e Pistacia vera.
Dalla lavorazione dei semi di Theobroma cacao, un piccolo alberello originario dell’America centrale, si ricava una polvere marrone dal sapore molto amaro, il cacao, dal quale si ottiene un alimento a cui non potremmo mai rinunciare: la cioccolata.
Molti semi li ritroviamo come spezie ad insaporire e aromatizzare i nostri piatti: il cumino, il finocchietto e il pepe sono quelli più comuni.
In precedenza abbiamo parlato del delicato equilibrio pianta – animale; vogliamo richiamare qui l’importanza di questo rapporto in quanto strettamente legato alla nostra alimentazione: moltissimi frutti si sviluppano solo grazie all’intervento degli insetti impollinatori; durante il loro instancabile lavoro, le api, le farfalle, le vespe e molti altri insetti non solo aiutano le piante a riprodursi ma aiutano anche noi uomini: senza di essi saremmo costretti ad effettuare un impollinazione artificiale, ossia a mano o tramite macchine.
La preoccupazione dovuta alla scomparsa di alcuni insetti selvatici è lecita se consideriamo il loro apporto alla riproduzione di tante specie e la conseguente riduzione della biodiversità vegetale.